Fine anno tempo di bilanci e ci si prodiga in quella “visione d’insieme” che tanto ci manca durante l’anno. Molte volte mi vengono poste domande su dettagli molto particolari ai quali io rispondo con altre domande, un po’ meno particolari.
Esempio: “Quante pastigliette devo prendere di quel determinato integratore?”. A parte che temo che mi abbiano scambiato per un rappresentante di integratori alimentari (ma perché mai “Personal Trainer Gratuito” dovrebbe essere un rappresentante di integratori alimentari?!?), a questa domanda, una volta precisato che io non mi occupo di integratori, rispondo sempre “Ma se sei uno sportivo perché assumi integratori?”. Sposto il punto d’osservazione dal dettaglio (“quante” pastigliette) al generale (gli integratori, se servono a qualcosa, ed è ancora tutto da dimostrare eventualmente servono alle persone anziane e malate che non hanno più normale capacità di sintesi degli alimenti).
Lo sport ci deve servire per riuscire a stare in salute e dunque a contenere il consumo di farmaci e sporcherie varie di tutti i tipi. Il vero sportivo la farmacia non sa nemmeno dove sia e se ci va ci per sua nonna, non per bisogni personali.
Altra domanda che mi arriva sui dettagli: “Quante ripetizioni di squat devo fare per ottenere risultati significativi”. Risposta “Ma se mi hai appena detto che giochi a calcio, cosa c’entrano gli squat?” Giochi a calcio e devi affinare la tecnica, non farti venire due gambe come un sollevatore di pesi, perché anche se vai a prendere la palla in cielo se poi non sai colpire di testa non farai mai goal.
Si parte sempre dal presupposto che un certo comportamento sia assolutamente necessario e si chiedono dettagli su quel preciso comportamento. Altri personaggi comprano una macchina da palestra e poi mi chiedono consigli sull’utilizzazione di quella macchina. Mah, non so, ci sarà un libretto di istruzioni come per tutti gli elettrodomestici, se mi chiedevi consiglio prima ti dicevo chiaramente che per fare ginnastica in casa non c’è assolutamente bisogno di nessuna macchina ingombrante ma occorrono solo 4 metri quadrati di spazio libero da menate varie per muoversi “liberamente” (senza macchine infernali) a corpo libero.
Il dettaglio prevale sulla visione d’insieme in tutti gli ambiti e così trattando di corsa di lunga durata, che al giorno d’oggi è molto di moda, ci si perde sulle informazioni date dal cardiofrequenzimetro invece che sulle sensazioni provenienti dall’organismo. La frequenza cardiaca è uno dei parametri di fatica, dopo ce ne sono molti altri che vanno valutati con attenzione e che sono tutti ugualmente importanti perché ti possono far capire quando l’atleta sta facendo qualcosa di sensato e quando sta facendo qualcosa di troppo intenso oppure anche di “intensificabile”.
Sempre stando in tema di corse, ormai le corse considerate sono solo quelle dai 10 chilometri in su perché quelle più brevi vengono semplicemente snobbate. Eppure il programma olimpico prevede ben 9 specialità su discipline più brevi dei già lunghi 10.000 metri e solo due più lunghe che sono i 10.000 metri appunto, che è la più lunga delle corse su pista e la Maratona che è una corsa su strada di 42.195 metri che una volta era il refugium peccatorum di quelli che non avevano sufficienti doti velocistiche per emergere in pista e che adesso è diventata il miraggio di tutti, anche di soggetti che avrebbero indiscusse doti velocistiche perchè a livello professionistico garantisce guadagni da urlo e a livello amatoriale “fa tanto figo”.
Per cui, quando uno corre, non provare nemmeno a chiedergli che tempo fa sui 100 metri o sui 400, domandagli direttamente che tempo fa sulla Maratona perché è sottinteso che considera solo quella.
Sul discorso d’assieme dell’attività fisica degli italiani c’è molto da dire e la cosa essenziale è che gli italiani si muovono mediamente poco non solo perché l’organizzazione dell’attività fisica è lasciata essenzialmente in gestione ai privati ma anche perché non si da uno sguardo d’assieme sulle abitudini al movimento della cittadinanza, o meglio, non si vuole darlo perché è chiaro che, nel momento in cui andiamo a tentare di porre rimedio all’inconveniente creando una vera rete di piste ciclabili simile a quella di cui sono dotati ormai da decenni i paesi del nord Europa, creiamo dei problemi all’industria automobilistica.
E allora, ulteriore “dettaglio” degli sportivi italiani, non è se vai al lavoro a piedi, in bici o in auto ma per quale squadra di serie “A” tifi, perché per molti lo sportivo è ancora quello che guarda tanto sport per televisione.