Sono sempre stato un po’ un detrattore della Maratona, un po’ ne sono invidioso perché è la disciplina dell’atletica che ha riscosso più successo di tutte negli ultimi decenni. Nel mio sito stesso ammonisco i lettori a non chiedermi consigli sulla Maratona, nella pagina di presentazione, se è da tempo memorabile che non corrono per più di 100 metri consecutivi, perché ciò in realtà accade. Gente supersedentaria che di punto in bianco si mette in testa che deve fare la Maratona e molto spesso non è quella del suo paese bensì quella di New York o di Boston, di Berlino o di Londra. Mai nessuno che dica “Ho deciso, mi dedico alla maratona, esordisco a Francavilla al Mare”. No, sempre qualche mega metropoli con tanto di Maratona da 40.000 iscritti e 500 dollari di tassa di iscrizione o giù di lì.
Ecco, tanto per capire le fesserie che scrivo sono andato a vedere se esiste una Maratona di Francavilla a al Mare e manca poco che ci indovini perché in realtà esiste una “mezza” sulla distanza di 21 chilometri che si disputa proprio in quel paese. E questo non è un caso perché se anche uno volesse esordire a Francavilla al Mare non può perché c’è solo la “mezza maratona” e non la distanza intera, ed è questo il punto, che mentre la mezza maratona se sei almeno un pochino allenato è una cosa quasi umana, la Maratona intera sui 42.195 metri non è assolutamente umana se non sei allenato a dovere.
Delle poche maratona corse in vita mia ricordo l’unico campionato italiano al quale ho preso parte, a Carpi, nel 1991, erano anni d’oro della maratona italiana, io come atleta ero già completamente andato e usurato e speravo di poter diventare un po’ competitivo nella maratona dove un po’ di anni prima, improvvisando, avevo corso in 2h33′ e dove soprattutto, sembrava che l’usura dei tendini achillei non fosse questo problema insormontabile. 15 anni dopo Gebreselassie ha dimostrato che questa non era un’idea del tutto sbagliata nel senso che nonostante i tendini achillei già usurati sulla maratona ci ha fatto il record del mondo. Io non era che li avessi più usurati dei suoi (tutto sommato corro ancora…) è che proprio mi mancava qualcos’altro rispetto a Gebreselassie se è vero che in quel campionato italiano corsi in 2 ore e 41′. Non fu certamente Gebreselassie 15 anni dopo a farmi capire che i conti non tornavano ma il semplice fatto che quel giorno di ottobre del 1991 feci più fatica di quello di inizio dicembre dell’84 quando corsi in 2h33′ senza nessuna preparazione per la maratona e senza ambizioni di risultato alcuno. Insomma nel 1984, nel mio piccolo, ero ancora un discreto atleta, almeno sugli 800 metri, distanza che era la mia più congeniale mentre, nel 1991 ero già un vecchio rudere u tutti i fronti, anche se mi ricordo che quella presunta preparazione per il campionato italiano sulla maratona mi fruttò, alcuni mesi dopo, il raggiungimento dell’ultimo dei miei record personali, quello sui 10.000 metri fermo a quando avevo 18 anni.
Ma al di là delle sensazioni di non brillantezza, di quel campionato italiano ricordo una frase mitica di quelle che passano alla storia. Per strada, ad un certo punto, al 23° chilometro (poco dopo metà gara) un signore nel pubblico per strada ci urlò: “Dai, forza, mancano solo 19 chilometri!” Io mi ricordo che subito pensai di ritirarmi poi invece decisi di ridere e basta, comunque ebbi la netta sensazione che anche se ci fosse stato il fisico non avevo le doti psicologiche per affrontare la maratona. Io ero abituato a sentirmi dire: “Dai, forza ultimi 200 metri” o, al più: “Dai forza, ultimo giro” ma sentirmi dire: “Ultimi 19 chilometri” ricordo che mi lasciò un po’ stordito.
Ecco adesso, come per incanto, dopo la storia del covid, e dovrei scrivere “durante” la storia del covid , perché almeno a livello mondiale ne siamo ancora pienamente dentro, mi sento un po’ solidale con i maratoneti che solitamente tendo ad invidiare forse solo per il fatto di non essere riuscito a riconvertirmi discreto maratoneta o forse per il fatto che quando dico il mio miglior tempo sugli 800 (1’50”) non gliene frega niente a nessuno mentre quando dico il mio miglior crono sulla maratona mi dicono tutti “Ah, che bravo!” sottintendendo che di mezzofondo non ci capiscono nulla ma che per loro comunque 2h33′ sulla maratona è un signor risultato.
Sono solidale con i maratoneti perché dentro a questa storia ci sono in mezzo fino al collo pure loro, anche se la maratona è osannata e organizzata a puntino in tutti i posti del mondo e fa notizia cento volte di più dell’atletica su pista. Ci sono dentro ancor più di chi gareggia su pista perché loro sono l’assembramento per definizione, sono un assembramento cronico e partono al primo chilometro che sono un mega assembramento e arrivano dopo 42 chilometri che sono ancora un assembramento perché sono talmente tanti che non si diluiscono mai. Ecco, in questa situazione mi sento solidale con i maratoneti perché mi rendo conto che il loro problema di maratoneta non potrà essere risolto prima del mio di pistard di una volta. Una volta tanto mi sento meno a disagio a fare il nostalgico delle gare su pista, anche se ce ne sono gran poche e non sono per nulla di moda per i soggetti della mia età, che non a fare il maratoneta che non sono mai stato anche se di maratone ne ho corse e di gare sulla mezza continuo a farne ancora oggi più per la voglia di stare in compagnia che per ardore agonistico.
Io mi auguro che questa situazione si evolva rapidamente per tutti. Sia per chi nonostante gli anni ha ancora la mania della pista sia per chi, pur non avendo mai corso in vita sua ha la libidine dell’atto di eroismo sulla Maratona. Spero solo che sia una falsa sensazione quella che mi fa sentire come terribilmente attuale quell’antico leggendario incitamento: “Dai, forza, mancano ancora solo 19 chilometri!” perché qui siamo già un po’ tutti logori di questa situazione e l’idea che manchi ancora molto potrebbe stroncarci. Andiamo avanti giorno per giorno, metro per metro.