DA “CORRETTO” A UTILE E/O DIVERTENTE

Usiamo troppo spesso l’aggettivo “corretto” per definire un atto motorio. Per conto mio “corretto” va meglio per una macchina, oppure per il caffè. Molto spesso il caffè è “corretto” e i puristi del caffè si arrabbiano perché dicono che il vero caffè non deve essere corretto, in un gioco di parole secondo loro l’unico caffè “corretto” è quello non corretto…

Io questa cosa molto spesso la dico della corsa quando vedo troppi atleti in giro con una corsa “corretta”, assolutamente non naturale, avampiedi a go go, ginocchia che si alzano in modo spropositato, solo perché tanti allenatori hanno la mania di dire “stai sull’avampiede” oppure “alza le ginocchia” e così l’atleta che aveva una bella corsa radente ed economica diventa dispersivo, inefficace ma “bello da vedere” come una gazzella, peccato che non sia una gazzella ma magari era un potenziale buon mezzofondista che con quei correttivi antieconomici può finire solo per fare il velocista, visto che spende tantissimo nel gesto corsa.

C’è da valutare l’opportunità se tentare di correggere o meno molti gesti e per conto mio non ha senso correggerli se prima non li abbiamo capiti, non ha senso correggerli, almeno, solo se confrontati con un improbabile modello estetico che molto spesso è funzionale solo per alcuni atleti ma non per tutti.

Forse, più che in termini di “correttezza” dovremmo iniziare a ragionare in termini di utilità o ” capacità di divertire” di un certo gesto e queste due cose non è che vadano sempre a braccetto perché entra in gioco una terza qualità del gesto motorio che è la sua intensità a volte decisiva per attribuire questa fantomatica patente di “correttezza” al gesto.

Un piccolo passo indietro per essere più preciso e spiegare da che pulpito proviene la predica. Io a questa patente di correttezza non ci credo e praticamente mai valuterò un certo gesto sportivo in base ad un unico criterio di correttezza.

Per essere chiaro dico subito che sono un detrattore dei fantomatici test a crocetta che per me non hanno nessun senso ed io manderei a casa chi li propone invece di bocciare chi non li supera.

I test a crocetta fondamentalmente esistono perché gli insegnanti non hanno tempo per leggere i compiti. E allora che facciano a meno di leggerli ma che non si inventino a tutti i costi sistemi improbabili per valutare cose che non ha senso valutare. La scuola di oggi è schiava della valutazione, perde più tempo a valutare che a insegnare, il test a crocetta ne è un fulgido esempio. Gli studenti copiano ed hanno quasi ragione. Dico quasi perché se avessero il coraggio di rilevare che una quantità stordente di valutazioni è un non senso, sarebbe molto meglio per tutti. In modo un po’ ipocrita accettano il test a crocetta perché almeno ha il vantaggio che si può “copiare” e così c’è una possibilità per superare la verifica. Ma qui, più che la verifica, si tratta di superare la grande ipocrisia della valutazione e ci siamo ancora molto distanti.

Detto questo torniamo su utilità, capacità di divertire ed intensità che sono tre cose che con i test a crocetta si fa un po’ fatica a valutare ma ce ne faremo una ragione.

Non le valutiamo con i test a crocetta perché vi sono delle sfumature che facciamo fatica ad affrontare addirittura con la poesia, altro che test a crocetta. E allora andiamo con un esempio che può andare dal tragicomico al drammatico, a seconda delle situazioni.

L’arzillo settantenne che si fa la maratona di New York. E utile? E’ divertente? E’ troppo intenso? Tirate fuori tutti i test a crocetta del mondo per rispondere a tali quesiti.

Non sappiamo se è utile perché dipende da tante cose. Io molte volte ho detto con riferimento agli atleti delle categorie amatoriali che la maratona è quella competizione la cui preparazione è tanto utile, divertente e salutare solo che per la salute dell’atleta sarebbe un’ottima cosa che il giorno della gara ci fosse un fortunale che impedisce l’effettuazione della stessa. In sintesi è utile la preparazione razionale e graduale ma non è altrettanto utile la competizione in sé per sé che per quasi tutti è molto intensa e richiede tempi molto dilatati di recupero. Per sei mesi ti fai bene alla salute, il giorno della gara vai a prenderti una botta di sovraccarico che ti ci vuole un mese per riprenderti. Però il business è lì e ci sono una marea di amatori, anche molto stagionati, che si dilettano a competere sulla maratona anche se i 10.000 metri in pista o i 5.000 o i 1.500 metri sarebbero molto più salutari. Nelle strade di una grande metropoli ci stanno facilmente in 40 mila, in una batteria di 10.000 metri in pista ci stanno si e no in 25, non c’è business…

Passiamo al secondo quesito: “E’ divertente?”. Io penso che sia più divertente per il settantenne in forma correre la maratona di New York che per un atleta di alto livello partecipare alle Olimpiadi. Il settantenne paga, e pure tanto per far questo. Non so se tutti gli atleti che partecipano alle Olimpiadi sarebbero disposti a pagare per farle. Ce ne sono certamente alcuni che se dovessero pagare se ne starebbero a casa e proprio nella maratona c’è stato in passato qualcuno che ha accampato scuse un po’ improbabili per starsene a casa e per potersi rendere disponibile per competizioni ancora più “utili economicamente”. Non facciamo nomi per non creare polemiche ma non scandalizziamoci nemmeno perché nel calcio è sistematicamente così e le compagini che giocano alle Olimpiadi non sono certamente le migliori che le nazioni possono mettere in campo.

Dopo il sorprendente quesito se sia divertente o meno passiamo al terzo, a questo punto molto illuminato dal secondo. “Non è che sia troppo intenso?”

E’ possibilissimo che sia troppo intenso perché se non è intenso non è nemmeno divertente. Provate a chiedere al pilota di Formula Uno se si diverte a scorrazzare su e giù per l’autodromo agli 80 chilometri all’ora.

Eppure dal punto di vista della salute sarebbe molto più sicuro fare gli 80 che i 300 chilometri all’ora.

Utilità, capacità di divertire ed intensità sono legate fra loro in un crogiuolo difficilmente comprensibile, altro che test a crocetta sulla “correttezza”.

Allora un quesito valutando queste tre cose potrebbe essere da quale dobbiamo partire e se partiamo dalla capacità di divertire di una certa attività fisica potremmo dire “Posto che se una certa attività fisica non è divertente uno non ci prova nemmeno, nell’ambito delle attività fisiche divertenti la più utile qual’è?” Ma se trattiamo di riabilitazione dopo un infortunio questo non potrà certamente il punto di partenza e allora la frittata potrebbe essere girata più o meno così “Fra le attività certamente utili per questo tipo di riabilitazione qual’è la più facilmente sopportabile da un punto di vista psicologico?”

E quando andiamo a trattare l’intensità un altro quesito potrà essere “Visto che siamo sicuri che questa certa attività fisica è divertente, siamo altrettanto sicuri che le intensità che vengono toccate in questo divertimento siano razionali e proponibili per una certa condizione fisica?”

Guardate che questo è un quesito che ci tormenta per tutti i giorni dell’esistenza dal bambino inesperto che continua a sperimentare ignaro del pericolo ma se non sperimenta non apprende all’anziano quasi in sedia a rotelle che vuole continuare a camminare anche se ormai ha un equilibrio molto scadente e la caduta con esiti disastrosi incombe. Quell’anziano fa bene a camminare in compagnia ma se vuol campare ancora un po’ fa bene ad evitare le situazioni ad alto rischio e pertanto quando è da solo può essere costretto ad usare la sedia a rotelle anche se potenzialmente potrebbe provare a camminare normalmente. Difficile valutare cosa sia più “corretto” anche perché ci sarà chi ti risponde che vuole vivere solo fin tanto che va avanti con le sue gambe e pertanto metterlo troppo presto in sedia vuol dire ammazzarlo prima e chi ti risponde che si accontenta anche di passare l’ultimo tempo in sedia a rotelle e non ha nessuna intenzione di rischiare di campare meno solo per voler camminare un pò di più.

Non siamo tutti uguali. Nel mondo della valutazione, per esempio, a scuola io avrei un sistema di valutazione piuttosto originale. Smettiamola di valutare i ragazzi (anche perché non prendono lo stipendio per andare a scuola) valutiamo gli insegnanti e li valutiamo per la loro capacità di fare domande alle quali non si possa rispondere con nessun test a crocetta. Per la loro capacità di fare domande autentiche in sintesi, delle quali nemmeno loro hanno la risposta e sulle quali si possa aprire un confronto sincero e schietto.

Questo tipo di scuola ti gira la società come un calzino e porta alla luce il fatto come il sistema di corruzione non sia un sistema per niente razionale.

Siccome viviamo in un sistema non razionale non possiamo pretendere una scuola razionale. Avanti con i test a crocetta e con ciò che è corretto e ciò che è sbagliato. Curioso che su questi test a crocetta non ci sia mai questa domanda: “Un sistema di informazioni che genera sé stesso e perpetua la validità di certe risposte può evolversi?”