CULTURA DEL SUCCESSO MA ANCHE DEL PAREGGIO E PURE DELLA SCONFITTA

Ai giovani consiglio solo una cosa: praticate uno sport e fatelo con entusiasmo, quello sport non mollatelo più per nessun motivo, nemmeno se ve lo chiede vostro nonno in carriola e non trinceratevi dietro a scuse di necessità sociali perché voi dovete rispondere in primo luogo a voi stessi e poi forse ad una società che, strutturata com’è adesso, non si sa più nemmeno se esista.

Non è egoismo, è rispetto della persona e se volete saper rispettare anche gli altri dovete saper rispettare in primo luogo voi stessi e non deve esistere sconfitta più o meno atroce che vi induca ad abbandonare lo sport perché è troppo importante per poter mantenere un accettabile equilibrio psico fisico in una società troppo stressante.

Tutti parlano di una crisi di valori e a questa crisi di valori ci credo pure io, chiaramente non è che i giovani vadano a caccia di questa crisi di valori, la subiscono e capire se siano più in crisi di valori loro che subiscono questa situazione o chi ce li ha fatti andare dentro è un po’ difficile.

Siamo nella società dove è vietato protestare e vietato criticare e ti danno l’ergastolo se imbratti un monumento per far vedere che esisti, quando chi stabilisce queste norme magari è una vita che continua a rubare impunito. Non è una società molto razionale ed io mi auguro che chi vuole cambiarla trovi gli strumenti per provare a cambiarla anche se evidentemente imbrattare i monumenti non è la strada migliore.

Lo sport ti aiuta a vincere ma ti aiuta a capire anche che a volte un bel pareggio è meglio di un brutto successo e talvolta una sconfitta onorevole può essere meglio ancora.

Ci sono atleti che non hanno mai vinto un’Olimpiade e sono stati atleti grandiosi. Per tutti penso a Jim Ryun nell’atletica leggera, grandissimo interprete dei 1500 metri e mai al successo alle Olimpiadi. Non per questo la carriera sportiva di Ryun non è stata una grande carriera. Come diceva un noto omino della pubblicità che ripeteva che “Non esiste lo sporco impossibile…”, non esiste successo al quale non si possa rinunciare e anche se uno fallisce l’appuntamento con il traguardo che più ha desiderato può avere tantissime altre occasioni per riscattarsi.

C’è gente che non vince proprio mai, altro che rigida programmazione del successo, e quella volta che perde meno del solito, in modo tutt’altro che previsto, può essere un grande giorno. La capacità di gustare il risultato anche non eccelso (il pareggio appunto o pure la sconfitta onorevole) è il dono più grande che può offrirci lo sport.

Quando si dice che l’importante è partecipare si dice tutto e nulla. Io direi che, più che altro, l’importante è “vivere” più che partecipare ed un certo tipo di partecipazione è vita. Può esserci vita anche se continui a perdere, anche se indubbiamente è una vita difficile ma non è assolutamente detto che più si vince e più ci sia vita o che la vita sia subordinata ad un certo successo al quale non si può rinunciare.

Dobbiamo sostituire la cultura del “pareggio” o anche della sconfitta “accettabile” a quella del successo a tutti i costi e lo sport può illuminarci su questa via.

Il rispetto reciproco è garantito solo se ogni risultato è possibile ed accettabile altrimenti non c’è nemmeno competizione perché chi deve vincere a tutti i costi deve vincere d’ufficio visto che non è ammesso altro risultato. La competizione è sana, leale, sincera, se ammette qualsiasi epilogo, altrimenti è uno squallido teatrino che non ha a che fare con lo sport.

Qualcuno dice che anche il teatro è vita e nel teatro si recita, si finge. Indubbiamente il teatro è vita e anche nello sport, nel rispetto delle regole, c’è chi finge, come nella vita, ma in ogni caso questa finzione non prevede un unico epilogo perché le regole della vita sono assolutamente imprevedibili. Voglio dire, anche di fronte al copione più rigido a volte ci sono gli imprevisti della recita e spesso noi, a teatro, vogliamo vedere proprio come se la cava il grande attore di fronte all’imprevisto.

Ecco, un vero copione già scritto nella vita non esiste e lo sport deve darci i mezzi per rimodulare le varie reazioni a seconda di ciò che accade, cosa che, almeno parzialmente, accade anche a teatro.

Non imbrattate i monumenti ma non accettate questa società solo perché a scuola per lunghi anni vi hanno raccontato che è l’unica possibile. Se non funziona, probabilmente, è l’unica impossibile e per quanto strana e bislacca che sia quella che avete in testa è meglio di questa. Solo per il fatto che siete giovani. Fate i giovani e non fatevi condizionare troppo dagli adulti. Dal mio punto di vista soprattutto quando vi raccontano che non avete tempo per fare sport. Cominciate da quello per dichiarare che della società degli adulti siete stufi e prendetevi con lo sport i diritti che vi vengono costantemente negati a colpi di telefonino e falso buonismo.