COSE CHE “DOVREBBE” AVERCI INSEGNATO IL COVID

Ci sono tante cose che dovrebbe averci insegnato il Covid ma io, dopo aver fatto una mia classifica sommaria, vorrei soffermarmi su quelle che riguardano la materia della quale mi occupo da un po’ più di 50 anni da quando ho capito che se non cominciavo a “muovermi” forse avrei passato un’ esistenza un po’ difficile e forse pure abbastanza breve.

La prima cosa che ci trova un po’ tutti d’accordo è quella sulla quale, forse proprio per quello, non vale spenderci su molte parole: l’esigenza di un sistema sanitario nazionale efficiente che non stia a risparmiare sui soldi destinati al suo bilancio.

Su questo c’è poco da dire, i paesi ricchi fanno meno fatica e quelli poveri devono capire che uno dei primi indicatori di evoluzione e di civiltà del paese è questo, c’è poco da sperperare in altri ambiti se mancano i soldi per l’assistenza sanitaria.

Su questa cosa mi sia permessa un’osservazione “planetaria”: i ricchi “Stati Uniti” hanno ancora un’assistenza sanitaria praticamente da terzo mondo e ciò è semplicemente assurdo in un paese che umilia l’Italia per esempio sull’organizzazione dell’attività fisica e sportiva scolastica dove il paese del terzo mondo sembriamo noi.

La seconda osservazione è ugualmente di tipo “planetario” e può far discutere molti perché non è scontata come la prima: l’economia mondiale è pericolosamente sbilanciata sul sistema del libero mercato che è un sistema assolutamante labile e che non protegge minimamente le classi deboli, anzi tende ad emarginarle sempre di più.

Su questa cosa dove vengono spese fiumi di parole mi sia consentita l’espressione di un mio punto di vista. Il grande equivoco moderno è stato il crollo del comunismo. Quando, a fine millennio, il sistema comunista ha dimostrato di non avere i numeri per imporsi come sistema economico efficiente e razionale che potesse aiutare a risolvere i problemi dell’umanità ha cominciato a serpeggiare, in modo non molto nascosto ed anzi terribilmente pubblicizzato, un’idea malsana dei nostri tempi: che il sistema della pubblicità e del libero mercato, in breve il sistema capitalista, potesse essere l’unico efficace su scala planetaria per inseguire il progresso di tutte le classi sociali.

Il Covid a mio parere ha evidenziato la falsità di questa presunzione: anche il sistema capitalista, accettato in toto, è un sistema fallimentare, né più né meno di quello comunista ed ha avuto il solo merito (o la sfortuna, da altri punti di vista) di sopravvivere qualche decennio in più rispetto al sistema comunista. Evidentemente, se non vogliamo avere una popolazione con squilibri sociali terrificanti, dobbiamo iniziare a pensare che anche il sistema capitalista da solo non funziona e probabilmente una terza strada che non era mai stata percorsa è l’unica che può portarci ad un sistema più equilibrato e rispettoso delle esigenze dei nuovi poveri, messi all’angolo dai meccanismi del libero mercato.

La terza osservazione, decisamente molto più discutibile, è quella che farà dire ai miei lettori che io sono sempre di parte e guardo l’attività fisica in modo maniacale: il Covid ci ha fatto capire che l’attività fisica all’aperto è insostituibile e senza di quella ci si ammala letteralmente, per certi versi è quasi più importante della pastasciutta, almeno per chi di pastasciutta ne ha mangiata tanta e dunque ha delle riserve adipose che possono consentire anche di stare qualche giorno senza pastasciutta.

E’ quella sulla quale voglio soffermarmi e anche se non siamo tutti d’accordo mi fa dire altre cose strane.

L’ho già scritto: noi siamo il terzo mondo dell’attività fisica organizzata. Come gli Stati Uniti hanno un sistema sanitario da terzo mondo noi abbiamo una struttura organizzativa per la fruizione dell’attività motoria che è da terzo mondo. Ma ho già scritto che, tutto sommato, è più tollerabile avere falle clamorose su questa seconda cosa che non sull’assistenza sanitaria. Tollerabile ma non divertente.

Questa osservazione decisamente discutibile ne chiama in causa un’altra sulla quale non solo ci sono certamente una miriade di opinioni in senso opposto ma sulla quale addirittura si discute poco perché pare che non ci sia una priorità assoluta e sono un eccentrico io a voler continuare a sottolinearla in modo pedante e ossessivo: la nostra scuola non si occupa assolutamente dell’attività fisica dei ragazzi, la ignora del tutto.

Da qui arrivo all’anatema che mi fa lapidare dalla maggior parte dei genitori coscienziosi e rispettosi dell’istituzione scolastica: nella nostra scuola si studia troppo (soprattutto si studia “male” perché si studia a memoria senza senso critico perché si ha paura di far politica…) e si fa troppo poca attività fisica. Se non fosse per il volontariato dello sport che fa un colossale lavoro extrascolastico i nostri giovani sarebbero tutti dei secchioni malaticci, curvi da telefonino e libro di testo e in deficit cronico di attività motoria. Invece purtroppo alcuni sono davvero così ma altri, per fortuna, sono semplicemente stressati, stritolati fra un’attività fisica divertente ed una scuola che non vuol sentire ragioni su questa attività fisica ingombrante e non istituzionalizzata che costringe i giovani a trattare sempre con i professori come se praticare attività sportiva fosse una specie di droga dalla quale liberarsi prima possibile per non togliere spazio alla scuola.

E’ chiaro che questo è un mio punto di vista decisamente personale. dell’insegnante di educazione fisica invadente che non si fa i cacchi suoi e che non accetta che nella nostra cultura l’attività fisica deva essere materia marginale da relegare a due ore di attività la settimana.

No, io sono talmente rombipalle che ritengo addirittura che il Covid abbia messo in evidenza come manchi un capitolo di spesa che riguardi l’attività fisica degli adulti, altrettanto necessaria perché dopo la scuola, teoricamente il cittadino italiano può anche diventare un perfetto sedentario che tanto non c’è nessuna figura che si occupi istituzionalmente della sua attività fisica. La vera prevenzione sanitaria si fa con l’attività fisica, lo predico sempre io e continuano anche a predicarlo i luminari della medicina, poi però, di fatto non si combina nulla su questa splendida osservazione e i venti milioni di sedentari italiani possono dormire sogni falsamente tranquilli che nessun “esattore” del movimento verrà a chiedere conto a loro della pericolosissima sedentarietà che costa un sacco di danari al sistema sanitario pubblico.

Il Covid ci ha fatto capire tante cose, alcune sono trasparenti altre meno. Ognuno le interpreta a modo suo e così per esempio quando c’erano poche auto per strada qualcuno ha osservato che la città puzzava meno, era decisamente vivibile e con le biciclette ed i mezzi pubblici sarebbe stata anche più facilmente attraversabile che non nella solita bolgia infernale. Altri invece hanno avuto una terribile nostalgia della bolgia infernale e non vedevano l’ora di tornare a bordo del proprio automezzo per poter fare i gestacci a chi non libera più che in fretta l’incrocio sgasando a più non posso.

Al momento pare che i nostalgici abbiano vinto perché il traffico urbano è pressoché identico a quello precovid. Quanto alla scuola che prende atto delle esigenze di attività fisica dei ragazzi, stendiamo un velo pietoso: il grande dibattito è stato su come agire per non far spiare sui libri di testo i ragazzi che venivano interrogati in didattica a distanza.