COSA SUCCEDE QUANDO SI MODIFICA LO SCHEMA DI CORSA

Se trattiamo di ragazzini e/o principianti può essere che non accada proprio nulla di importante o meglio che non accada niente di devastante.

Attenzione che se il principiante è un po’ su con l’età si fa fatica a chiamarlo veramente principiante perché anche se ha mosso pochi passi di corsa in vita sua se non è più un ragazzino ha già un suo schema di corsa abbastanza strutturato che anche se non è difficile da modificare come quello di un atleta evoluto presenta comunque delle resistenze al cambiamento molto più elevate di quelle opposte da un vero principiante quale può essere un ragazzino nell’età dello sviluppo.

Quando trattiamo di atleti evoluti o comunque personaggi che hanno già finito da un po’ l’età dello sviluppo metter mani allo schema di corsa è certamente una cosa interessante e potenzialmente anche utile ma comunque sempre molto pericolosa ed il perché è presto detto.

Lo schema di corsa si consolida sempre più man mano che passano gli anni ed i chilometri. Un giovane con già molti chilometri sulle spalle ha certamente uno schema di corsa molto evoluto e consolidato, come già scritto un personaggio un po’ su con l’età anche se non grande cultore della corsa ha comunque un suo schema di corsa abbastanza calcificato. Per chi corre da molto tempo ed è pure su con l’età se non ha già imparato nella lunga carriera a correre in modi diversi , modificare lo schema di corsa in tarda età è una vera e propria impresa titanica. Non è detto che sia senza speranza ma comunque l’infortunio è sempre dietro l’angolo perché lo stress sulle articolazioni derivante dal nuovo schema di corsa è certamente molto elevato.

In ogni caso imparare a correre in modi diversi è molto importante ed utile e se lo è per i velocisti a maggior ragione lo è per i corridori di lunghe distanze che tendono ad ingolfarsi di chilometri ed hanno decisamente bisogno a volte di correre in modo diverso anche per far recuperare la muscolatura. In particolare visto che per correre alle diverse velocità non si corre nello stesso modo al velocista potrebbe anche non interessare imparare a correre a ritmi lenti perché quel tipo di corsa per lui è occasionale e non caratterizza mai la sua prestazione in gara. Al contrario, il corridore di lunghe distanze, che deve indubbiamente saper correre bene anche quando corre piano visto che buona parte della sua preparazione viene svolta a ritmi abbastanza blandi, deve anche saper correre bene quando corre veloce perché se non è capace in quello può mangiarsi un numero spropositato di volate finali che caratterizzano sempre le gare di mezzofondo con una buona componente tattica.

Poi mi sia consentita un’osservazione curiosa sui velocisti: questi utilizzano in allenamento una gran quantità di andature “speciali” che sono esercitazioni simili o quasi simili alla corsa che hanno la funzione di ampliare l’alfabeto motorio e dare nuovi stimoli per il gesto corsa. Poi, però, quando vanno a correre, molti di loro sanno correre in un modo solo e questa è una grande contraddizione perché sarebbe più importante saper correre in modi diversi che non saper svolgere un gran numero di esercitazioni “simil-corsa” ma che direttamente con la corsa hanno poco a che fare. Pertanto, anche con riguardo ai velocisti, il mio consiglio è di tenere una preparazione varia con una grande quantità di stimoli per incrementare le capacità coordinative e migliorare l’alfabeto motorio però, parallelamente, concentrarsi anche sullo specifico gesto corsa sforzandosi di riuscire a produrlo in modi diversi.

Nel mezzofondista la capacità di imparare a correre in modo diversi è una necessità e non un capriccio. Molte esercitazioni extracorsa possono anche non essere necessarie al mezzofondista che stimola la sua velocità massima con poche sedute dedicate direttamente alla velocità più che con esercitazioni propedeutiche da velocista. Il mezzofondista, molto semplicemente, quando vuole stimolare la velocità massima si mette lì e corre un po’ di prove su distanze brevi con recupero adeguato alla massima intensità, in quel modo, se non ha particolari deficit, produce velocità di corsa che sono più che sufficienti per preparare la sua specialità.

Ma anche nello svolgere alcune sedute di presunta velocità, che però avranno un’importante componente di resistenza, il corridore di lunghe distanze finisce per correre in modi diversi anche all’interno della stessa seduta perché quando si tratta di correre anche 40 volte i 60 metri a buona intensità è impossibile pensare che la quarantesima prova sia corsa con le stesse tensioni della prima.

Pertanto diciamo che l’atleta evoluto che corre a lungo deve essere allenato almeno un po’ a correre in modi diversi altrimenti sarebbe perennemente infortunato, in ogni caso anche se una piccola propensione al cambio di corsa in questo atleta c’è sono proprio gli atleti evoluti, sia velocisti che mezzofondisti, i più riluttanti verso un’ipotesi di modifica dello schema di corsa. La paura di infortunarsi è grande e non del tutto ingiustificata e poi un fattore decisivo à che almeno nei primi momenti ogni tentativo di cambiamento dello schema di corsa porta ad una regressione delle capacità prestative. E’ quasi impossibile, per centrata ed opportuna che sia, che una variazione dello schema di corsa porti a risultati immediati e tangibili. Ciò è possibile, forse, solo per i veri principianti che sono meno riluttanti ad affrontare questo tipo di discorso ed anche meno portati a farsi del male.

Con questo non sto mettendo in guardia atleti evoluti e macinatori di chilometri dall’insana presunzione di cambiare lo schema di corsa, al contrario sto dicendo che l’impresa è così importante e significativa che deve essere ben valutata in tutti i suoi aspetti positivi e pure negativi. Molte volte un cambio dello schema di corsa che non viene “digerito” bene è semplicemente troppo tempestivo ed immediato ma non errato nella sua forma. Si tratta di fermarsi, attendere, tornare indietro e riprovarci. Una variazione al programma di allenamento in quantità e qualità della corsa è sempre traumatica, anche se non cambia lo schema di corsa. Se cambia lo schema di corsa automaticamente cambiano insieme i parametri di qualità e quantità della seduta di allenamento perché la qualità è certamente cambiata non fosse altro che per la creazione di nuove mappe a livello neurologico di nuovi schemi di corsa e la quantità delle tensioni muscolari è cambiata anch’essa ed in modo pure imprevedibile perché l’azione muscolare nel nuovo schema di corsa è certamente cambiata anche se le modificazioni non sono visibilmente molto apparenti ma sono invece gli innumerevoli dolorini da sovraccarico che si manifestano dopo queste sedute di allenamento ad attestare che anche a livello muscolare è cambiato qualcosa.

Riassumendo, ogni intervento sulla tecnica di corsa è certamente di un’importanza rilevante nel contesto del piano generale di allenamento ed il fatto che sia potenzialmente pericoloso perché molto sovraccaricante non è un buon motivo per saltare l’intera problematica a piè pari, al contrario, nella consapevolezza che più l’atleta è evoluto e stagionato e più resistenze presenterà a questo tipo di allenamento, è opportuno considerare l’ipotesi di un’affinamento della tecnica di corsa in tutte le fasi della carriera sportiva del corridore di brevi e lunghe distanze. Chiaro che non vai a proporre cose strane all’atleta di alto livello in super forma a pochi mesi dall’Olimpiade, ma quell’occhio alla corsa efficace che si da a qualsiasi principiante deve essere dato molto spesso anche all’atleta evoluto tenendo presente che ognuno sviluppa una sua corsa “efficace” e la corsa efficace del soggetto “x” non è la stessa di quella del soggetto “y”. Per cui, al di là di fasulli presunti modelli di eleganza bisogna riuscire a scoprire il tipo di corsa più funzionale per ogni soggetto tenendo presente che se questo soggetto sa correre anche in modi diversi gli fa pure bene alla salute. Il tempo dedicato alla tecnica di corsa non è tempo sprecato e se si vuole che vada a bersaglio non deve essere troppo tagliato e compresso anche per non incappare in banali e pure prevedibili infortuni.