Cosa intendo per “Nuovo modo di fare scuola”

“Fai presto tu, a parole, solo scrivendo, ad ipotizzare una scuola nuova più efficiente ma forse non ti rendi conto che la scuola fa già i miracoli per andare avanti così ed ha dei problemi strutturali giganteschi, non è un problema di buona volontà è semplicemente di risorse che non ci sono e pertanto è una continua rincorsa a tamponare le falle più che un progetto verso l’innovazione…”

 

 

So benissimo che a parole è tutto facile e si rischia di essere solo fastidiosi però se di una scuola diversa da questa non se ne parla nemmeno perché questa pare l’unica possibile non si riesce nemmeno a sognarla e se stronchi i sogni ai giovani tarpi le loro ali e gli precludi il futuro. Greta non vuole un mondo nuovo dall’oggi al domani ma ti fa capire che per certe cose non ci si può più permettere il lusso di stare seduti sul banco. Ci sono delle urgenze che non possono essere ignorate nemmeno da questa scuola disgraziata così com’è.

Allora partendo dalle utopie per andare a cose anche immediatamente realizzabili è giusto che faccia luce per sommi capi su che idea di scuola ho in testa io altrimenti stiamo a discutere di fantasmi e solo di concetti astratti.

L’utopia è una scuola che si faccia carico anche della salute globale dei ragazzi, non solo di quella psichica. E’ un’ utopia perché mancano proprio le strutture. Una scuola che si faccia carico di mettere nel suo programma un piano di profilassi sanitaria e dunque di prevedere un monte ore di attività fisica pari ad almeno il 20% di tutte le attività al momento è una vera e propria utopia. Questa cosa non ce la sogniamo nemmeno perché al momento tutta questa attività che non si può fare a scuola è gestita a spot dai vari enti sportivi, da strutture parallele alla scuola che garantiscono la diffusione e l’organizzazione dello sport di base.

L’aspetto strutturale qui è determinante e sono pienamente d’accordo nel dire che è una questione di mezzi finanziari, di mancati investimenti che non hanno la copertura finanziaria per essere ipotizzati.

Io stesso vivo su questo incubo laddove i dirigenti scolastici, in perenne carestia cronica di strutture non mi sbloccano la struttura pubblica per ospitare la ginnastica per la terza età perché prima devono organizzare il loro orario scolastico e se non hanno piena disponibilità dell’orario palestra si trovano in un rebus irrisolvibile. Dunque i problemi dell’attività sportiva scolastica sfociano anche nei problemi dell’attività fisica destinata ad altri cittadini e le stesse strutture che sono reclamate dalla scuola sono richieste a gran voce anche da cittadini che non vanno più a scuola da ‘mo.

Però, e qui c’è l’insidia e la perfidia delle mie osservazioni, oltre a questo problema strutturale ne esiste anche uno organizzativo ed è proprio perché le strutture sono carenti che questo diventa ancora più importante. Un’infinità di volte ho scritto che il dirigente scolastico non può perdere tempo ad organizzare l’orario palestra di una struttura che deve essere destinata alla scuola ma anche ad altre attività di interesse sociale. Il dirigente scolastico deve chiaramente fare le sue richieste poi la determinazione dell’orario di utilizzo deve essere formulata da un organismo super partes che non deve dipendere dalla scuola e che deve essere quello responsabile dell’organizzazione delle attività motorie per la cittadinanza. Questo modus operandi in un primo tempo può apparire vincolante e penalizzante per la scuola che si trova a dover collocare le sue ore di attività fisica in orari ben prestabiliti ma se il sistema organizzativo è efficiente non è certamente questa  nuova evenienza ad impedire lo svolgimento dell’educazione fisica scolastica. Ciò che non deve più avvenire invece è che ci sia la palestra vuota con le attività extrascolastiche ferme perché dal momento in cui non si conosce l’orario definitivo deve essere lasciata piena disponibilità dello spazio palestra alla struttura scolastica.

Altra questione di buona volontà è quella relativa alla collaborazione fra scuola e altre agenzie di diffusione dell’attività motoria per tutti. Proprio perché la scuola ha carenze strutturali e non può nemmeno disporre al 100% delle poche strutture che ha, non può permettersi il lusso di organizzare l’attività fisica per tutti. Mi pare doveroso precisare che con questo tipo di scuola ciò non sarebbe possibile nemmeno se le strutture fossero in esubero ma qui ci scontriamo con una questione puramente filosofica: si tratta di capire se è nato prima l’uovo o la gallina. A scuola si fanno solo due ore di attività motoria perché mancano le strutture oppure le strutture sono indecentemente trascurate anche perché tanto di attività fisica a scuola se ne fa gran poca e la vera attività fisica viene demandata ad altre istituzioni? Il paradosso si concretizza quando le società sportive che dovrebbero organizzare la loro attività anche in strutture scolastiche si trovano in crisi perché quella struttura è carente perché… alla scuola non serve in modo determinante. E’ un cane che si morde la coda. Alla scuola serve poco perché è rassegnata nelle persecuzione del suo fine istituzionale di profilassi sanitaria, pertanto non è fra le priorità richieste dagli istituti scolastici, pertanto va a danneggiare anche l’attività di quegli enti che si offrono per tamponare la falla, per organizzare l’attività sportiva dei ragazzi che la scuola non riesce ad organizzare.

Il brodo aumenta nel momento in cui questo problema organizzativo si manifesta in modo stridente in altri aspetti della vita scolastica del ragazzo che fa sport. Qui sembro semplicemente patetico a ripetere la storia del ragazzo interrogato proprio il giorno dopo che è andato a partecipare ad una competizione sportiva fuori provincia della quale il professore non vuole assolutamente sentir parlare perché quello è un problema del ragazzo punto e basta.

Fino ad ora ho trattato solo la materia che mi compete, cose sulle quali si può essere d’accordo o meno ma c’è poco da obiettare. La scuola per disgrazia o per scelta adesso non si sta prendendo cura dell’attività fisica dei ragazzi, di quella attività fisica che serve per stare bene, di quell’attività fisica che serve anche per essere buoni studenti. Questo è un dato di fatto.

Le contestazioni sul mio modo di intendere la scuola arrivano quando sostengo che è l’intero sistema scuola ad essere impostato su problemi arcaici ed è questo che porta alla formazione dello studente passivo, dello studente che a scuola tende a sopravvivere e basta scavalcando gli ostacoli che di volta in volta gli si presentano davanti.

La mia scuola degli studenti che vivono la scuola con i professori e non “contro” i professori è un’altra e passa per l’analisi di almeno altri due punti che c’entrano solo in modo molto indiretto con l’attività fisica. L’istituto della valutazione e il rapporto della scuola con il mondo del lavoro, con l’esterno, diciamo pure in modo rivoluzionario con la politica che facciamo noi tutti i giorni perché volenti o nolenti facciamo politica anche se non siamo militanti di nessun partito politico, facciamo politica anche se dichiariamo (come il sottoscritto) di non volerla fare perché anche la scelta di andare dal fruttivendolo o dal farmacista per certi consumi è politica, anche la scelta di usare la bici o l’automobile (scelta sulla quale vi bombardo di articoli monotoni e ripetitivi…) è politica.

L’istituto della valutazione è anacronistico, inefficiente e oserei dire del tutto inutile per come è strutturato nella scuola attuale. Ci si perde su un sacco di tempo, come se ci fosse tempo da perdere, e udite, udite è pure fonte di stress per i ragazzi che invece di prendere passione per le materie di studio prendono passione per la competizione scolastica, per quell’insieme di tecniche che ti consentono di uscire dall’istituto con il massimo dei voti anche se in modo autentico e approfondito hai studiato gran poche cose.

La cosa da fare sarebbe comprimerlo nei suoi tempi, magari passando ad un concetto di “autovalutazione” dove allo studente che ha strane paure e dubbi vengono forniti strumenti per autovalutarsi e può perdere pure tutto il tempo che vuole ad autovalutarsi anche tutti i giorni basta che non lo faccia perdere agli altri.

Inoltre mi pare piuttosto indecente che in un mondo dove la privacy è sventolata ai quattro venti e dove per la privacy si firmano un sacco di scartoffie inutili nella scuola attuale esista ancora una valutazione alla mercè di tutti dove l’allievo è libero di essere sbeffeggiato e deriso con il classico “Rossi… quattro!” detto pure ad alta voce. No, se tu devi dirmi “Rossi… quattro” me lo dici a bassa voce, in separata sede, in un angolino e ne parliamo perché come non mi diverto io mi sa che non ti diverti neppure tu che dimostri di avermi insegnato male ciò che dovevi insegnarmi.

Questo concetto di valutazione mitigata nei suoi effetti devastanti apre le porte ad una scuola più autentica dove lo studente non  va più per sopravvivere e superare un sacco di ostacoli ma va semplicemente per imparare.

E’ chiaro che uno studente che impara tante cose ragiona meglio, pensa di più e allora forse non ci sta più ad entrare in un mondo del lavoro dove ti pagano tre euro all’ora per andare a raccogliere i pomodori.

Il problema di chi va a raccogliere i pomodori a tre euro all’ora non è che ci sono troppi immigrati che rovinano il mercato perché loro ci stanno a raccoglierli anche a tre euro all’ora mentre la maggior parte degli italiani per quella cifra non  muovono proprio il sedere. No, il problema è decisamente strutturale pure lì ed è di tutto il mondo del lavoro che continua ad informare la scuola e a tenerla in scacco. Una scuola autentica forma soggetti in grado di rivoluzionare il sistema del lavoro non in grado di andare a subirlo così com’è. Lo so che questa è politica ma non è insegnare ai giovani a fare la rivoluzione o a spaccare tutto. Al contrario vuol dire insegnare ai giovani ad impegnarsi a cambiare le cose con pazienza per fare in modo che quel terrificante “Le faremo sapere” tanto di moda ai giorni nostri cambi connotati e diventi un le “Le faremo sapere” della nuova forza lavoro che decide se la tua azienda come è strutturata merita di andare avanti così o se invece deve essere ristrutturata perché non è al passo con i tempi. Un’ azienda agricola che assume manodopera a tre euro all’ora merita di essere chiusa perché vuol dire che non funziona. Una qualsiasi altra azienda che assume personale con contratti di lavoro improponibili e orari insostenibili non merita comunque di trovare personale perché vuol dire che sta sfruttando una situazione sociale disgraziata. Sono questi gli argomenti da portare a scuola attualmente altrimenti il ragazzo perderà un’ infinità di ore a passare da una scrivania all’altra facendosi dire “Le faremo sapere”.

La nostra scuola ad ostacoli insegna l’umiltà ed insegna ad incassare le bastonate. Tutto sommato è quasi più discreto il “Le faremo sapere” del dirigente d’azienda che gioca sullo sfruttamento del personale che il “Rossi… quattro” che continuano a subire a scuola. Ma non c’è bisogno di una scuola che allena a prendere le bastonate, occorre e urgentemente una scuola che dia speranza nel futuro  e pertanto, anche se i “Le faremo sapere” andranno avanti ancora per molto, costringa il mondo del lavoro a fare i conti con nuove modalità operative. E’ chiaro che questo è un discorso politico ma la scuola fa politica anche quando fa finta di non farla e se appoggia il sistema del “Le faremo sapere” vuol dire che non vuole cambiare nulla.

Qualcuno può obiettare che una scuola che forma davvero produce un’infinità di soggetti che scapperanno all’estero a mettere a buon frutto le loro competenze. Io non sarei così disfattista, anzi credo che una scuola autentica possa produrre a lungo andare anche una classe politica migliore, non protagonista di politiche basate sull’intrallazzo e sul sotterfugio (sul copiare dal compagno di banco…) ma sull’autenticità dei contenuti.

E’ chiaro che siamo in una fase sociale di transizione. Forse il problema della quota di attività motoria degli studenti italiani per restare in salute è l’ultimo dei problemi ma è anche chiaro che una scuola che si piega allo squallido “Le faremo sapere” sfornando solo studenti con ottimi voti ma incapaci di portare qualcosa di nuovo in questa società alla deriva  non è al passo con i tempi.

“Rossi… quattro!” obiettivamente non funziona più perché tradotto in altro modo vuol dire “Lo so che fuori sta succedendo qualcosa di strano ma fin che siamo qui dentro comando io e facciamo finta di niente”. Non è un modo di fare scuola al passo con i tempi ed è pure molto scorretto nei confronti dei nostri ragazzi.