Un tempo si diceva che correre le campestri tornava utile a chi correva su pista e così, in inverno, molti mezzofondisti correvano le corse campestri anche su distanze che non erano quelle da loro praticate usualmente. Poi ci si è accorti che non sono le campestri che fanno “bene” alla pista bensì la pista che fa “bene” alle campestri nel senso che un atleta può avere anche un rendimento piuttosto disastroso in campestre ed eccellere in pista ma non viceversa. Un crossista di altissimo livello se non vale almeno 27’30” sui 10.000 metri in pista non potrà mai ambire a vincere un Cross delle Nazioni mentre un atleta che al Cross delle Nazioni prende un distacco umiliante dai primi può anche essere un mezzofondista eccellente in grado di strabiliare con risultati assolutamente imprevedibili in pista.
Indubbiamente il modo di correre in campo è diverso da quello di correre in pista, c’è una diversa biomeccanica di corsa ci sono degli interventi muscolari diversi, gli stessi gruppi muscolari sollecitati sono diversi oltre che sollecitati in modo diverso. Talvolta il buon crossista si vede anche da fermo nel senso che ha masse muscolari diverse da quelle del bravo pistaiolo.
Probabilmente il cross ha ancora una sua utilità per chi ha obiettivi essenzialmente nelle gare su pista (e ce l’ha sempre avuta) per motivi più psicologici che altro. S’è sempre detto “cross scuola di fatica” ed è certamente vero soprattutto per chi non sa corrrere in campo che oltre a vedere limitato il suo rendimento agonistico percepisce dei picchi di fatica in gara che nemmeno nella più difficile delle sue gare in pista riesce a sperimentare.
Si tratta di vedere se fare tanta fatica è veramente importante o se piuttosto non sia più importante staccare mentalmente da quelli che sono gli impegni agonistici in pista con un’attività che è piuttosto diversa quale quella di cross, appunto. Se l’obiettivo è la fatica allora si può tranquillamente dire che quell’atleta di fatica potrebbe farne e pure tanta anche andando a tagliare la legna nei boschi ma probabilmente il vero obiettivo non è proprio la fatica. Al contrario l’atleta di alto livello è quello che fa meno fatica degli altri, è quello che non spreca assolutamente la fatica e non va certamente a farne tanta per rendere poco in una competizione che non è la sua.
L’utilità del cross per i mezzofondisti che non eccellono in quel tipo di competizione può esserci ancora nel senso che si è visto che anche esagerare con l’attività indoor non porta a grossi benefici nell’attività estiva su pista. L’atleta che esagera con le indoor intanto è costretto ad una doppia programmazione dello stato di forma che può portare anche ad ostacolare l’utilizzazione di mezzi di preparazione che richiedono molto tempo per essere “trasformati” con la preparazione specifica e poi può pure arrivare alla stagione estiva già stressato dagli impegni agonistici invernali invece che rigenerato da quel lungo periodo. In tal senso la campestre può essere vista come quella finta competizione che impegna almeno un po’ dal punto di vista agonistico, che non costringe alla doppia periodizzazione della preparazione perché trenta secondi più trenta secondi meno al crossista di livello medio basso per scalare dieci posizioni o perderne altrettante non gli cambiano l’esistenza e, soprattutto grazie a questo tipo di gare, uno evita di partecipare in modo troppo convinto alla stagione indoor che rischia di essere deleteria. Per cui un concetto di campestre rigenerante che ti evita lo stress delle indoor. Siamo un po’ distanti dalla vecchia filosofia “Corri le campestri che fai fatica e ti fa bene…”. Diciamo pure che il mezzofondista che non ha voglia di gareggiare in inverno potrebbe fare benissimo a meno di gareggiare arrivando alla stagione estiva con le stesse possibilità di rendere bene, se non superiori, di chi ha gareggiato anche nella stagione invernale.
Succede che, anche per tradizione o semplicemente perché non esiste un impianto indoor abbastanza comodo nei paraggi, il mezzofondista continui a partecipare alle corse campestri, anche al giorno d’oggi. Accade pure che abbia la presunzione di piazzarsi decentemente perché l’agonismo è innato nell’atleta e questi vorrebbe ben figurare, pur essendo un mezzofondista anche se facesse una gara di getto del peso o una partita a golf. Allora, per non prendersi in giro, è bene precisare che se l’obiettivo è “staccare” dalla preparazione estiva e completare quella invernale il rendimento in campestre non è certamente importante ed è invece importante che vengano svolti tutti quegli elementi delle preparazione che dovranno essere finalizzati, mesi più tardi, alla messa a punto su pista. Se invece l’obiettivo è anche rendere bene in campestre, ma questo a volte può rivelarsi pure un obiettivo un po’ presuntuoso per chi non è un vero crossista, allora sarà necessario aggiungere alcuni espedienti, nella preparazione, che non hanno nulla a che fare con la finalizzazione in pista. Per esempio il crossista che vuole andare in forma in campestre non può evitare di correre delle corse su campo a buon ritmo (verosimilmente vicino al ritmo gara per essere più specifico) con le scarpe chiodate e su percorsi piuttosto simili a quelli sui quali dovrà cimentarsi poi in gara. Esiste un’alta specificità anche del rendimento di corsa in campestre e questa può essere allenata solo ricreando le situazioni di gara. Se durante l’inverno uno corre sempre su pista o su strada, non mette mai le scarpe chiodate o le mette solo per correre brevi sprint in pista non sarà certamente addestrato a correre con i chiodi (e pure lunghi perché su campo usi chiodi ben più lunghi che in pista) per svariati chilometri e con asperità che ti costringono a cambiare nettamente l’assetto di corsa. Questa capacità di correre su campo che certamente porterà ad un miglioramento del rendimento in gara di cross non sarà poi di utilità pratica per quanto necessario in pista. E allora si tratta di schiarirsi le idee perché la corsa campestre come mezzo per staccare mentalmente dallo stress della stagione su pista può essere limitata anche a quelle poche uscite in gara senza ambizioni e senza preparazione alcuna mentre la corsa campestre preparata davvero è tutt’altra cosa e talvolta ci tocca dire che i grandi crossisti probabilmente non ottengono grosse prestazioni nel periodo estivo proprio perché stanno “ricaricando le pile” in vista del successivo impegno invernale.
Bisogna un po’ scegliere e capire quali sono le proprie priorità. Poi certamente la preparazione non fa miracoli e per esempio io mi sono reso conto che quelle poche volte che ho preparato i cross in vita mia ho migliorato un pochino la capacità di correre su campo ma avevo comunque un rendimento abbastanza scadente. Al contrario mi sono reso conto di essere un ottocentista quando pur con una preparazione invernale di tipo quantitativo sullo stile di quelle di una volta già alle prime gare, pur carico di questo tipo di preparazione, riuscivo a fare cose decenti sugli 800 metri. Allora la preparazione conta certamente ma se uno sa correre bene su campo ci sa correre bene probabilmente fin dalla nascita se non ci sa correre potrà sperare di adattare un po’ la corsa oppure di eccellere quel giorno che la campestre è su un terreno talmente regolare che… sembra una gara su pista. Per sottolineare ancora una volta l’importanza della specificità su tutti i terreni preciso anche che sulla stessa pista vi sono differenze fra un manto e l’altro e così chi è sempre abituato a correre su una pista che ha caratteristiche un po’ particolari (per esempio un po’ troppo rigida o un po’ troppo elastica) farebbe bene anche ad abituarsi a correre su altri tipi di pista per non trovarsi a disagio il giorno che gareggia su una pista con caratteristiche molto diverse da quella dei suoi abituali allenamenti.