Basta, mi arrendo. Le notizie sulla farsa dell’antidoping si susseguono con una continuità così stordente che non ce la faccio a stargli dietro. Probabilmente sto già scrivendo di cose vecchie perché stamattina all’alba ce ne sarà stata qualcuna di nuova. Ormai è il tormentone dell’estate. Come ogni tormentone che si rispetti è ripetitivo e, analizzando bene, si scopre che non c’è mai nulla di nuovo. L’ultima è che stanno indagando su positività del 2008 e del 2012, ma siamo, se non ho perso il conto, nel 2016…
Se c’era bisogno di tanto per dimostrare che l’antidoping è inefficiente ed inattendibile ben vengano anche queste notizie imbarazzanti ma penso che non ce ne fosse bisogno e ciò che più mi irrita, al contrario, è che la stampa (che mi tocca dire che è complice di questo sistema fallimentare di controllo dell’abuso di farmaci) riporta le notizie come a testimoniare l’efficienza dei controlli. Questa notizia non starebbe a testimoniare che questi non riescono a vedere nulla perché dopo quattro od otto anni sono ancora lì a tentare di capire cosa cavolo hanno fatto un certo numero di atleti per gareggiare rispettando le regole, ma semplicemente che gli atleti che hanno fatto uso di certi farmaci prima o poi vengono presi, che non credano di farla franca. Il bello è che le regole pure cambiano perché questi atleti hanno avuto fior di assistenza medica per risultare negativi ai controlli di quattro oppure otto anni fa e non hanno fatto certamente conto con gli effetti magici retroattivi dell’antidoping. Siccome l’antidoping non è in grado di capirci nulla su come si dopano gli atleti adesso perché è costantemente in ritardo sulle nuove strategie di ottimizzazione del rendimento con l’ausilio farmacologico, allora è molto più semplice andare a vedere se ci sono dei dopati nelle gare disputate un po’ di anni fa.
Sebastian Coe per conto mio è stato uno splendido atleta, come presidente della IAAF mi pare che fino ad ora fosse stato accettabile, al momento, in questa faccenda dell’antidoping sta perdendo i colpi perché anche lui non ha la forza ed il coraggio di prendere le distanze da una regolamentazione sull’antidoping che riesce a fare di tutto tranne che ad incentivare i medici sportivi ad intervenire meno possibile sugli atleti con mezzi esogeni.
Ho capito che se non si riesce a vedere all’orizzonte un sistema per impedire l’abuso di farmaci bisogna pure tenere in piedi uno straccio di sistema di controllo ma se il sistema attuale, invece di contenere questo abuso, lo esaspera e come risultato riesce ad ottenere solo che vengano bloccati gli atleti che si dopano in modo arcaico oppure che, senza doparsi, risultano positivi a certe sostanze che non sono nemmeno più considerate per migliorare il rendimento agonistico, allora è il caso di ammettere che questo sistema non funziona più, altrimenti caschiamo sul ridicolo e questo ridicolo diventa tragicomico nel momento in cui blocchiamo solo gli atleti che non hanno le informazioni giuste.
A parte che per un ristretto gruppo di eroi che non si sa nemmeno se stanno salvaguardando la loro salute (alcuni medici dicono che sostenere una preparazione sportiva di alto livello senza ausilio farmacologico al giorno d’oggi sia pura follia e sia pericolosissimo, molto più che servendosi di certi farmaci o “integratori” come li chiamano loro) o se la stanno minando, per gli altri la questione antidoping è una mera questione di informazione. Informazione preventiva nel senso che devi sapere quello che puoi prendere per risultare negativo ai controlli antidoping e fin qui dovrebbe essere solo un problema del tuo medico sportivo che se è coscienzioso, preparato ed aggiornato non ti prescriverà mai prodotti che ti procureranno noie con l’antidoping, poi informazione sul problema perché devi sapere come comportarti nella disgrazia che ti trovino positivo. Se ti trovano positivo devi assolutamente stare zitto. Questo in Italia come all’estero. Tutti gli atleti che hanno provato a far luce sul problema sono sempre stati tartassati in modo clamoroso dalla giustizia sportiva. Giustizia sportiva che è talmente giusta che tutela solo sé stessa. Ma qui, e sono stufo di ripeterlo e sembrerò proprio malato di Alzheimer a continuare a scriverlo, l’importante non è dimostrare che l’antidoping funziona ma tutelare la salute degli atleti. Di tutti, quelli positivi e non, che sono comunque esseri umani.