Vorrei fare un confronto fra queste due cose in tre ambiti: nell’ambito dell’attività fisica, in quello dell’istruzione ed in quello dell’assistenza sanitaria.
L’unico ambito dove una eventuale disputa fra sistema della consulenza e sistema dell’imposizione è una disputa schietta e veramente animata da piglio scientifico è proprio l’ambito dell’attività motoria perché lì una eventuale ingerenza politica non riguarda tale questione ma una faccenda a monte. Se gli esperti del movimento si scannano per sostenere un certo metodo di insegnamento e allenamento sono però d’accordo tutti sul fatto che occorrono le strutture sportive, occorrono le condizioni per poter far fare sport o attività motoria in genere a tutta la popolazione, Pertanto il dibattito politico è su come trovare i fondi per queste strutture e per soddisfare l’aspetto organizzativo dell’attività motoria, poi il dibattito tecnico è una questione secondaria dove migliaia di tecnici sostengono il loro punto di vista che ovviamente è sempre l’unico possibile ma lo scenario di fondo è sempre quello: si lotta con carenza di strutture e spazi dappertutto.
Ben diverso è il dibattito politico negli altri due ambiti: l’istruzione e l’assistenza sanitaria.
Sulla scuola il discorso è infinito. Io sono sempre stato convinto che il metodo non impositivo, quello che chiamare “della consulenza” in ambito scolastico pare pura follia, perché in genere a scuola non ci si consulta per niente, si impone e basta, sia in realtà il metodo decisamente più efficace, quello che fa studiare davvero i ragazzi, che produce apprendimento autentico e che fa risparmiare tempo. Ovviamente la rigidità dei programmi ministeriali impedisce che ci si possa tuffare su un metodo così evoluto e così si finisce ancora per recitare la filastrocca a memoria dando la precedenza alla cultura della conservazione su quella della “elaborazione”. Insomma la scuola è costantemente e cronicamente conservatrice e difficilmente si sposta dai suoi metodi. E’ chiaro che qui la questione è anche politica perché una scuola che funziona davvero cambia la società, influisce in modo positivo sul mondo del lavoro e lo fa evolvere perché lo informa invece di esserne informata. Invece di studiare l’azienda ideale per poi andare a lavorare in quella che di ideale non ha proprio nulla, si studia come fare per far partire da zero l’azienda ideale senza dare nuove energie a quelle che funzionano secondo i criteri del secolo scorso e sono anacronistiche.
Insomma una scuola così è davvero rivoluzionaria e certamente non tutti la vogliono perché rischia di modificare in modo traumatico la società. Il motto “largo ai giovani” è sbandierato più o meno da tutti i politici ma non è messo in pratica da nessuno e non puoi farlo se non punti su una scuola che la finisca di subire ed inizi ad essere più incisiva sulla società.
Il terzo ambito è ancora più complesso ed è quello che è tanto di moda adesso ed è motivo di discussione su tutte le televisioni. Il confronto fra consulenza ed imposizione in ambito sanitario. Abbiamo sempre pensato al medico come ad una specie di consulente. Un professionista che ti ascolta ed in base ai tuoi problemi ti propone la soluzione che per lui è quella migliore nel tuo caso specifico.
Adesso il vero consulente è diventato la televisione che ti propone una pluralità di soluzioni a tutte le ore ed in modo insistente, ma il rapporto di consulenza con il medico rischia di venire meno perché in certi ambiti proprio non può più esistere consulenza. Qui la questione è delicatissima e, altro che politica, è proprio ideologica. Io mi auguro, ma è un augurio da cittadino che di sanità non ci capisce nulla, che si possa ripristinare quel ruolo di medico generico-consulente del paziente che instaurando un rapporto di fiducia procura anche un beneficio psicologico nel paziente che molto spesso è turbato anche nella sfera psichica da tante patologie. Mi auguro che i medici di base possano tornare ad avere carta bianca e a poter consigliare in tutta libertà, senza pressioni di alcun tipo, qual’ è la miglior terapia per il proprio paziente. Soprattutto mi auguro che questo ruolo non sia più esercitato dalla televisione perché, come ritengo che in una nazione civile non deva passare la pubblicità dei farmaci come se fossero merendine, ritengo anche che non si possa fare informazione di serie “B” su cose che sono troppo importanti per essere gestite dalla televisione, sia essa di stato (ancor più grave) o anche privata (meno grave in linea teorica ma non meno dannosa dal punto di vista pratico).