Le corse su strada, in Italia, hanno iniziato a dilagare attorno ai primi anni ’70 in corrispondenza delle famose misure adottate per l’austery che per risparmiare carburante (il caro petrolio) avevano previsto che gli italiani dovessero davvero andare a piedi alla domenica e non per finta come si fa adesso quando organizzano i blocchi del traffico che bloccano si e no il 30% degli automobilisti.
In quel periodo sono cresciute come funghi in tutte le città ed in tutti i paesi corse che erano essenzialmente “non competitive” ma anche se le chiamavano “marce” erano a tutti gli effetti delle corse dove in poco tempo si scoprirono molti atleti in grado di correre senza problemi a 3’20” per chilometro. Centinaia di quegli atleti in tutta Italia (da tre-quattro ad anche dieci-quindici per ogni “non competitiva”) e non solo pochi eletti come purtroppo accade adesso. Questi si mettevano alla testa della corsa non competitiva e facevano una vera e propria gara con molti altri atleti in grado di correre a quel ritmo. Non c’erano numeri di pettorale ne distanze misurate bene e tanto meno cardio frequenzimetri per misurare la stramaledetta “soglia”. Semplicemente gente che correva forte e bene e dietro a questi migliaia di corridori di tutti i tipi dove almeno un centinaio, in ogni città che si rispetti, era in grado di correre a 4′ al km, i famosi 15 chilometri all’ora che adesso sembrano diventati la soglia dell’eccellenza.
Rispetto ad allora sono cambiate molte cose, alcune buone altre meno buone.
La “non competitiva” dove si corre è praticamente sparita. Le corse non competitive esistono ancora ed alcune sono arrivate quasi alla cinquantesima edizione ma se anche qualcuno corricchia in quelle che continuano a chiamare “marce” (ormai hanno quasi ragione) è quasi impossibile vedere qualcuno che si metta a correre a 3’20” per chilometro o addirittura a 3’10” (accadeva anche quello) su quei percorsi perché lo pigliano per matto, per uno che ha sbagliato indirizzo e non doveva andare lì a correre.
Per contro esistono delle gare su strada misurate anche sul territorio nazionale (non solo a New York) dove si corre essenzialmente la Maratona, lunga ben 42195 metri oppure la “Mezza maratona” lunga solo 21097 metri e dove invece di esserci qualche centinaio di atleti come nelle corse agonistiche di un tempo ce ne sono svariate migliaia come se fossero tutte “Maratone di New York”. Insomma una volta si correva veloce su percorsi non misurati ed in mezzo a tanti veri non competitivi che andavano a tutte le andature, adesso si corre tendenzialmente piano su percorsi molto lunghi (21 o 42 chilometri) ben misurati ed in mezzo a tanti altri personaggi che si definiscono competitivi ma non è che lo siano proprio molto perché ben pochi di loro corrono a meno di 4′ per chilometro e, per dire, di italiani che corrono a meno di 3’20” per chilometro sulla distanza intera della maratona in certe città non ce n’è nemmeno uno quando un tempo in un paesotto tipo Cesano Boscone alle porte di Milano eri capace di vedere circa trenta atleti che passavano alla mezza su parziali da 2h15″ sulla maratona e se pochi ci riuscivano poco conta perché voleva comunque dire che trenta atleti avevano corso a 3’15” per oltre 20 chilometri.
L’aspetto negativo di questa cosa è che non si trova più in giro gente in grado di correre a 3’20” per chilometro senza fare sta gran fatica, l’aspetto positivo della questione è che ormai non si vergogna più nessuno a mettersi un pettorale di gara anche se non riesce a correre una distanza lunga a meno di 6 minuti al chilometro. E questa per conto mio è una bella cosa e non deve essere considerata con altezzosità perché l’attività motoria deve essere a diposizione di tutti e se uno ha l’ambizione di far girare il cronometro anche se corre a più di sei minuti al chilometro è giusto che venga rispettata anche questa sua stravaganza. Qualcuno dirà che a sei primi per chilometro si può tranquillamente mettersi in allenamento senza mettersi il pettorale di gara alla domenica ma visto che la mezza maratona e la maratona sono anche un fatto sociale oltre che una questione di sport penso che sia giusto garantire il cronometraggio a tutti anche se mi viene il sospetto che dietro a questa moda ci sia comunque un business visto che questo cronometraggio viene fatto pagare un po’ troppo in quote di iscrizione che considerano come qualsiasi gara deva essere organizzata come quella dove verrà fatto il record del mondo e pertanto si affrontano oneri organizzativi che probabilmente non ha molto senso affrontare per chi corre a sei per chilometro.
Difficile capire perché non ci sia più tanta gente in grado di correre a 3’20” per chilometro senza problemi. Forse è un fatto culturale. La corsa più che come uno sport veramente agonistico viene visto come uno strumento per rimettersi in salute e pertanto se il corridore medio da 3’20” per chilometro un tempo era un soggetto di 20-25 anni che fino a qualche tempo prima aveva giocato a calcio o praticato comunque qualche sport con un certo tipo di impegno, il corridore che adesso esulta se riesce a sfondare il mitico muro dei 4′ per chilometro (mesto ritmo dei “tapascioni” di una volta) è mediamente un quarantenne che per anni non ha praticato sport se non qualche sporadica partita di calcio a 5 fra amici e che riparte dopo un preoccupante periodo di sedentarietà.
Insomma lo sport vero è meno diffuso nel nostro paese, temo che c’entri molto la scuola e a scriverlo dopo mi dicono che sembro un disco rotto ed hanno pure ragione.
Non c’è dubbio che il panorama delle corse su strada sia cambiato, è aumentata l’età media dei partecipanti, corrono tutti, cani e porci ed è giusto così, ci si chiede solo dove siano finiti quegli atleti che facevano dire ai tecnici che l’Italia grazie all’austerity aveva scoperto di essere un popolo di podisti. Forse occorrerebbe un nuovo vero austerity (del resto le condizioni ambientali ed economiche ci sono per richiederlo) applicato con una certa coerenza come nei primi anni ’70 ed allora potremmo pure scoprire che oltre ad essere quel paese dove corrono cani e porci siamo pure un paese dove c’è anche gente sana che sa ancora correre come accadeva 40 anni fa. Non è genetica, è semplicemente un fatto di abitudini motorie. Cerca cerca gli atleti ci sono ancora.