Nello sport ci si domanda se sia più importante stare concentrati o rilassati, in vista dell’impegno agonistico ma anche nella normale attività quotidiana. La risposta, come sempre, non è univoca e bisogna certamente distinguere situazioni diverse.
Per sommi capi, in modo un po’ sorprendente, io dico che lo sportivo di alto livello inserito in un certo circuito è bene che stia rilassato, lo sportivo normale, quello che fa sport senza doverne rendere conto a nessuno, è meglio che stia concentrato. Si potrebbe pensare proprio al contrario.
A pensarci bene le esigenze sono molto diverse e, sempre a pensarci bene, quello che ha più bisogno di restare rilassato perché tende sempre ad essere teso e perfino troppo concentrato sull’obiettivo è proprio l’atleta di alto livello. Questo tipo di atleta, se per caso si distrae un attimo ha tutto un apparato che lo sveglia fuori e lo richiama all’ordine. Non si accorge come d’incanto di essere deconcentrato perché ha tutto un mondo intorno a ricordargli il suo essere sportivo. Al contrario, il vero dilettante, quello che fa sport soprattutto per stare bene e può mettere anche in secondo piano l’obiettivo agonistico, tende ad essere più concentrato sulla sua professione, vera fonte di stress, dove tutti gli chiedono un qualcosa in più e dove, se non sta attento, rischia di andare in sovraccarico con gravi rischi per l’attività sportiva ma soprattutto per l’attività lavorativa stessa dove se l’impegno è di quelli di alta responsabilità sbagliare è vietatissimo molto più che per il campione che al massimo perde una gara. Al paradosso lo sport diventa segnale ancora più importante per il chirurgo che per l’atleta professionista, per il pilota di aereo che non per il calciatore che se sbaglia un rigore ci perde pure tanti soldi.
A questo punto si può anche capire perché è importante che l’atleta dilettante arrivi al campo concentrato più che rilassato, svuotato, demotivato. Se non ha ancora un minimo di carica, un minimo di capacità di tenere una discreta concentrazione anche per l’attività sportiva vuol dire che ha lavorato troppo in un turno di lavoro troppo intenso, pericoloso per il suo equilibrio psicofisico e pure per l’attività che svolge.
Quando dico che se l’attività sportiva è troppo bucolica ed idilliaca purtroppo non esercita davvero la sua importante funzione di distrazione intendo dire che, sì, l’attività sportiva non deve creare nuove ansie come non dovrebbe crearle nemmeno quella degli sportivi di alto livello, ma deve avere la capacità e la possibilità di impegnare davvero la mente, quasi che fosse una seconda professione, per poter far staccare davvero dal lavoro vero. Il professionista che tiene il telefono cellulare acceso per motivi di lavoro durante l’allenamento purtroppo non è in grado di fare sport come si deve e se questa cosa succede spesso vuol dire che è vittima di un’attività con un orario impossibile. Situazione che purtroppo accompagna molti professionisti ma non è umanamente sostenibile. E’ proprio lo sport a dirti che stai conducendo una vita impossibile ed è proprio lo sport quella spia che ti dice che, se non riesci a praticarlo vuol dire che c’è qualcosa che non quadra nella tua professione. Il primo passo sarà quello che ti fa capire che non riesci a praticare sport con la dovuta concentrazione, il secondo sarà quello che per colpa della tua professione ti farà perdere la salute ma non per colpa dello sport quanto per colpa dell’eccesso di lavoro che potrà anche crearti problemi gravi se il tuo è un lavoro con grandi responsabilità.
Dunque l’imperativo è capire come fai sport per capire come vivi e dunque alla fine anche per essere una pedina utile per la società e non una mina vagante.
Siamo spesso portati a pensare che chi trova tempo per fare sport come si deve è un privilegiato, una persona fortunata, che se ne può fregare della sua professione e pertanto un mezzo paraculato. Al contrario chi ci tiene alla propria professione è anche attento a non esagerare e se troppo frequenti paghe da fame possono costringere ad orari di lavoro non razionali non è assolutamente il caso di passarci su, anche se il rischio licenziamento è un incubo sempre più frequente in una società semplicemente folle.
Lo sportivo professionista “deve” stare rilassato, altrimenti rischia di crearsi inutili ansie e di rendere meno a livello agonistico.
Lo sportivo dilettante non è che “deva” restare concentrato sulla sua attività sportiva ma se ci riesce è meglio perché vuol dire che riesce a conciliarla bene con l’attività lavorativa. Un’attività sportiva rilassante che non interessa nulla, senza emozioni e che serve solo per lavorare sempre di più e per arrivare sul posto di lavoro pronti a subirsi un turno insostenibile non è una vera attività sportiva ma solo un giochino funzionale alla società dell’iperproduzione che però, a lungo andare, rischia di non proteggerci per niente la salute.