Siamo nell’era della comunicazione di massa che è decisamente più imprecisa di quella individuale e ne paghiamo le conseguenze. Cosa c’entra con l’attività motoria? C’entra, c’entra…
Io stesso, su questo sito, sarà anche perché maneggio un italiano di serie “B”, ma mi rendo conto che sono molto più efficace nella comunicazione quando mi rapporto con i singoli, con le singole domande, che non quando mi esprimo nei miei panegirici sull’attività fisica in generale.
Anche nei dettagli, quando dico che siamo in un paese che a piste ciclabili è a livello di terzo mondo trovo molti in disaccordo, poi quando mi scrivono singolarmente viene fuori che “non possono andare qui perché non c’è la pista ciclabile e non possono andare là a piedi o di corsa perché devono fare lo slalom fra le auto”. Insomma la situazione generica viene contestata (forse perché brucia ammettere che è un sistema ancora inesorabilmente tarato sull’uso dell’auto) però trattando i singoli casi sono essi stessi ad ammettere che c’è un problema di mobilità senza auto difficile da risolvere.
Le disposizioni dell’ultimo DPCM sono un chiaro esempio di comunicazione di massa un po’ grossolana. Il messaggio è più che trasparente: “Diamoci una calmata perché qui il Covid si sta diffondendo alla grande e bisogna limitare il contagio con tutte le attenzioni possibili”. OK, il messaggio è passato poi però le soluzioni applicative sono di una imprecisione esagerata e non fanno i conti con le varie situazioni specifiche. Ho già scritto che una palestra di 5000 metri cubi presenta delle problematiche decisamente diverse da quelle di una di 500 metri cubi. Chiaro che se in quella da 5000 metri cubi vogliamo farci stare 30 persone andiamo incontro a problemi più gravi di chi pretende di lavorare con 4 persone in 500 metri cubi ma se i soggetti in questione sono 12 o 13 in una palestra da 5000 metri cubi lavorano con le stesse garanzie che possono avere all’aperto, così come è chiaro che se queste 12 o 13 persone lavorano in una palestra da 500 metri cubi possono andare incontro a rischi di contagio anche se tengono costantemente arieggiato il locale. Insomma non si fanno i necessari distinguo perché non c’è tempo per farli, forse non c’è nemmeno la capacità di farli.
Mi pare di aver capito (in questo caos si fa anche fatica a capire le varie interpretazioni) che anche le scuole calcio sono bloccate dappertutto. Queste sono all’aperto. Mi viene il sospetto che quando si tratta di scuole calcio si pensi alla difficoltà di gestire i bambini molto piccoli che si muovono dappertutto e fanno fatica a mantenere il distanziamento sociale. Non ci vuole molto a capire che l’istruttore deve avere i numeri per riuscire a condurre una lezione anche in questo modo. Se non ce la fa deve trovare un collaboratore che lo aiuti. Se ci sono dei bambini che su questa cosa non ci sentono e proprio non imparano è giusto anche convocare i genitori e dire che il bambino non riesce ad attenersi alle nuove regole. Non è giusto bloccare tutto il gruppo perché ci sono due o tre tontoloni che non hanno imparato che bisogna comportarsi in un certo modo. E’ chiaro che si creano delle situazioni imbarazzanti ma cancellarle con un colpo di spugna dicendo “Tutte le scuole calcio bloccate” non è il miglior modo per risolverle. E’ il classico esempio di comunicazione di massa che deve fare i conti con situazioni individuali specifiche.
Viviamo indubbiamente in un’epoca di comunicazione di massa. E’ l’epoca nella quale per dire una cosa ad uno invece di telefonargli gliela scrivi su un gruppo che riguarda 40 persone. Di quelle 40 una buona parte capiscono una cosa che non c’entra nulla di quello che tu dovevi dire a Tizio o Caio e così si genera il caos. Ci siamo illusi che la comunicazione verso tutti sia più efficace ed invece è semplicemente più imprecisa. Tutti credono di sapere tutto di tutti ed invece non sanno nulla perché la comunicazione è di un’inefficacia disarmante. Noi stessi facciamo fatica a conoscerci perché siamo in preda a questo disorientamento collettivo. L’unica cosa sicura è ciò che compriamo perché quello è ciò che chi comanda l’informazione vuole sapere ma noi non ci riconosciamo tanto in ciò che compriamo, o meglio alla fine rischia di essere così, ma avremmo pretese ben superiori…