“L’idea di una riforma della scuola che parta dagli studenti in Italia è semplicemente utopistica e praticamente impossibile, penso che nemmeno con un colpo di stato sarebbe possibile una cosa del genere ed anzi una riforma che parta dalle vere esigenze dei giovani verrebbe davvero presa come un colpo di stato, sedato forse pure con i manganelli… Siamo in un paese di vecchi e non a caso molti giovani scappano all’estero, l’idea che l’informazione possa essere ristrutturata grazie ad un nuovo modo di intendere la scuola più autentico ed efficace non sta in piedi perché questo sistema si fonda proprio sulla scuola dell’obbedienza che produce menti pronte all’integrazione sociale, chi prova a reagire è un disadattato e non ha spazio in questo paese. Non credo che lo sport possa avere questo potere catartico di aprire gli occhi ed anzi vedo lo sport sempre più bistrattato e relegato a spettacolo televisivo, passatempo di chi in realtà non ha troppa voglia di praticare sport. Forse si tratta solo di essere pessimisti oppure ottimisti certo che se andiamo a guardare le tendenze attuali c’è poco da essere ottimisti, non ci sono all’orizzonte idee di innovazione e, ciò che è più grave, non si sente nemmeno un grande desiderio di innovazione. L’esigenza più importante al momento sembra quello di uno smartphone che funziona bene e sempre connesso. Non è importante ragionare, è importante essere connessi ed allora la prospettiva è di connessioni sempre più veloci ed efficienti…”
In effetti ci sono anche gli elementi per dichiararsi pessimisti. Io sono un inguaribile ottimista e penso che un ragazzo che passa oltre 30 ore la settimana in un’ istituzione che giustamente nel nostro paese viene ritenuta praticamente sacra riesca anche a meditare su cosa accade in quelle 30 ore a prescindere dai lavaggi del cervello ai quali viene sottoposto ed alla sempre migliore efficienza delle connessioni che probabilmente sono la vera disgrazia del nostro tempo.
In effetti è proprio vero, siamo connessi sempre meglio ma stiamo perdendo la capacità di capire cosa davvero ci serve esser connessi e cosa dobbiamo a riuscire a rielaborare con grande lucidità senza nessuna necessità di essere connessi. Forse il giochino sta proprio nel capire che c’è una vita che passa anche fuori dalla connessione che probabilmente è ancora più importante di quella che scorre, fortemente controllata, in tutti i momenti nei quali siamo splendidamente connessi.