“Ho letto con curiosità il decalogo sulla corsa. Capisco che sei controcorrente ma, con riferimento a quanto scritto dai tecnici sulle riviste specializzate più diffuse, si può proprio dire che non ne hai azzeccata una.
In particolare:
E’ ormai assodato che affrontare certe preparazioni molto consistenti in volume senza alcuna integrazione alimentare sia piuttosto pericoloso. Tu consigli di affidarsi al fruttivendolo e non al farmacista. Sei proprio sicuro che il fruttivendolo possa risolvere tutti i problemi di chi si allena veramente tanto?
Sconsigli l’uso del cardiofrequenzimetro ed ogni tentativo di pianificare la preparazione. Come si fa a progredire senza razionalizzare la preparazione?
Consigli le corse di velocità su distanze brevi anche a chi ha superato una certa età ma è innegabile che, almeno a livello muscolare, affrontare le corse di velocità ad una certa età è pericoloso.
Con riguardo ai miglioramenti conseguenti all’evoluzione della tecnica di corsa scopri l’acqua calda. Tutti sono d’accordo che sia importante migliorare la tecnica di corsa, il problema è che nessuno da indicazioni operative per agire in tal senso.”
Seguono altre considerazioni relative alla scarsa pubblicizzazione del sito.
Parto subito dal fondo. Non ho i mezzi finanziari per pubblicizzare il mio sito e se li avessi pubblicizzerei soprattutto l’attività motoria per tutti più che quella di alto livello. In ogni caso mi fa piacere trattare anche di argomenti che riguardano l’attività motoria a 360° e dunque anche quella un po’ “sofisticata”.
Sulle altre cose prendo atto di essere un po’ “eccentrico”, confesso che per me non è una novità ma non per questo voglio astenermi da un tentativo di replica agli importanti argomenti trattati in questo commento.
Io ho consigliato il fruttivendolo per gli atleti “normali”, non per i professionisti. Non considero normale un atleta che si allena due volte al giorno, anche se non è un professionista. Ti do ragione sul fatto che allenarsi due volte al giorno senza integrazione alimentare può essere pericoloso.
Io stesso ho compiuto quell’errore in gioventù sopravvalutando le mie doti di recupero ed ho finito per infortunarmi.
Quando ti alleni due volte al giorno è facile esagerare con i carichi di allenamento, è quasi la norma. A quel punto o si provano tutte le strade al limite del lecito per tentare di sostenere quei carichi oppure l’alternativa è molto semplice: si è costretti a ridurre il carico totale di allenamento.
L’idea di insistere sulla tecnica di corsa è un’idea un po’ arcaica per tentare di contenere il volume di allenamento. Agire sulla tecnica di corsa è molto sovraccaricante ma, proprio per questo, non implica l’adozione di grandi volumi di carico. Si cerca la qualità più che la quantità.
Al giorno d’oggi sono privilegiati gli aspetti quantitativi della preparazione ed in questo senso vengono raccomandati pianificazione, monitoraggio di aspetti fisiologici (per esempio cardiofrequenzimetro o anche misurazione del lattato durante la seduta di allenamento) ed integrazione alimentare per migliorare il recupero.
E’ purtroppo vero che in tema di tecnica di corsa siamo rimasti fermi a circa 40 anni fa e si fatica ancora a distinguere fra corsa funzionale per le prove di velocità e corsa funzionale per le prove di resistenza. E’ molto difficile trovare atleti che sanno adattare la tecnica di corsa al tipo di distanza che vanno ad affrontare. Non a caso fra i corridori più funzionali troviamo ancora i Keniani come se la genetica fosse decisiva per determinare chi sa correre bene. Però Franco Arese era bianco, correva molto bene e non penso che sapesse correre così bene fin da bambino. Ma faceva parte di un’altra epoca. Poco più tardi i russi nella velocità si inventarono Borzov altro atleta che è difficile pensare che corresse così solo per doti genetiche. I tedeschi est prepararono Marita Koch e dire che era solo questione di doping vuol dire non aver capito niente. Il doping ai giorni nostri è molto più evoluto di quello di 30 o 40 anni fa: è proprio la tecnica di allenamento che è scaduta perché ha dato sempre più importanza esclusivamente agli aspetti condizionali e quantitativi della preparazione.
Non sono d’accordo che la corsa veloce sia pericolosa muscolarmente. E’ pericolosa se uno non è preparato ma allora, senza preparazione adeguata, è ancora più pericolosa la corsa sulle lunghe distanze.
Comunque, in tema di sensibilità sulla corsa qualcosa si sta muovendo e possiamo almeno dire che ci stiamo allontanando da quel terribile: “L’allenamento più faticoso è quello più utile!” che aleggiava nei campi sportivi di mezza Italia solo pochi decenni fa.
Un certo dibattito scientifico esiste ancora e anche se bisogna ammettere che l’1’46” sugli 800 di Rudolf Harbig di settantacinque anni fa è semplicemente imbarazzante per la maggior parte dei mezzofondisti contemporanei, possiamo non disperare. In fin dei conti siamo stati noi a subire la motorizzazione di massa e non la generazione di Rudolf Harbig e, al momento, stiamo sopravvivendo.