Commento a “Problema individuale e gioco di squadra”

“Tutti abbiamo un problema individuale, chi è povero perché è povero, chi ha troppi soldi perché non sa più cosa fare per difenderli, in questi problemi purtroppo, anche quando ci associamo, tendiamo a metterci in “bande” e così non facciamo un vero gioco di squadra, o meglio, facciamo una sorta di gioco di squadra che però non impara dallo sport perché siamo propensi a “sterminare” la squadra avversaria più che a batterla nel rispetto delle regole del gioco e considerando la sua sopravvivenza.

In sintesi la guerra finta dello sport che considera sempre il bene del gioco complessivo nella vita vera non esiste, c’è sempre una guerra vera dove delle sorti del nemico non ce ne frega proprio niente e questo è il limite della società attuale che dallo sport impara gran poco. Purtroppo non è lo sport ad informare la politica ma la politica che informa lo sport e così anche nello sport si assiste ad uno sport sempre più “guerra” dove vincere è la cosa più importante. In questo senso è data la precedenza allo sport di alto livello perchè la salute della popolazione che pratica sport in massa è poco considerata. Un singolo stato “vince” di più se gli atleti di alto livello vincono molte medaglie che non se tutti i cittadini praticano sport fregandosene delle medaglie.

Una società dove vince lo sport per tutti forse è più pronta ad accettare la lezione autentica dello sport, una società dove l’immagine dello sport è delegata solo ai campioni che vincono le medaglie tende a privilegiare sempre l’aspetto della vittoria a tutti i costi più che quello della partecipazione al gioco veramente collettivo e non di parte…”

Sembra utopistico pensare che una società civile ed evoluta deva prendere a modello lo spirito sportivo per funzionare meglio però la distinzione fra “bande” e “squadre” non è un dettaglio da poco e nello sport appunto ci sono le squadre dove la squadra più grande è il movimento sportivo nel suo complesso e così, alle Olimpiadi, alla fine festeggiano tutti, vincenti e perdenti, di tutte le squadre. Nella vita vera non è così, il perdente non festeggia un bel nulla e questa è la grande grana di ogni sistema politico da quello comunista a quello consumista.

Impensabile che potessero essere felici i cittadini di stati dove solo uscire dal territorio nazionale era un problema insormontabile, impensabile che possano essere felici gli ultimi del sistema capitalista che ormai non ha più nessun rispetto per la dignità umana e tollera come normale effetto collaterale la presenza di masse di indigenti che non sanno assolutamente come fare per sopravvivere. Un vero gioco di squadra prevede che tutti possano vivere decorosamente e non la creazione di bande dove chi è nella banda dei vincenti sta bene e chi è nella banda dei perdenti soccombe.

Forse il concetto è proprio questo: la consapevolezza che siamo un’unica squadra e non più “bande”. Pensiamo all’urgente questione dell’ecologia dove ogni paese fa a modo suo e chi è più in difficoltà dovrebbe essere aiutato invece di essere preso a modello per non affrontare la questione dicendo che non siamo pronti. Ci siamo divisi in bande anche su questioni sulle quali pareva implicito che il problema fosse una lotta comune, e così nella questione vaccini invece di affrontare in armonia la questione mettendo chi era in grado di vaccinarsi nella condizione di poterlo fare e aiutando chi non poteva vaccinarsi ad affrontare il problema nel migliore dei modi, ci siamo divisi in vaccinisti e non vaccinisti come se fossero due bande dove una deve convincere l’altra che deve assolutamente prevalere per il bene comune. Il problema non era più il Covid ma per i vaccinisti dimostrare che tutti si dovevano vaccinare e per i non vaccinisti dimostrare che erano tutti soldi buttati via ed una gigantesca presa in giro. Ognuno può pensarla come vuole ma non può “sterminare” la squadra avversaria perché bisogna a tutti i costi prevalere sull’avversario. Chi vuole vaccinarsi deve rispettare chi non può e non vuole vaccinarsi e chi non vuole vaccinarsi potrà fare tutte le considerazioni che vuole ma non può costringere chi crede nel vaccino a cambiare idea a tutti i costi. Eravamo arrivati veramente al punto delle bande dove chi era vaccinato sosteneva che i non vaccinati erano pericolosi e voleva che fossero segregati in casa e chi non si vaccinava diceva che i veri diffusori del virus erano proprio i vaccinati che ce l’avevano senza saperlo e insomma si guardava il vaccinato come se fosse un untore. Lo spirito di squadra è un altro e ti dice che ognuno concorre alla causa secondo le sue possibilità e pertanto non si possono pretendere cose impossibili da chi per mille motivi non si può spostare da una certa posizione.

I principi dello sport, alla fine, anche se intrisi di un sano agonismo, portano sempre alla mediazione e alla comprensione dell’avversario e il punto cardine della questione è che mentre con riferimento alla singola questione l’avversario va proprio sopravanzato, con riferimento alla questione “globale” dello sport intero la sopravvivenza dell’avversario è fondamentale per far proseguire lo sport. Un campionato di calcio dove resta una squadra sola dura una sola stagione perché la stagione successiva non si può più disputare, questo è il concetto. Mi auguro che l’intera squadra dello sport abbia sempre più peso nella società civile e riesca ad informarla non nel senso dell’abnegazione per sconfiggere l’avversario ma nell’esaltazione dello stesso per far trionfare lo sport. L’avversario sterminato non è solo cristianamente intollerabile ma non serve proprio a nessuno.