“La questione dei banchi di scuola non è semplice come la vedi tu. Probabilmente occorrono proprio dei banchi nuovi per razionalizzare gli spazi, visto che non si possono costruire migliaia di scuole nuove in un amen ci si prova con i banchi.
Il conflitto fra banco e palestra è atavico e si potrebbe dire che nella scuola italiana il problema non si pone nemmeno: vince sempre il banco senza ombra di dubbio. Non molto tempo fa abbiamo avuto un ministro che ha provato a mettere mano al problema dei compiti. Se n’è più saputo niente? Pensi che quel ministro (che non a caso era un insegnante di educazione fisica) sarebbe durato molto se non cadeva il governo come provvidenzialmente è successo per il suo scomodo mandato?
La scuola italiana è quella che si sta sul banco punto e basta, che milioni di ragazzi si rimbecilliscano sul telefonino fino a piegarsi la colonna vertebrale non è una questione molto importante. Del resto basta vedere con che zaini vanno a scuola per capire quanto vengano rispettate quelle normali regole di buon senso che dovrebbero informare una scuola razionale. E’ un fatto culturale, la scuola non modifica sé stessa, i ragazzi non hanno nessuna possibilità di cambiarla e non vogliono assolutamente creare conflitti con adulti che vengono gratificati dai buoni voti e non dalle contestazioni. Probabilmente il problema è proprio degli adulti, di quegli adulti che contestano il mondo del lavoro ma non capiscono che le premesse a questo tipo di mondo del lavoro nascono proprio a scuola.
Il problema dell’attività fisica è la punta dell’iceberg, caratterizza molto la scuola italiana ma probabilmente non è uno dei problemi più importanti della stessa. Speriamo che i nuovi banchi siano decisivi per un cambiamento epocale…”
Io aggiungo solo che il problema della cultura dell’attività fisica non si sente solo a scuola e non a caso nell’articolo in questione ho premesso che un’altra notizia bomba era quella di pochi chilometri di vernice messi sui marciapiedi e sulla carreggiata di alcune vie della mia città perché c’è un disperato bisogno di dare spazio ai ciclisti. Penso che queste cose dovessero essere fatte d’urgenza tre o quattro mesi fa quando si sapeva già dell’esistenza del problema e che adesso si dovrebbe essere già entrati in una fase di attuazione delle vere piste ciclabili che si erano rivelate necessarie ben prima dell’apparizione del Covid. Purtroppo siamo nell’ottica che il ciclista da fastidio perché rallenta il traffico, così come l’attività sportiva a scuola porta via tempo ai programmi di altre materie. Lamentarsi perché esiste una cultura dell’educazione fisica impostata più sull’aspetto estetico che sullo sviluppo delle abilità motorie è proprio un atteggiamento pretestuoso e fuori dalla realtà.