“…ad un certo punto dell’articolo affermi che secondo te è la politica ad informare lo sport e non viceversa. A sostegno di ciò citi il modello sovietico che è certamente stato un esempio di propaganda politica tramite lo sport. Poi, però, per certi versi ti contraddici quando scrivi che il mondo occidentale ha accettato la sfida ed anche per questo si è arrivati ad un’esasperazione della medicalizzazione dello sport. Se così è allora caschi in contraddizione perché nei paesi occidentali lo sport, nel bene e nel male ha avuto una sua autonomia che l’ha svincolato da logiche politiche….”.
L’osservazione non fa una piega ed è facile cascare in contraddizione trattando questi temi. In effetti delle due l’una. O lo sport è fortemente politicizzato (e direi che nel sistema sovietico non ci siano dubbi che sia stato così…) oppure non lo è e pertanto è incontrollabile e può succedere anche che nel mondo occidentale ci sia una corsa incontrollata al doping che alla fine produce risultati metodologici sovrapponibili a quelli applicati ai tempi dell’Unione Sovietica. Nel primo caso ciò avviene per motivi politici, per propaganda politica, nel secondo caso la stessa cosa avviene proprio per mancanza di un controllo politico sullo sport.
Ora io, arrampicandomi sugli specchi per tentare di salvare la mia teoria che non sta in piedi, potrei azzardare l’ipotesi che in realtà la politica nel mondo occidentale abbia fatto semplicemente finta di perdere il controllo dello sport di alto livello ma che tale atteggiamento non sia stato per nulla casuale e si sia rivelato una scelta, anche se non deliberata e programmata, per certi versi simile a quella della ex-Unione Sovietica. Questa anche se molto fantasiosa non è una visione del tutto improbabile di ciò che è accaduto nei paesi capitalisti solo che, mentre la motivazione nei paesi del blocco sovietico era di natura squisitamente politica, nei paesi occidentali tale comportamento è stata una sorta di “non ingerenza” politica sullo sport. Senza immaginare cose tanto complicate si può facilmente intuire che questa non ingerenza sia stata dettata dalla necessità di non turbare interessi economici di portata gigantesca che hanno via via investito lo sport in tutto il mondo. In breve si è assistito nel corso degli anni ad una progressiva “occidentalizzazione” del doping sistematico nello sport di alto livello (che adesso si chiama con termine politically correct “assistenza medica”…) che, nato per esigenze politiche nei primi anni ’60 nei paesi del blocco sovietico, si è poi diffuso per motivi di mercato in tutti gli altri paesi. La politica che ha lanciato il doping in grande stile nei paesi dell’Est non è riuscita a frenarlo in quelli dell’Ovest dove comandava (e comanda tutt’ora) l’economia di mercato ed il sistema politico deve necessariamente fare i con i grandi potentati economici.
Insomma a mio parere (ma qui ovviamente ognuno dice la sua) con una specie di “disarmo unilaterale” sarebbe stato possibile liberare lo sport dalla logica del doping, purtroppo quella scelta andava fatta qualche decennio fa e avrebbe potuto essere anche una scelta vincente. Adesso il sistema sovietico ha fatto scuola in tutto il mondo e tutto lo sport lo ha adottato con le dovute migliorie e gli accorgimenti opportuni.
La nuova sfida dello sport non presenta più una contrapposizione fra modello occidentale e modello comunista che nell’alto livello funzionano nello stesso identico modo ma una contrapposizione fra sport di vertice e sport di base che sono distanti anni luce per filosofia e dinamiche sociali. Con una mia visione un po’ perversa io definisco lo sport di alto livello come lo sport “inquinato” dove con quell’orribile aggettivo “inquinato” intendo non solo l’eccesso di medicalizzazione ma tutta quella serie di fenomeni che ci girano attorno legati ad una consistenza di flussi finanziari che lo caratterizzano che sono semplicemente disorientanti. Uno sport dove una sconfitta o una vittoria possono fare una differenza di centinaia di milioni di dollari non può certamente essere trasparente e se quell’aggettivo “inquinato” è forse troppo crudele bisogna almeno ammettere che non è molto “ecologico”.
Lo sport veramente ecologico non può che restare quello di base, quello per gli esclusi dal grande circo che non muovono danaro in base ai loro risultati ma solo in base al loro stato di salute andando a gravare meno pesantemente sui bilanci sanitari dei vari stati. Forse la politica ha proprio interesse ad entrare nella gestione di quel tipo di sport perché può migliorare il livello di salute medio dell’intera popolazione. Questo potrebbe essere un tipo di ingerenza molto positivo della politica sullo sport. Ovviamente secondo un certo punto di vista.