“Sono parzialmente d’accordo con quanto osservato sull’articolo “Le sensazioni nell’attività fisica” nel senso che ritengo importante che l’attività fisica amatoriale sia considerata come e anche più di quella professionistica ma è proprio per quello che sono diffidente nei confronti del sensazionalismo “crudo” e un po’ ignorante che aleggia attorno ad alcuni fatti dello sport amatoriale.
Tu, giustamente, rilevi che lo sport professionistico si regge sul sensazionalismo indirizzato verso lo spettatore (essenzialmente “telespettatore”) e alimentato ad arte dai giornalisti ma poi proponi un sensazionalismo ancora più forte che invada lo sport dilettantistico anche se scrivi di sensazioni di movimento che non è la stessa cosa. Rischi di riproporre l’atteggiamento disincantato ma un po’ ignorante dello spettatore anche sulla sua attività sportiva ed è quello che sta avvenendo ora quando il dilettante vede il professionista che corre la maratona in due ore o poco più e sembra che non faccia nemmeno fatica poi va a fare la sua maratona e si stordisce di fatica per correre in 5 ore. A quel punto è inevitabile che lui si ritenga un pirla, anche se eroico (in quanto capace di fare ancora più fatica del professionista…) ma pur sempre un pirla e non un atleta.
Io sono sempre diffidente del sensazionalismo nudo e crudo e dico che se anche il dilettante “giocasse” a fare un po’ il professionista nel senso di riuscire a “utilizzare” le sensazioni invece che subirle nella sua pratica sportiva non sarebbe certamente male e magari pur continuando a correre la maratona in 5 ore o giù di li ci riuscirebbe con minor fatica rendendo il suo sport un po’ meno leggendario ma più salutare ed efficace.”
“… e il naufragar m’è dolce in questo mare…”. Anch’io sostengo come sia importante speculare e ragionare attorno alla propria attività sportiva a qualunque livello sia condotta, praticamente sempre, per renderla più razionale e dunque anche utile per la salute ma rilevo come il lusso di potersi abbandonare alle sensazioni sia un lusso consentito essenzialmente al dilettante che anche se perde un colpo non succede nulla mentre il professionista è condannato a non “abbandonarsi” alle sensazioni per riuscire ad essere più performante possibile.
Nel caso del professionista l’importante è il risultato, nel caso del dilettante penso che siano più importanti le sensazioni visto che un risultato vale l’altro. E’ chiaro che se le sensazioni sono sgradevoli tenterò di non riassaporarle in futuro e di cambiare qualcosa per averne di migliori. Quando scrivo “…e il naufragar m’è dolce in questo mare…” non voglio fare il poeta ma intendo solo dire che il maratoneta da cinque ore tutto sommato non gliene frega niente di fare una fatica bestia quando corre la sua maratona in cinque ore anzi ne è quasi contento, pur non essendo masochista, perché poi quando va in ufficio sente di meno la fatica e capisce che può farcela a reggere in ufficio come ce l’ha fatta a reggere sugli eterni 42 chilometri della maratona.
Il dilettante non riuscirà mai ad avere l’atteggiamento del professionista nei confronti della sua attività sportiva nel senso che per il professionista una virgola di differenza sono tanti soldi in più mentre per il dilettante non cambia nulla. Pertanto è inevitabile che il professionista tenda a risultati sempre migliori a costo di reprimere le sensazioni, non solo quelle negative, mentre il dilettante si diletti a sentire anche la fatica “leggendaria” quella che proprio non serve a niente se non per raccontarla in ufficio pur di dare un senso alla propria pratica sportiva.
E’ vero che la cultura sportiva può migliorare a tutti i livelli se invece di fermarci alla leggenda proviamo a capire cosa succede, sia quando il campione fa l’impresa televisiva sia quando l’atleta amatore affronta gli ultimi chilometri di una gara che non finisce più. Da quel punto di vista sono d’accordo che il telespettatore invece di stordirsi con lo spettacolo televisivo dovrebbe cercare di capire come fare per ridurre le distanza fra il “mostro” che ha visto in televisione e sé stesso e così capirebbe che con la preparazione fisica razionale migliora chiunque, anzi l’atleta che si allena di meno può migliorare ancora di più di quello che si allena molto perché questo secondo è certamente già più vicino ai suoi limiti massimi di prestazione.
Insomma le sensazioni non vanno subite ma utilizzate a tutti i livelli. Il dilettante le usa spesso anche per sentirsi un eroe perché visto che per televisione vede solo che eroi vuole sentirsi un eroe pure lui. E’ per “passione” o per inclinazione personale che poi decidiamo se dare più importanza alle sensazioni nude e crude o se all’aspetto ponderato e razionale. Chiaramente, da un punto di vista razionale, è importantissimo che tutti pratichino sport. Ma allora, da questo punto di vista, lo sport andrebbe completamente rifondato e a quel punto forse resterebbe meno spazio per il “sensazionale” sport televisivo.