Commento a “La rivista Atletica Studi ieri e oggi”

“D’accordissimo sul fatto che la scuola non possa ignorare lo sport e se non ha i mezzi per organizzarlo come minimo deve avere rispetto per la gran mole di lavoro che migliaia e migliaia di volontari si dannano l’anima di portare avanti fra mille difficoltà non da ultimo pure la riforma dello sport che sembra approntata per dar fastidio a questi invece che per aiutarli. Non sono altrettanto d’accordo su un’altra osservazione che permea dal tuo articolo secondo la quale l’eccessiva medicalizzazione dello sport avrebbe impedito e soffocato un’evoluzione delle tecniche di allenamento. Su che basi affermi queste cose?”

“Non ho alcuna base per affermare queste cose, solo sensazioni “epidermiche” prive di dati statistici di riferimento. Pertanto è puramente un parere personale contestabilissimo come tutti i pareri personali.

Io ho la sensazione che negli ultimi decenni non ci sia stata sperimentazione, nel bene e nel male, sulle tecniche di allenamento e ci sia stata invece una grande diffusione di protocolli standardizzati. Se giri per i vari campi di atletica di tutta Italia vedi che più o meno gli atleti si allenano tutti nello stesso modo. Un tempo non era così, c’era più variabilità ed era legata alla fantasia di allenatori che avevano più propensione alla sperimentazione. Probabilmente sbagliavano anche tanto ma almeno ogni tanto qualcosa la scoprivano.

In tema di doping invece c’è stata un’evoluzione colossale. Il doping si è diffuso a macchia d’olio al punto tale che è sorta la necessità di non chiamarlo più doping ma “assistenza medica”. Ai controlli antidoping chi si dopa davvero non ci casca assolutamente più (una volta questa era prerogativa solo degli atleti del blocco sovietico che erano gli unici a fare le cose con un certo tipo di organizzazione e da questo punto di vista ci tocca dire che ci siamo “sovietizzati” tutti…) e vengono presi solo gli sprovveduti che fanno di testa loro.

Questo ovviamente è un argomento tabù e non se ne può parlare ora come non se ne poteva parlare un tempo. In fatto di omertà per conto mio siamo pure peggiorati nel senso che noi un tempo sapevamo più o meno cosa bolliva in pentola. Adesso non sanno assolutamente nulla, c’è un’omertà pazzesca e nei vari processi antidoping se uno osa parlare si piglia il doppio della pena prevista.

Ovviamente anche qui non ci sono dati statistici da poter presentare e pertanto a livello “scientifico” bisognerebbe stare zitti.

Per fortuna in Italia c’è libertà di parola ed ognuno è libero di esprimere il suo parere. Io dico,, e sottolineo all’esasperazione come questo sia un parere personale, che un tempo c’erano molti più tecnici che studiavano sul campo davvero lo sport. Adesso ci sono molti tecnici che si accontentano di applicare protocolli già applicati da altri ma non hanno l’ambizione di provare qualcosa di nuovo, quasi avessero paura a sperimentare. Sempre parere personale, se si fa tutto senza farmaci è più che lecito provare tecniche nuove di allenamento e non dovrebbero esserci questi gran rischi per la salute. Se invece dietro c’è uno staff medico che interviene pure con i farmaci allora mettersi a fare giochini strani con la preparazione forse non è una cosa molto sensata. Se l’atleta non prende farmaci e stai esagerando con la preparazione te ne accorgi subito perché questo va in sovraccarico e sei costretto a cambiare preparazione. Se invece l’atleta si aiuta nei recuperi con i farmaci allora devi essere più prudente perché purtroppo il trattamento farmacologico ha la capacità di mascherare anche i segnali di sovraccarico.

In sintesi, e questo è il mio parere anacronistico di allenatore di altri tempi, è lecito e pure utile fare i pionieri a patto che si rinunci ad ogni trattamento farmacologico di sostegno alla preparazione.