Commento a “Idee per un allenatore non Baby Sitter”

Capisco il concetto di portare lo sport al più vasto numero di persone però non si può passare da un concetto di allenatore individuale, stile Sam Mussabini per Harold Abrahams fantasticamente messi in scena nel film “Momenti di Gloria” o, tanto per stare su cose andate al cinema, gli attori Gian Maria Volontè (allenatore) sul giovane Santo Polimeno (bravo attore che interpreta “Un ragazzo di Calabria”) dove va in scena un altro bel rapporto allenatore-atleta con un allenatore per un solo atleta, a idee utopistiche di un allenatore che riesca a seguire contemporaneamente addirittura 40 o 50 ragazzi e magari pure già specializzati.

Il fatto che ci siano gruppi di ragazzini fin troppo numerosi seguiti da un solo istruttore (chiamiamolo istruttore più che allenatore a quell’età…) dipende proprio dal fatto che a quell’età non sono specializzati e pertanto un colpo fanno tutti il getto del peso, la volta dopo tutti il salto in alto, poi ancora tutti la velocità e così via e pertanto non c’è questo grande affinamento tecnico ma solo la distribuzione di informazioni di carattere generale delle varie discipline. Poi, quando subentra la specializzazione, la faccenda si complica e senza andare sul “babisitteraggio” diventa normale seguire meno ragazzi e non di più anche se i problemi disciplinari non esistono più e dopo i 15-16 anni i ragazzi sono tutti fortemente motivati allo sport altrimenti hanno già smesso perché non vanno più al campo “perché ce li manda la mamma”. Pertanto l’idea di mega gruppi di atleti già abbastanza evoluti e seguiti da un unico tecnico la vedo poco proponibile….”

Si tratta sempre di capire cosa abbiamo in testa. Io dico che trovo scandaloso che un ventenne vada a correre per le strade della sua città sistematicamente ad andature più lente di 5′-5’30” per chilometro come potrebbe fare un quarantenne che ha ripreso lo sport dopo lunghi anni di inattività. Il ventenne, per conto mio, al campo sportivo o dove vuole lui senza creare panico nel traffico cittadino, deve essere in grado, se pratica le lunghe distanze, di correre a 3’30”-3’40” al chilometro come si confà ad un ventenne che pratica sport con un certo impegno. Per far questo non ha bisogno di essere seguito costantemente da un allenatore come se fosse chissà chi ma ha bisogno di preziose indicazioni di un tecnico che siano “un po’ più su” di quelle che molti, troppi giovani pigliano da internet una volta che hanno rotto con lo sport e si gestiscono autonomamente l’attività fisica. Insomma fra allenarsi per andare alle Olimpiadi ed allenarsi per contenere il livello di colesterolo c’è una certa differenza e per conto mio ci sono tante soluzioni intermedie che meritano assolutamente attenzione.

Non abbiamo mezze misure. Abbiamo atleti che si allenano con piglio professionale sempre come se mancasse poco alle Olimpiadi e atleti che è pure difficile definire atleti perché si allenano due volte la settimana o giù di lì e di modificare la preparazione per ottimizzare il rendimento sportivo non ce l’hanno nemmeno per la testa. In effetti se per rendimento sportivo si deve intendere solo una prestazione che ti sconvolga la vita allora capisco che molti non vogliano nemmeno provarci ma se per allenamento sportivo intendiamo allenarsi tutti i giorni senza ammazzarsi di fatica e senza buttare giù porcherie di nessun tipo allora si può dire che due metri di salto in alto si fanno oppure 7 metri di salto in lungo o ancora 10″8 sui 100 metri oppure 1’55” sugli 800. Insomma non è necessario valere lo standard di partecipazione per i giuochi olimpici per aver voglia di allenarsi tutti i giorni e se in tutti quei giorni non c’è la presenza costante dell’allenatore non è certamente un problema, anzi meglio, pure per il giavellottista e per il saltatore con l’asta che pur praticando una disciplina terribilmente tecnica hanno bisogno anche loro di svolgere parte della loro preparazione anche da soli, pure per evolversi di più. L’atleta maturo utilizza al meglio le indicazioni del tecnico ma non ha bisogno della sua presenza costante. Questa è una cosa su cui molti tecnici fanno poco leva, quasi per una sorta di gelosia, come se dovessero dimostrare che l’atleta ha sempre bisogno di loro, non è così e l’atleta che non se ne accorge perde un’ottima occasione per aumentare il bagaglio di esperienze sull’attività motoria. Provare per credere.