“… come al solito sei dissacrante, disfattista e riluttante nei confronti di qualsiasi teoria e metodologia dell’allenamento sportivo. Secondo te è tutto campato in aria ed i protocolli di allenamento universalmente accettati dalla maggior parte delle scuole di pensiero sono bufale insostenibili da smontare con articoli pressoché incomprensibili come il tuo ultimo su analogico e digitale. Da quell’articolo emerge chiaramente solo come per ovvi motivi sia più facile intervenire biochimicamente su un atleta alterando i parametri condizionali della preparazione che non intervenire applicando le neuroscienze delle quali al momento si può tranquillamente dire che sappiamo ancora poco o nulla…”
Sarò anche disfattista ma non pessimista nel senso che ritengo comunque che almeno in quanto tecnico la via da perseguire sia proprio quella dell’addestramento tecnico e, se hai letto bene, ad un certo punto affermo che come tecnici siamo più o meno tutti stufi di attendere ulteriori progressi in tema di medicalizzazione dello sport. Da un certo punto di vista rivendico il diritto dei tecnici a sbagliare perché percorriamo una strada decisamente impervia ma, per quanto impervia, è l’unica che merita di essere battuta per migliorare le prestazioni dell’atleta. Purtroppo è vero che mentre il lavoro dei medici, pur difficile, è comunque più facile da codificare e può dare origine a dei protocolli di intervento quasi sicuramente efficaci, il lavoro dei tecnici è accompagnato da una aleatorietà che non consente di determinare con sufficiente attendibilità dei protocolli di intervento sicuramente vincenti. Sarò anche disfattista ma l’allenatore artista continua ad avere una marcia in più sull’allenatore scienziato ed il fatto che la medicalizzazione dello sport abbia di fatto stritolato il progresso tecnico dei mezzi di allenamento non vuol dire che anche l’allenatore deva mettersi ad allenare con piglio scientifico come se fosse un medico. Al contrario è proprio il caso che ognuno faccia il suo mestiere. Il medico per certi versi è uno scienziato il tecnico sportivo invece proprio non lo è. Io, addirittura, sostengo che il ruolo del medico nello sport dovrebbe essere limitato ad accertare esclusivamente condizioni patologiche perché, a mio parere, quando si tratta di soggetti sani, si tratta solo di evolvere le metodiche di allenamento e non di escogitare nuovi protocolli di supporto farmacologico. Evidentemente sono un po’ fuori dai tempi e per capire il vero andazzo dello sport di alto livello basta guardare la lista degli atleti presi positivi ai controlli antidoping, praticamente sono solo atleti della domenica come a dire che fra i professionisti non si dopa più nessuno. L’evoluzione del doping è stata tale per cui il vero doping non si chiama più nemmeno così. Ormai per doping si intende solo quello di chi per sbaglio piglia medicine che non doveva prendere, l’altro non è doping e se provi a chiamarlo così rischi pure la querela. Non c’è dubbio, negli ultimi vent’anni l’aspetto medico ha preso decisamente il sopravvento, altro che il vetero doping del ventesimo secolo.