La domanda delle domande. Intanto bisogna premettere che per stare bene con lo sport bisogna praticarlo più che vederlo per televisione e per sapere se i campioni che vediamo alla televisione ci fanno bene o no bisogna porsi un’altra domanda.
“Quel campione mi sprona a praticare sport?” Se la risposta è no, purtroppo da un punto di vista sociale non serve quasi a nulla se non alla gratificazione di quei telespettatori che per motivi di varia gravità possono essere solo che telespettatori e non protagonisti dello sport.
Per assurdo può essere più utile un campione che arriva ultimo (un “non campione”…) di un vero campione che vince e magari pure con continuità. Il vero campione ci gratifica, ci fa andar giù la birra con più serenità e per certi versi può renderci più rilassati e adagiati. Il “non campione” rischia di farci andare la birra di traverso (da questo punto di vista, se dobbiamo consumarne poca, ci ha già fatto un discreto favore) e nel momento in cui ci fa arrabbiare e decidere che dobbiamo scendere in campo personalmente perché lui non è all’altezza e ci fa fare brutta figura, ci fa il favore dei favori.
Per cui il campione non ci fa un favore nel momento in cui vince e ci fa andar giù la birra nel migliore dei modi ma ci fa un favore nel momento in cui ci convince che per noi stessi l’importante è il nostro sport e non il suo e probabilmente anche per la nazione perché come influenza positivamente noi influenza anche altri milioni di cittadini. Il campione che fa dire “Bravo, inarrivabile, nessuno può fare come te” non serve a nulla anzi tende a fare danni perché se nessuno può fare come lui, nessuno ci prova.
Lo sport che fa bene, dunque, scoperta dell’acqua calda, è quello praticato più che quello visto per televisione e poi è meglio che abbia anche altre caratteristiche per essere effettivamente salutare.
Per sommi capi per interpretare questa utilità sulla salute dobbiamo valutare quantità e qualità.
Il problema della quantità è un problema serio perché si può tranquillamente dire che se lo sport è troppo poco, che sia o meno di qualità fa comunque non abbastanza bene alla salute. Ci sono dei quantitativi minimi per dire che possa essere utile alla salute sotto i quali si fa fatica a dire che l’utilità dello sport sia davvero significativa.
Purtroppo questi quantitativi minimi sono anche abbastanza più elevati di quello che si possa pensare e, per non spaventare nessuno, diciamo pure che un cittadino qualsiasi potrebbe ritenersi soddisfatto se adoperasse per lo sport anche solo un terzo del tempo che impiega per questo un grande campione. Se facciamo quattro conti vediamo che questo terzo sono circa dodici ore la settimana e allora se facciamo altri quattro conti vediamo che la stragrande maggioranza degli italiani sono ben distanti da questo terzo e non possono permettersi il lusso di spegnere la televisione e dire “Basta adesso vado io a fargli vedere come si fa” perché molto spesso non si allenano nemmeno la decima parte dei grandi campioni.
Ci sono bambini che si devono accontentare di due allenamenti alla settimana da un’ora e mezza più la partita del sabato (pure con il rischio di stare in panchina per buona parte del tempo…) e questo è inaccettabile in una società civile perché un bambino che passa a scuola 30 e più ore la settimana deve assolutamente giocare e/o fare sport almeno 10 ore la settimana. Per quanto riguarda gli adulti la situazione è ancora peggiore. Ventenni che hanno appena iniziato a lavorare e lavorano già più di 50 ore la settimana (a quarant’anni cosa faranno? Vivono in azienda?) e frequentano il campo sportivo sì e no tre-quattro ore la settimana.
Dunque, perché faccia bene, il problema dello sport è essenzialmente la quantità perché il problema della qualità passa in secondo piano. A tre-quattro ore la settimana non fa i miracoli nemmeno il santone dei santoni che rimette in forma anche Lazzaro meglio di quanto abbia fatto Gesù Cristo.
Il problema della qualità è un falso problema, molte volte portato in campo dai sedentari accaniti come scusa per non fare niente (“Non so cosa fare, ho paura di sbagliare…”) perché in realtà la qualità è importante per il rendimento sportivo a livello agonistico più che per la sua utilità in termini di salute.
Al contrario una qualità di allenamento molto elevata non supportata da una discreta quantità può anche essere potenzialmente pericolosa per infortuni da sovraccarico. Bastano discrete qualità per migliorare il rendimento sportivo in modo significativo ma se queste qualità di carico non sono supportate da una buona base possono diventare sovraccaricanti in poco tempo soprattutto se lo sportivo non ha più vent’anni ed è meno elastico nell’incassare carichi di una certa qualità.
La qualità è importante da un punto di vista psicologico per giungere a risultati agonistici abbastanza gratificanti ma deve essere supportata da un discreta quantità di carico per non fare danni. Al contrario la quantità di carico se decorosamente consistente è già sufficiente per garantirci una buona salute fisica ma può non essere sufficiente, se non affiancata ad una buona qualità di carico per renderci abbastanza performanti in modo da avere gratificazioni nell’attività agonistica che aiutano l’aspetto psicologico dell’attività sportiva.
Insomma per stare bene da un punto di vista fisico la strategia non è poi nemmeno molto complessa, si tratta solo di trovare il tempo per farci stare nella giornata una sana preparazione fisica che abbia una buona continuità e anche se i risultati ai quali porta non sono mirabolanti per la forma fisica non è una grande disgrazia. Però vi è sempre da considerare il tessuto sociale nel quale si è inseriti ed allora i condizionamenti sono tali per cui se uno pratica sport a livello agonistico sotto una certa soglia di rendimento rischia di annoiarsi e sentirsi un atleta “scarso” e per assurdo un’attività che fisicamente è l’ottimale può non rivelarsi altrettanto dal punto di vista psicologico. L’atleta può pure essere portato ad esagerare un po’ per raggiungere questi risultati potenzialmente gratificanti e, se non esagera davvero, poco male perché ci sono una serie di segnali fisici ad indicarti quando davvero stai esagerando.
Essenzialmente la corretta e sana attività sportiva è un fatto di organizzazione sociale e per questo dobbiamo ringraziare l’infinità di operatori volontari che a fronte di rimborsi spese risibili o praticamente nulli sostengono lo sport di base in Italia. Il cittadino deve trovare gli equilibri necessari per farci stare questa attività nella giornata piena di impegni di tutti i tipi e chi organizza lo sport deve trovare i sistemi per far sopravvivere lo sport per tutti che quasi sempre è il più bistrattato dagli sponsor che non trovano in questo una grande vetrina ed accorrono a sostenere lo sport di base proprio con un alone di eroismo. Per lo sponsor puntare sul grande campione ha quasi sempre un grande ritorno, puntare sullo sportivo “qualunque” è quasi sempre un investimento a fondo perduto, anche se magari nell’immaginario collettivo “santifica” lo sponsor. Diciamo che, per una serie di miracoli, riesce a sopravvivere anche lo sport che fa bene a tutti i suoi praticanti e che aiuta effettivamente a migliorare la salute del cittadino medio.