A tale domanda molti rispondono dicendo il nome della scuola che hanno frequentato e purtroppo la risposta non è molto corretta nel senso che loro non hanno “fatto” nessuna scuola ma l’hanno solo “frequentata”.
Qualcuno, pensando che la domanda sia posta male risponde pure: “Ho frequentato le scuole Tal dei Tali” ma in realtà, anche se forse in modo involontario la domanda non sarebbe per niente posta male. Se gli studenti italiani invece di frequentare la scuola (e subirla come accade in molti, troppi casi) la “facessero” letteralmente come si usa dire nelle domande “scorrette” la scuola italiana sarebbe decisamente più evoluta, divertente e probabilmente pure molto più utile alla nostra società.
Una scuola entusiasmante dove lo studente è vero protagonista e l’insegnante lo accompagna nel percorso verso nuove acquisizioni (nuove per tutti) non è contemplata dall’ordinamento scolastico italiano e così dire: “Che scuola hai fatto” è proprio porre una domanda scorretta almeno dal punto di vista lessicale. La scuola non la fanno gli studenti e non l’hanno mai fatta, nemmeno quando a colpi di sciopero avevano tentato di modificarla.
Pertanto “Che scuola hai fatto” più che una domanda mal posta potrebbe risultare un augurio lungimirante e rivoluzionario per una gioventù che ha decisamente bisogno di acquistare spazio ed importanza nella società attuale. Il discorso del voto ai sedicenni si inserisce in tale ottica e se qualcuno sostiene che i sedicenni sono troppo immaturi per potersi permettere il lusso di votare allora questa è la più ferma e concreta critica alla scuola italiana che troppo spesso passa informazioni ma non punta a far crescere lo studente.
Lo studente cresce se si pone in atteggiamento critico nei confronti della scuola e della società. Se la subisce e basta fa un ottimo addestramento delle capacità di obbedienza che pure possono essere utili in certi ambiti ma non sono certamente l’unico ingrediente per far evolvere la scuola e la società in genere.