Mi è arrivata qualche critica sull’articolo che ho scritto con riferimento al problema dell’attività fisica dei bambini.
Avevo scritto che la situazione è drammatica, assolutamente non paragonabile a quella quasi idilliaca di 30-40 anni fa e che, tutto sommato, parte di responsabilità è “anche” della scuola che potrebbe esercitare almeno una funzione di controllo sul problema.
Ho scritto che potrebbe esercitare una “funzione di controllo” non che ha i numeri per risolvere il problema. Purtroppo il problema della carenza di movimento dei bambini è un problema grave della società contemporanea che è impensabile immaginare che possa essere risolto dalla scuola e non si può assolutamente pretendere ciò perché non fa certamente parte delle finalità principali dell’istituzione scolastica.
Purtuttavia, nella scuola un minimo di educazione all’attività motoria è previsto. E qui devo essere preciso per non sollevare un vespaio di polemiche ed andare a caccia di ulteriori critiche.
Io ho scritto che la scuola ha la capacità, e lo confermo, di individuare situazioni quasi patologiche di mancanza di movimento. Ha questa capacità perché all’interno dell’istituzione scolastica operano professionisti, siano essi maestri di inglese o di matematica o di italiano oltre che, ovviamente, di educazione motoria, che lavorano costantemente con i bambini e, pertanto, hanno “l’occhio clinico” e la capacità di recepire con grande sensibilità anche problemi dei bambini che vanno al di la dei problemi di apprendimento delle singole materie.
Se un insegnante di inglese percepisce un grave deficit di capacità motorie in un bambino non è tenuto a convocare i genitori, fa questo se quel bambino non impara una parola d’inglese neanche per sbaglio. Ma se questo bambino manifesta problemi di movimento in ogni fase del normalissimo gioco quotidiano anche l’insegnante di inglese potrà come minimo relazionarsi con il responsabile dell’attività motoria per avere un riscontro sulle sue impressioni.
Sto scrivendo cose che non sono previste dai programmi ministeriali con i quali io sono fermamente in disaccordo. Penso che la scuola italiana vada avanti grazie al buon senso e “nonostante” i programmi ministeriali.
Ho citato l’esempio dell’insegnante d’inglese ma poteva benissimo essere quello di religione, di matematica o di italiano, per spiegare una cosa.
I maestri sono anzitutto esperti di bambini e se anche il responsabile dell’attività motoria può riuscire a non individuare alcune situazioni particolari può contare sull’aiuto di altri colleghi che riescono a fotografare bene la situazione anche senza essere presenti durante le ore di attività motoria. In tal senso l’insegnante di attività motoria ha un vantaggio sugli altri. Mentre un deficit in inglese o in matematica è riscontrabile solo direttamente a lezione un problema nel gioco è sotto gli occhi di tutti.
Questa osservazione mi fa dire che il problema è importante ed io affermo, in modo un po’ eccentrico, che “nonostante” i programmi ministeriali la scuola ha delle risorse per frenare queste tendenze.
Il flagello deficit attività motoria può essere contrastato dalla scuola sia in modo diretto che in modo indiretto.
In modo diretto dilatando i tempi di gioco all’interno della scuola. Il rigore assoluto nel rispetto dei tempi della ricreazione non ha nessun senso nella scuola primaria. E occasioni per aumentare il movimento in vari frangenti ce ne sono.
Il modo indiretto è quello “filosoficamente” di maggior impatto sull’istituzione scolastica: si tratta di prendere atto che molti di questi bambini hanno bisogno di molto tempo a casa per recuperare il tempo da dedicare al gioco, tempo che non può e non deve essere sostituito da nessun’ altra attività. In sintesi certi bambini possono anche non permettersi il lusso di avere tempo per i compiti perché devono giocare di più.
E’ chiaro che in queste dinamiche devono essere coinvolti anche i genitori perché se io insegnante do spazio al gioco perché mi rendo conto che questo è necessario e dopo il bambino a casa dedica quel tempo al tablet allora ci stiamo prendendo in giro.
Con riferimento alla soluzione diretta so benissimo come anche la più buona volontà si scontri contro gli spettri della scuola italiana: mancano le strutture e gli spazi per il gioco talvolta sono anche pericolosi. Come non bastasse imperversa in questi anni il partito dei genitori dalla causa facile. Un genitore che fa causa alla scuola perché un bambino si è fatto male giocando durante l’orario di lezione è un flagello più devastante dei programmi ministeriali.
Ma un certo tipo di cultura ci porta a fare i conti addirittura con il genitore miope che evidenzia i deficit di apprendimento di alcune materie di studio ma non si accorge dei problemi di gioco del figlio. Quel genitore vorrà che il bambino faccia più compiti perché deve certamente recuperare il ritardo in quelle materie.
L’attività motoria è un fatto culturale. La scuola ha certamente i numeri per evidenziare e delineare il problema. Con un po’ di coraggio, fantasia e buona volontà ha molte frecce al suo arco anche per migliorare la situazione, chiaramente se sono i genitori a chiedere un tipo di scuola che non pensa minimamente al gioco dei figli allora il problema, oltre che dei bambini, è anche dei genitori.