Con l’ecologia, volente o nolente, nei prossimi anni ci avremo a che fare ed anche se con definizioni tipo “transizione ecologica” stiamo facendo di tutto per procrastinare problemi che ormai sono urgentissimi, anteponendo presunte precedenze di tutela del sistema economico per non rischiare di cambiare regole troppo importanti per il mantenimento di questo sistema, gli eventi naturali ci costringeranno ad agire con rapidità impedendoci di continuare a far finta di niente come stiamo facendo ora.
Mi si domanda cosa c’entra l’attività fisica con un certo tipo di ecologia ed io rispondo con il mio stile da marziano dicendo che è proprio l’attività fisica ad insegnarci come razionalizzare l’impegno per comportarsi in modo ecologico.
Anche nel preparare un’accidenti di disciplina sportiva si può agire in modo ecologico o in modo “antiecologico”.
Faccio un esempio terra terra per essere più “pratico” possibile. Il confronto è fra le molto ecologiche “doti coordinative” e le poco ecologiche doti di forza che sono tanto di moda nel nostro mondo dell’iperproduzione. Nella vita comune ci stiamo ingolfando di beni inutili, di merci che inquinano il pianeta perché si consuma per il gusto di consumare ma non per la necessità di consumare e così siamo nell’insostenibile trionfo dell’inutile che deve alimentare l’iperproduzione. Tutto ciò per sostenere l’unico sistema economico che conosciamo attualmente che è quello capitalista chiaramente fallimentare ma sostenuto praticamente da tutti gli eserciti grazie al più inutile e folle dei prodotti dell’uomo che sono le armi.
Ebbene le doti di forza assomigliano un po’ a quelle armi che adoperiamo per tenere certi equilibri sociali. Le doti di forza costano un’infinità, non sono precise e pertanto nemmeno efficaci come quelle coordinative e… inquinano. Perché inquinano? Perché per elevare le doti di forza noi dobbiamo cambiare proprio la nostra struttura rinunciando ad investire tempo per renderla più efficiente e meglio funzionante. Inquinano nel senso che cambiano il panorama del nostro fisico portando modificazioni che sono molto più importanti e per certi versi “devastanti” di quelle portate dall’incremento delle capacità coordinative. L’atleta che insiste molto sulle doti di forza cambia completamente sé stesso, è soggetto ad infortuni da sovraccarico funzionale e sarà costretto per sempre a fare i conti con le modificazioni strutturali innescate e subite per raggiungere quel costoso traguardo.
Lo sport ci insegna, pur divertendoci, ad avere un obiettivo razionale ed a scegliere le strategie più convenienti per raggiungere questo obiettivo con il minimo sforzo e con il minimo dispendio di mezzi. Se nello sport facciamo delle esercitazioni faticose ed impegnative “tanto per fare” vuol dire che non abbiamo le idee molto chiare perché l’obiettivo non è la fatica fine a sé stessa ma la costruzione di un progetto sportivo.
Questa cosa manca un pochino all’attività fisica moderna che a volte perde di vista gli obiettivi sensati e razionali un po’ come la società moderna. Insomma come si consuma tanto per consumare e non con un preciso obiettivo si indugia con attività fisica mirata all’incremento delle doti condizionali tanto per fare un po’ di fatica senza nessun obiettivo sportivo razionale. In tal modo ciò che è il vero obiettivo dello sport che è quello di miscelare bene i vari interventi per giungere al gesto sportivo complesso di alta qualità viene completamente trascurato e si perde una grande occasione per capire come funziona davvero l’attività fisica.
Il trasferimento sul modello sociale è fin troppo facile. Si consuma perché questa è la società dell’iperproduzione e va avanti così da secoli (diciamo pure che dalla rivoluzione industriale non si è più fermata) ma l’obiettivo di una società migliore che faccia i conti con una massimizzazione dei beni prodotti e ponga un freno allo spreco non esiste.
Esempio stupido ma calzante, negli stati dove si producono automobili ci sono incentivi per aumentare la vendita e la sostituzione delle vetture, in quelli dove non vengono prodotte gli incentivi ci sono per “non” acquistare vetture nuove e quindi evitare la rottamazione dei vecchi prodotti. La rottamazione che è lo spauracchio da evitare per produrre nuovi rifiuti è ciò che viene incentivato laddove il vero obiettivo non è l’ecologia ma il mantenimento dell’iperproduzione.
La forza richiesta allo sportivo moderno non è quella che si produce in palestra, con fantomatici sovraccarichi che quasi mai hanno azione diretta sull’incremento delle prestazioni sportive di attività caratterizzate da gesti complessi, ma un tipo diverso di forza. E’ la forza di praticare sport anche se il modello sociale spinge all’iperproduzione e disincentiva l’attività motoria che ostacola questo modello. Un altista da due metri e dieci che sa che probabilmente non vincerà mai le Olimpiadi (bisogna essere in grado di saltare almeno 2.35 per provarci…) deve trovare la forza per praticare il suo sport che può richiedergli anche 10-15 ore di costante pratica settimanale ed è ben diversa da quella “forza” che si può sviluppare in palestra magari anche in sole 5-6 ore di preparazione senza nessun obiettivo se non quello di essere funzionale al sistema della “mancanza di tempo libero”.
Insomma nella nostra società, con equilibri ecologici tendenti allo zero, è tollerato sviluppare la forza in palestra senza nessun obiettivo perché in quel modo non si sottrae “forza” all’assetto sociale. Se invece uno se ne strafrega della forza, perché vuole fare sport davvero e allora delicati equilibri neuro muscolari necessitano di tempi ben superiori all’insulso sviluppo della forza nuda e cruda, questo viene visto come un atteggiamento rivoluzionario anche se da un punto di vista “ecologico” ha più senso.
Il vero sportivo non è un buon consumatore, pratica davvero sport con obiettivi veri e non finti anche se non è nel carrozzone dello sport spettacolo e non è un’ottima pedina per la società antiecologica che ci fa lavorare troppo per produrre sempre di più.