A volte, nelle mie fantasie mirabolanti, immagino una task force di diecimila insegnanti di educazione fisica, a disposizione gratuitamente per la cittadinanza, per diffondere la cultura dell’attività fisica e riuscire a migliorare la salute dei cittadini italiani.
Niente di più fantastico e di più insensato. Basterebbe molto meno, basterebbe spegnere la televisione. Non ha senso spendere soldi per diffondere un certo tipo di cultura (e diecimila insegnanti “gratis” per i cittadini allo stato potrebbero costare anche mezzo miliardo l’anno, pertanto alla fine non sarebbero per niente gratis e costerebbero circa 10 euro per ogni italiano…) se fai funzionare un qualcosa che questo tipo di cultura si occupa costantemente di reprimerla, quale la televisione appunto.
Spegnere la televisione ovviamente non si può e a questo sistema economico costerebbe molto di più. Costerebbe la sopravvivenza. E’ un sistema che sopravvive sulla pubblicità e dunque per questa la televisione è ancora un pilastro fondamentale.
Lo sappiamo tutti che è un sistema che non funziona ma ce lo teniamo stretto perché è l’unico che conosciamo. E’ quel sistema per cui se viene fuori che si può usare il gasolio per autotrazione fino al 2035 che è una cosa semplicemente scandalosa, visto che al 2035 mancano 12 lunghissimi anni, la tendenza è a spostare questa data un po’ più in là invece di scendere nelle piazze a contestare per questa ennesima presa in giro che vede costantemente la nostra salute barattata per gli interessi delle multinazionali.
Così il dibattito si sposta su auto elettrica o auto a motore termico sapendo benissimo che il problema non è quello perché l’auto non ce la possiamo più permettere se non a pedali e che vada ai venti chilometri all’ora, magari aiutata da una piccola batteria ben più compatta di quelle gigantesche che vogliono proporci per pubblicizzare l’auto del futuro che proprio non esiste perché il futuro non può certamente essere per l’auto privata ma per il mezzo pubblico o, al più, per la bicicletta privata.
Non c’è cultura fisica perché sono ancora più importanti le cose delle persone. Fin tanto che le cose sono stramaledettamente importanti per raggiungere la felicità è importante lavorare con il paraocchi per produrre più cose e per produrre la ricchezza necessaria ad acaparrarci quelle cose.
Consumiamo di più, dunque produciamo di più, dunque lavoriamo di più e tempo per accorgerci che gli squilibri sociali scatenati da questa società sono inaccettabili e patologici non ce n’è. La cultura della solidarietà esiste solo a parole ma non nei fatti, ancora nel terzo millennio esiste gente che non ce la fa a combattere la fame mentre c’è altra gente che si ammazza di cibo e poi spende soldi in farmaci e diete per ovviare a questo grave problema di salute. A volte viene da pensare che la cultura delle cose e del cibo spazzatura faccia pure comodo all’industria farmaceutica, una delle poche industrie che non conosce crisi e non ha nemmeno bisogno di incentivi pubblici per tirare avanti come invece serve ad altre industrie che inquinano in modo incredibile e sono pure finanziate dagli stati. Anche l’industria farmaceutica inquina in modo drammatico, ma grazie alla sua politica di “tutti malati” (e per certi versi è vero e oltre che malati siamo pure intossicati da un uso eccessivo di farmaci…) riesce a vivere di luce propria.
Petrolio e farmaci sono la punta dell’iceberg di un sistema che non funziona. Di petrolio proprio non dovremmo consumarne più ed invece sono qui a dirci che il gasolio, che è il carburante a più alto contenuto di petrolio, ci sarà almeno fino al 2035, quanto ai farmaci ne consumiamo circa cinque volte di più di quelli che dovremmo consumare per stare bene e nessuno insiste su questa osservazione fondamentale per la nostra salute.
La televisione è lì a dirci che è folle pensare di dare un “improvviso” stop alla produzione di auto alimentate a gasolio solo nel 2035 e quanto ai farmaci, la confezione da diecimila pastiglie è molto conveniente anche se alla terza pastiglia dovresti già pensare a bere molta acqua per smaltire gli effetti tossici di quelle tre che hai dovuto prendere per un malessere che molte volte è dovuto all’inquinamento (e pertanto al fatto che bruciamo troppo petrolio).
La task force di diecimila insegnanti pronti a buttarci giù dal divano non serve proprio a nulla. Il gesto necessario è quello di azionare il tasto di spegnimento della TV sul telecomando senza nemmeno sollevare il culo dal divano, poi viene tutto da sé perché da quel momento ricominci a pensare.
Perché fondamentalmente l’uomo che pensa si muove e comincia a vedere le cose attorno in modo diverso. Forse allora in quel modo ci si accorge che c’è più bisogno di solidarietà che di cose e la vera solidarietà non è fare in modo che gli operai che lavorano in industrie obsolete possano continuare indefessamente a lavorare per produrre cose inutili ma fare in modo che tutti possano trovare lavoro in ‘professioni socialmente utili. La delocalizzazione delle industrie è una bufala pazzesca. Serve a chi muove i capitali per continuare a ricavare profitti macroscopici ma non serve ai cittadini. I cittadini hanno bisogno di lavorare su nuove cose che servono a riequilibrare il pianeta non a lasciarlo nelle mani di quattro cialtroni che pensano solo al danaro. E’ cultura della solidarietà contro cultura delle cose, a quel punto non c’è bisogno di nessun insegnante di educazione fisica che vada in giro a spiegare che ci stiamo ammazzando di lavoro trascurando delle esigenze primarie quali quella dell’attività fisica.