Ho letto con piacere il racconto della studentessa Elettra Solignani intitolato “Con i mattoni” che ha vinto il premio Campiello 2018. E’ una storia di anoressia che si evolve in una presa di coscienza che fa sperare in un lieto fine. E’ un racconto che può interessare a tutti perché se è vero che l’anoressia è la punta di un iceberg che mostra il suo lato più drammatico, sotto, questo iceberg ha una base enorme e coinvolge un numero strepitoso di italiani. Tantissimi italiani hanno un rapporto pessimo con il cibo, praticamente maniacale e questo pessimo rapporto è tenuto in piedi da due business colossali che sono quello della vendita del cibo spazzatura e quello delle diete, business interconnessi e che si autoalimentano in un rapporto di collaborazione assolutamente vincente.
Il motore di tutto ciò è la pubblicità, soprattutto televisiva, occulta e non. Con la pubblicità da un lato si presenta il cibo spazzatura come fonte di felicità e dall’altro invece si va a dire che la vera felicità è tornare del proprio peso ideale, quello che si aveva prima di mettersi a mangiare il cibo spazzatura, anzi, a scanso di equivoci si testimonia che la felicità è un po’ sotto a quel peso così siamo sicuri che quasi tutti abboccano, anche quelli che autentici problemi di peso non ne hanno.
In breve si crea un rapporto con il cibo patologico perché se senza diete si mangiava stancamente quel cibo spazzatura ma stancamente e senza entusiasmo proprio solo perché ce lo dice la pubblicità appunto, poi, una volta cascati nel vortice delle diete, quel cibo spazzatura diventa una cosa fantastica, l’unica cosa per cui vivere.
Io dico che se certa attività motoria venisse demonizzata così come viene demonizzato un certo tipo di cibo potremmo essere la nazione che ha più talenti di atleti di tutto il mondo e dove tutti, anche il più sfigato dei soggetti, hanno capacità di movimento invidiabili e sono in grado di fornire prestazioni sportive che negli altri paesi se le sognano. Purtroppo il business c’è per il cibo spazzatura e non per l’attività fisica per la salute. Esiste un business anche sull’attività fisica ma non è su quella per la salute e così si perde un’ottima occasione per scrollarsi di dosso la problematica del cibo spazzatura. Anzi pare che il business dell’attività fisica di moda sia fatto proprio per non scalfire il business delle diete, quasi quasi sembra che vada pure ad alimentarlo.
Il modello è “Mangia un sacco di porcherie (magari davanti alla televisione) che diventi felice, poi mettiti a dieta e vai in palestra”. Io come insegnante di educazione fisica intervengo solo su quest’ultimo punto e ammetto che sui primi due punti le multinazionali hanno già fatto un lavoro colossale, la gente mangia da cani e poi si mette a dieta, su questo non c’è niente da fare perché queste sono le indicazioni della società dei consumi: devi consumare per raggiungere la felicità e poi devi consumare di nuovo al contrario per raggiungere nuovamente quella felicità che era stata indicata in una certa direzione ma invece si trova nell’altra.
Su questo terzo punto posso intervenire anche in modo soft, quasi confermando il dettato televisivo ma aggiungendo solo un insidioso dettaglio: “Va pure in palestra ma vacci a piedi”. E questa è la cosa fondamentale, perché prima ancora che di palestra abbiamo bisogno di muoverci senza prenderci in giro. A nulla valgono due o quattro ore di palestra la settimana se nel resto delle 168 ore settimanali siamo praticamente sempre fermi perché bloccati nelle nostre attività sedentarie e non troviamo nemmeno il tempo per spostarci a piedi fra un’attività sedentaria e l’altra. Per cui, prima regola: in palestra vacci a piedi. A quel punto, come per incanto, potresti scoprire che della palestra ne hai meno bisogno di quanto pensassi perché hai scoperto che sai ancora camminare su buoni tratti senza fare disastri ed insomma potresti anche avere bisogno dei consigli di un buon tecnico per altra attività fisica ma per fortuna non hai bisogno di un personal trainer di tipo classico che ti segua costantemente come un malato perché ad ogni movimento sei pronto per fare un disastro.
Io dico sempre che in realtà il consiglio principale è quello di spegnere la televisione. E’ sempre in televisione che oltre ad indicarti il cibo sbagliato e la dieta sbagliata ti indicano pure il modo sbagliato di accostarti all’attività fisica. Per accostarsi all’attività fisica nel modo corretto è semplicemente sufficiente spegnere la tv ed uscire di casa, meglio con l ‘ombrello se piove. Non è nemmeno necessario mettersi in tuta, quelle sono tutte cose che vengono dopo in un secondo momento quando uno ha riscoperto il gusto di muoversi con le proprie gambe più che con il telecomando. E’ chiaro che questo messaggio corretto non può provenire dalla televisione perché farebbe un danno a sé stessa. Così come è chiaro che nelle palestre (la maggior parte di quelle insistenti sul nostro territorio sono private) non possono dirti che l’abc del movimento è usare meno la macchina perché altrimenti la gente rischia di andare meno in palestra o, almeno di andarci solo quando strettamente necessario.
Come insegnanti di educazione fisica, se vogliamo riacquistare credibilità, dobbiamo staccarci dal business degli integratori dietetici che sono una furibonda panzana messa su dal mercato per farci un sacco di soldi e dobbiamo pure avere il coraggio di rispedire la gente a camminare e ad andare in bicicletta per le vie della propria città. Poi dobbiamo avere il coraggio di metterci a fare davvero il nostro mestiere con competenza dando indicazioni precise a chi ha sviluppato carenze gravi in tema di movimento ed ha davvero bisogno di un percorso riabilitativo per riprendere a muoversi come una persona normale. La promessa della taglia in meno dobbiamo lasciarla alle televisioni perché il nostro compito è di tentare di salvare il cittadino (anche senza dargli la felicità) e non di tenerlo invischiato nelle logiche del mercato.