Bisogna far funzionare il buon senso. Sulla questione bullismo spero di riuscire a togliermi di dosso l’etichetta di contestatore cronico della scuola.
Io critico molto la scuola perché ne ho un profondo rispetto. Sono uno dei pochi ad insistere sul concetto di scuola come luogo educativo più che come “distributore di cultura”, così come ritengo che anche lo sport deva essere caricato di questa responsabilità oltre che dell’importante ruolo di tutela della salute.
Più che criticare la scuola critico la società nel senso che in una mia scala ideale dei “distributori” di educazione vedo al primo posto i genitori, al secondo posto la scuola in una posizione talmente importante che può arrivare addirittura ad essere concorrenziale in senso buono nei confronti dei genitori. Una scuola che educa davvero i ragazzi può anche creare un potenziale conflitto fra loro ed i genitori nel senso che la scuola punta sempre a far crescere il ragazzo mentre una famiglia troppo protettiva a volte può anche soffocare senza volerlo il processo di maturazione dell’adolescente. Uno studente che cresce e porta discussione all’interno della famiglia è uno studente vivo. Un ragazzo che resta un eterno bambino e porta i suoi capricci a scuola è un fantoccio senza valori, quello che può trasformarsi in un bullo.
Nella mia utopistica scala dei valori al terzo posto poi c’è la società sportiva, altra importante portatrice di valori educativi, e questi tre elementi da podio devono comunque essere infiltrati dalla dottrina di un credo religioso, sia quella cattolica, sia un’ altra o sia anche una forma di ateismo che non è mai conclamato in nessun ateo ma è un sistema di indagine introspettiva, che può avere più o meno successo, ma è comunque animato da nobili intenti.
Molto distante da tutto ciò ci possono pure stare la televisione e ciò che in inglese si definiscono i “social” e che io in italiano chiamo in modo un po’ più complesso “sistemi di controllo dell’informazione di massa”.
La realtà è un po’ diversa: televisione e “social” la fanno da padroni. Molto più dietro arrivano i genitori che arrancano a tentare di dare un educazione che troppo spesso è demolita dai social, ancora ben più dietro arriva la scuola in un ruolo che a volte diventa quasi marginale e alla fine, ma proprio alla fine, arriva la società sportiva che di frequente non esiste nemmeno e che comunque si è deciso che è quel luogo dove si vanno a scatenare i bassi istinti e non certamente a completare il processo educativo e formativo del giovane. Il tutto non passato al vaglio di un credo religioso che non è di moda e quando esiste pone addirittura in crisi il giovane perché lo mette in posizione di soggetto eccentrico ed animato da strani ideali.
Io direi che bisogna far funzionare il buon senso e dunque bisogna dare alla scuola la giusta importanza che deve avere, altro che televisione e social. Sono decisamente d’accordo sul fatto che a scuola il comportamento rispettoso del ragazzo nei confronti degli insegnanti sia fondamentale e se un ragazzo non ha capito questo deve essere sanzionato fino a farlo allontanare dalla scuola. Su ciò non si può essere morbidi. L’espulsione per motivi disciplinari è una cosa sacrosanta anche nello sport e a nulla vale che il ragazzo quanto a preparazione sia un mezzo Einstein. Il campione se commette un fallo da espulsione va fuori anche se è un campione, senza attenuanti.
Penso che questi siano ragionamenti razionalmente condivisibili poi io sono un estremista dell’educazione e mi spingo anche un po’ più in la, arrivando a dire che il ragazzo molto educato andrebbe aiutato anche se è un po’ asino per premiare il suo atteggiamento.
La prepotenza va sempre condannata e in tema di meritocrazia il merito più grosso deve essere considerato quello di riuscire a rendere l’ambiente scuola un ambiente sereno e vivibile. E’ ovvio che in un ottica del genere anche lo studente ha dei diritti e per esempio ha il diritto, se si comporta bene a scuola, ad essere rispettato anche nella sua pratica sportiva che deve essere riconosciuta e non ignorata o ostacolata dalla scuola.
Tale diritto deve essere di tutti gli studenti e non solo dei più performanti o dei più acculturati. Un ragazzo educato anche se ha difficoltà nell’apprendimento delle materie deve essere tutelato nella sua pratica sportiva e se manifesta insani propositi di abbandono deve essere incentivato a continuare invece di essere spronato a mollare tutto perché “Con il rendimento scolastico che hai non ti puoi permettere il lusso di perdere tempo in altre cose…”.
La violenza dei bulli è volgare, sotto gli occhi di tutti e va repressa energicamente senza esitazioni. La pressione della scuola può essere più subdola, nascosta e non devono essere necessari degli psicologi per scoprirla. Ovviamente è compito anche degli insegnanti fare in modo che l’ambiente scolastico sia un ambiente sereno dove c’è il miglior clima per apprendere, possibilmente senza una competizione che deve essere fisiologicamente confinata nei campi sportivi. La vera meritocrazia deve tener conto soprattutto dei valori educativi più che della capacità di trattenere informazioni, capacità che dovrà essere decisamente registrata e riformata nel mondo del lavoro.