Il modello attuale di assistenza per l’attività motoria è un modello gestito esclusivamente dai privati. Questo modello ha delle valenze non trascurabili e deve essere incentivato nel suo divenire. Purtroppo non è assolutamente accettabile, in un paese evoluto, che questo modello non sia affiancato da un altro sistema di assistenza, magari meno sofisticato ma più capillare.
I privati non riescono a garantire la copertura dell’intera popolazione e senza parlare di “statalizzazione” del servizio, parolaccia che fa inorridire gli economisti, si può tranquillamente dire che è semplicemente scandaloso il pressapochismo con il quale le istituzioni lasciano in balia del mercato il primo anello della catena della salute dei cittadini.
Concretamente: il modello attuale è sempre a pagamento, raggiunge solo una certa fetta di popolazione e non considera assolutamente le evenienze della parte di popolazione esclusa. E’ un modello di qualità impostato sul criterio dell’assistenza diretta e continua dell’utente, almeno fin tanto che questo paga. Inutile dirlo, un modello del genere è molto costoso e dispendioso in termini di tempo dedicato dai tecnici ai singoli clienti.
Un modello più capillarizzato dovrebbe prevedere l’intero coinvolgimento della popolazione e pertanto non potrebbe certamente ricalcare lo stile del modello privato. Da un tipo di assistenza diretta bisognerebbe passare ad un’assistenza interattiva con il cittadino.
Mentre nel modello attuale il cittadino da degli indirizzi e, sulla base di questi, viene assistito continuamente e con molta pignoleria, in un modello “statalizzato” (e sottolineo “statalizzato” fra virgolette…) dovrebbe avvenire esattamente il contrario: il professionista da delle direttive e poi il cittadino si arrangia nelle applicazioni pratiche sbizzarendosi con la sua fantasia.
Mentre nel modello attuale il tecnico segue qualche decina di clienti e li segue per molte ore all’anno, in un modello pubblico ben più capillarizzato un singolo tecnico dovrebbe seguire almeno un migliaio di cittadini e non potrebbe certamente seguirli per più di qualche ora l’anno. Si passerebbe da un concetto di assistenza diretta ad un concetto di consulenza. E’ chiaro che per diffondere un modello simile è necessario un salto di qualità culturale da parte della popolazione. Impensabile far funzionare un sistema simile se si resta ancorati ad un’ idea di tecnico che definisce anche i dettagli di ogni preparazione fisica. Ed anche per questo è assolutamente necessario che venga continuamente incentivato anche il sistema di gestione privata dell’assistenza tecnica all’attività motoria.
La “statalizzazione” (chiamiamola impropriamente così solo per intenderci) è necessaria per razionalizzare i costi dell’assistenza sanitaria. Se si vuole raggiungere una fetta sempre più ampia di popolazione bisogna assolutamente escogitare delle forme sociali di assistenza per l’attività motoria che possano essere fruite gratuitamente anche da parte di chi non può sostenere i costi del sistema privato. Non siamo allenati a formare operatori che possano espletare agevolmente un servizio simile per il semplice motivo che il tecnico di attività motoria attualmente è inteso come persona che segue un numero esiguo di soggetti ma non c’è dubbio che chi segue con professionalità in modo continuo alcune decine di clienti è anche in grado di riuscire ad essere certamente efficace seguendo molte più persone in modo meno continuo. Cambia il modus operandi, che richiede decisamente più collaborazione da parte dell’utente, ma non cambia la professionalità del tecnico che si trova comunque ad operare con problematiche sovrapponibili a quelle del tradizionale tecnico di palestra.
Probabilmente, ripeto, il grosso salto di qualità culturale deve avvenire nella popolazione che non può più ragionare in termini di “Io mi muovo solo quando ho delle indicazioni ben precise” ma deve piuttosto collaborare fattivamente nella selezione delle strategie applicative più opportune per le varie situazioni.
I costi di un’operazione del genere potrebbero apparire colossali ma sono certamente inferiori ai minori costi di assistenza sanitaria che si concretizzerebbero nel giro di qualche anno se un sistema capillare di questo genere cominciasse a funzionare.
Stiamo trattando di un modello “ideale” che come tale non ha nessuna base nella realtà attuale. Come sempre la distanza fra ideale e reale è notevole. La prima cosa, più che mettere le mani al portafoglio, che di questi tempi è vuoto, è cominciare a ragionare in termini di informazione e, per dire una fesseria, già migliorare la qualità delle informazioni trasmesse dai cartelli dei percorsi della salute sarebbe una gran cosa. Nel XXI secolo siamo pronti per qualcosa in più del cartello con l’omino che indica l’esercizio ed il numero di ripetizioni ottimale. Anche lì, per non traumatizzare la popolazione non togliamo quei cartelli ma lasciamo che si deteriorino e basta. Poi, quando saranno da sostituire, sarà opportuno inventarsi qualcosa di più efficace invece che l’esercizio ed il numero di ripetizioni da svolgere. Altrimenti continueremo ad educare i cittadini a chiedere che esercizio e quante volte quando invece il problema è un po’ più vasto.