Mi si dice che ho trattato con astio l’argomento dei test sulle frequenze cardiache massimali e chi in fondo sono giuochi innocenti, come c’è chi gioca con le slot machine c’è pure chi gioca con i test sulla frequenza cardiaca.
A parte che non sono convinto che sia così perché c’è pure gente che ci crede ed è capace di prendere paura se i propri riscontri non sono conformi ai dettati delle varie formule il mio astio deriva dal fatto che per colpa di questi giochini sta passando di moda l’idea di ascoltare l’allievo per arrivare a formulare la miglior preparazione possibile per lo stesso. Siccome c’è un cardiofrequenzimetro che rileva con una certa precisione la frequenza cardiaca, siccome ci sono delle indicazioni scientifiche o “pseudo scientifiche” che ci dicono con una certa precisione quali sono i parametri da rispettare allora non è più necessario ascoltare l’allievo perché ciò che sente lui probabilmente saranno sensazioni poco attendibili magari descritte male e certamente “inquinate” dal vissuto emotivo dell’atleta che può alterare la propria capacità percettiva in base allo stato d’animo.
Insomma quello che dice l’allievo non conta più niente, contano i numeri dati dal cardiofrequenzimetro ed è a questo che non mi rassegno e questo che contesto violentemente in nome di una deontologia professionale che non può essere svilita da quattro idiozie fin troppo ben pubblicizzate. Nel mondo della pubblicità non conta che una cosa sia vera o meno, che sia utile o inutile, l’importante è che sia ben pubblicizzata e non c’è dubbio che attorno alla problematica delle frequenze cardiache negli ultimi decenni c’è stato un battage pubblicitario veramente stordente.
Io insisto sul fatto che ascoltare bene l’allievo sia molto più importante che monitorarlo a livello cardiologico a meno che non sia un paziente cardiopatico. Ma se è così probabilmente non sarà uno sportivo agonista e sarà in possesso di tutte le indicazioni fornite dal suo medico curante per svolgere l’attività fisica che fa al caso suo.
Alla fine è una battaglia fra numeri e parole, dove con i numeri pensiamo di scavalcare la complessità del dialogo allenatore-atleta, ma questa è utopia o meglio è realtà dei supermercati dell’attività fisica che non brillano certamente per qualità del supporto tecnico.