Il concetto di “Smarketing” affrontato sull’articolo precedente ha destato un po’ di curiosità. E in effetti l’importante è destare curiosità, non fare chiarezza perché della chiarezza non gliene frega niente a nessuno. Allora il concetto di Smarketing sarebbe da arresto perché è il classico tentativo maldestro di complicazione di un concetto semplice. Lo “Smarketing” non è altro che l’insieme dei comportamenti difensivi messi in atto dai cittadini per difendersi dalle insidie del mercato.
Trattando del business cibo-diete è abbastanza facile da capire. Ormai in tema di cibo-diete siamo arrivati ad un’evoluzione tale per la quale abbiamo capito che abbiamo bisogno di non metterci a dieta. Se l’inizio del danno l’ha fatto il cibo spazzatura il vero danno lo hanno fatto le diete che ci hanno permesso di continuare un rapporto perverso con il cibo spazzatura. Senza le diete probabilmente avremmo bocciato subito il cibo spazzatura e le multinazionali produttrici di cibo spazzatura sarebbero fallite. Per quello si sono inventati le diete, per continuare a vendere molto cibo spazzatura.
Un sistema per misurare la qualità di una dieta è misurare la quantità di cibo spazzatura che ci fa buttare giù uno o due anni dopo che è finita. Una dieta che ci interrompe il rapporto con il cibo spazzatura è una dieta vincente ma una dieta che quando è finita ci lancia di nuovo verso il consumo di grandi quantità di cibo spazzatura è perdente e la bilancia ve lo confermerà certamente. Dopo uno o due anni dalla fine della dieta il peso è superiore a quello di prima dell’inizio della dieta: questa è la dimostrazione che la dieta non ha prodotto nessun effetto benefico, anzi ci ha lanciato ancora con maggior vigore verso le insidie del cibo spazzatura per i sogni tranquilli di chi lo produce. L’alternativa è la dieta cronica (finisco una dieta ne inizio subito un’altra…) che è un supplizio universale che ci altera per sempre il rapporto con il cibo oppure, appunto, non fare nessuna dieta e smettere semplicemente di mangiare cibo spazzatura, ma quella non è una cosa di moda perché danneggia il mercato.
La “demercatizzazione” in tema di attività motoria è molto più complessa e difficile da capire. Qui c’è una distanza abissale fra ciò di cui ha bisogno il cittadino e ciò che propone il mercato. Il cittadino ha bisogno di muoversi e di non spendere soldi perché in tempi di crisi economica è già tanto trovare i soldi per comprarsi da mangiare (anche se la rinuncia al cibo spazzatura può farci risparmiare un tot.). Il mercato invece ti propone attività motorie che spesso non soddisfano le esigenze del cittadino e soprattutto costano pure soldi. Facile scappare da quelle proposte o, come minimo, cascarci dentro solo a fasi alterne non riuscendo a dare al nostro fisico la quantità di attività fisica della quale ha effettivamente bisogno.
Accade che ci sia un abisso fra le indicazioni date dal medico (“vada a camminare…”) e le proposte del mercato che, mediate dalla moda, spesso non c’entrano nulla con le reali esigenze del cittadino. Insomma se il medico dice “Vada a camminare” il cittadino finisce spesso per iscriversi al corso di “Cin ciun flex sbang extension” che non sa assolutamente cosa sia ma in palestra gli hanno proposto quello e qualcosa deve pur fare. C’ è un vuoto terribile fra la proposta del medico e l’offerta della palestra. Noi dobbiamo rispondere a questa domanda posta da circa 30 milioni di cittadini italiani che sono stufi di non essere indirizzati da persone che possano davvero consigliarci in tema di attività motoria senza venderci niente.
Il medico non può andare oltre alla sommaria indicazione “vada a camminare” perché non è un esperto di attività motoria e semmai, conscio di quello che accade sul mercato, può solo aprirci gli occhi dicendoci: “Non si faccia prendere in giro da qualche palestra alla moda…”.
Il mercato non sa cosa farsene di un cittadino che deve camminare perché non è economicamente conveniente per chi tratta l’attività motoria da privato. E’ evidente che se trattiamo di salute l’attività motoria è un fatto pubblico come l’acqua che scorre dai rubinetti (anche se c’era qualcuno che aveva pensato di privatizzare pure quella…) e non un fatto del mercato che deve sempre pensare a venderti qualcosa.
La “demercatizzazione” dell’attività motoria è quell’insieme di iniziative messe in atto dalle istituzioni per fare in modo che l’attività motoria necessaria ai cittadini sia gratis e facilmente fruibile per tutti. Ne vedete molte voi di queste iniziative in giro? No, perché la demercatizzazione dell’attività fisica praticamente non esiste ed è per quello che a Scienze Motorie dovrebbero istituire dei corsi di “Smarketing”. Lo “Smarketing non è altro che l’insieme dei comportamenti posti in essere dal cittadino per difendersi dalle insidìe del Marketing. Forse un corso solo non è sufficiente.
Comunque, senza voler fare concorrenza ai medici che purtroppo non hanno nemmeno tempo per questo cose, quando un medico vi dice “Andate a camminare” e non sapete dove sbattere la testa, scrivetemi pure, non ho niente da vendere, mi occupo di cammino e posso darvi consigli. E’ chiaro che non vi seguirò come un vero “Personal Trainer” che segue l’allievo ad ogni piè sospinto a ‘mo di baby sitter, ma questa è l’ennesima aberrazione del mercato.