ANCORA SU FEDE E SPORT

“Tiri il sasso e togli la mano, hai affermato che ci può essere collegamento fra fede e sport ma non spieghi perché, sbilanciati…”.

In effetti, non che sia in grado di spiegare perché può esservi collegamento fra sport e fede ma vale la pena almeno provare a scriverne, con tutta l’umiltà che impone un argomento del genere, quella che non ho quando tratto di attività motoria.

Penso che affrontare con molto coinvolgimento lo sport porti ad un grande lavoro introspettivo. Lo sportivo attento deve conoscere molto bene se stesso altrimenti i suoi risultati sono frutto del caso e non di una preparazione ben calibrata.

Non penso che la pratica sportiva possa orientare verso una religione piuttosto che verso un’altra, anzi penso che da questo punto di vista porti a considerare come valide più opzioni. Lo sportivo conosce la varietà del mondo e non si ferma alla sua situazione locale. Dove sono convinto che lo sport possa esercitare la sua azione dissuasiva penso che sia a monte, nell’atto di interessarsi o meno al problema religioso. Tutti ci poniamo di fronte al problema religioso, qualsiasi sia la nostra religione di provenienza. Gli atei probabilmente affrontano questo problema ancora con più insistenza dei non atei. Gli atei sono generalmente persone dotate di elevato spirito critico e proprio per questo non si rassegnano ad una valutazione sommaria del problema.

Lo sport porta a sbagliare, senza errore non c’è nemmeno apprendimento e pertanto non c’è evoluzione nella carriera sportiva. Lo sportivo è costantemente a contatto con l’errore. Da questo punto di vista lo sportivo tende a diventare un tollerante, ammette l’errore e lo considera come situazione normale in tutte le gesta umane. Evidentemente si pone contro il fanatismo religioso e apprezzerà tutto ciò che nella religione spinge verso la tolleranza, il rispetto degli altri, il perdono.

Può essere che questa continua convivenza con l’errore porti anche a dei dubbi, pure sulla fede, nel modo di pensare dello sportivo ma questi dubbi penso che investano di più una posizione radicata sull’ateismo che non verso l’appartenenza ad un certo credo. Ripeto, la spinta verso un ‘altra religione che si può scoprire semplicemente viaggiando non è da ritenersi improbabile, quella che invece mi pare meno probabile è la spinta ad un ateismo convinto e cronico.

Mi spiego e su questa cosa so di esporre il fianco a molte critiche. L’ho esposto per molto meno, vale la pena di correre il rischio. Lo sportivo, oltre che con l’errore è costantemente a contatto con una progettualità. Per quanto sia giocosa, serena e scanzonata la sua attività è praticamente sempre a contatto con una progettualità. Non si fa sport con lo stesso spirito con il quale si entra in una sala da gioco per non dire che a volte ha una sua progettualità pure il folle che si gioca lo stipendio alle macchinette mangiasoldi.

La progettualità dello sportivo è una progettualità sofisticata, quasi maniacale più è elevata la passione per lo sport praticato e questa gran passione porta certamente a grandi miglioramenti della prestazione sportiva, miglioramenti che talvolta sono difficilmente prevedibili anche se sempre auspicati ma che comunque fanno capire come ci sia una relazione fra entità del miglioramento ed impegno profuso.

E’ per questo che lo sportivo deve imparare a conoscere bene sé stesso, per migliorare bene, per migliorare come vuole lui, deve essere in grado di capire come e quanto spingere sul suo organismo un po’ come il pilota di formula 1 deve conoscere benissimo il suo mezzo per poter sapere cosa chiedere ed in che modo nei vari tratti del tracciato di gara.

Ora, questa grande conoscenza, che porta ad una grande introspezione ti fa capire come nulla sia legato al caso. Che la cosiddetta “fortuna” c’entri sempre tantissimo non c’è dubbio ma anche se su tante cose non riusciamo a capirci nulla anche dopo anni e anni di attento studio comunque non c’è nulla legato al caso.

Se scrivo che la comunità degli atei mi pare che dia troppa importanza al caso questi mi fanno internare in manicomio, però io sostengo che la profonda conoscenza di sé non possa non far venire almeno il sospetto dell’esistenza di un progetto superiore di un qualche personaggio che ha un qualcosa in più di noi perché basta girarsi a destra e a sinistra per capire che c’è qualcuno di un po’ più grande di noi. Un Padreterno che non lascia tutto al Caso ma ha una sua progettualità è la cosa più normale alla quale è portato a pensare lo sportivo che nel suo microcosmo fa quasi miracoli anche se sbaglia molto per addestrare il suo corpo alla pratica sportiva.

Giro la frittata: se qualsiasi cosa faccia non succede nulla o succedono cose che non hanno nulla a che fare con quello che ho fatto in primo luogo penso che non ho nessun potere sulla mia situazione esistenziale e poi sono portato a pensare che se ciò è vero per me, nel mio microcosmo, ciò può essere vero anche a livelli macroscopici, in tutto il sistema universo. I grandi colpi di ateismo vengono fuori quando una disgrazia che ci sconquassa la vita ci toglie ogni capacità di ragionare. A quel punto uno non ha più forza di reagire e si lascia portare dalla corrente pensando che qualsiasi cosa si faccia non si può variare il Destino.

Il discorso è troppo complesso perché ci porta al Libero Arbitrio e non voglio mettermi in competizione con Sant’Agostino visto che nell’articolo precedente ho detto che si può scherzare con i fanti ma non con i santi.

Semplificare le cose complesse è praticamente impossibile però l’ateismo può essere visto anche come una rinuncia per motivi diversi ad affrontare il problema religioso. Lo sportivo impegnato è immerso nella complessità. In questa complessità vince e perde. Talvolta quando perde in modo clamoroso è tentato di mollare tutto ma quando vince capisce e sa che oltre una buona dose di fortuna c’è stato dietro un grande impegno. Il problema religioso è una ricerca continua di una chiave di interpretazione di tutto ciò che regola il sistema universo nella sua complessità. Va un po’ al di Là del nostro record sui 100 metri. L’ateo dice “Io ai 100 metri non ci partecipo, perché non ci credo…” In ogni caso nel sistema universo ci sei immerso ed il problema che lo affronti o no ce l’hai anche tu. La mia convinzione è che l’introspezione alla quale ti costringe lo sport ti dia anche una chiave di lettura di ciò che accade a livello macroscopico.

Se non ci avete capito nulla è perché non ho gli strumenti per far luce su queste cose, però mi basta che passi il concetto che non si fa sport tanto per passare il tempo. Il tempo passa anche se non si fa sport.