Mi arrivano altri commenti, più o meno simili nella sostanza, che rilevano che mentre mi scaglio con veemenza contro i fatti e misfatti dell’antidoping non riesco mai a proporre in modo costruttivo qualche soluzione che possa aiutare ad affrontare e risolvere il problema. Ancora, mi dicono che ce l’ho di più con l’antidoping che con il doping e ciò per uno che dichiara di sperare in uno sport senza farmaci è molto curioso.
Ebbene se avessi la soluzione per questo problema probabilmente potrei candidarmi per la presidenza della IAAF visto che questo pare essere uno dei problemi più spinosi che attraversa l’atletica praticamente in tutto il mondo.
Non ho soluzioni in proposito, non sono un mago, non potrò candidarmi alla presidenza della IAAF.
Ma non è necessario essere delle cime per capire, anche e soprattutto sul finire di questa edizione dei Giochi Olimpici, che ormai questo sistema di intendere l’istituto dell’antidoping ha fatto il suo tempo. La tolleranza zero ormai deve essere adottata nei confronti dell’antidoping perché quella nei confronti del doping ha prodotto solo che prese in giro colossali, ingiustizie sportive ed un dilagare incontenibile dell’abuso di farmaci.
Il fatto che non vi siano all’orizzonte soluzioni ottimali per sconfiggere il problema non è una buona scusa per tenere in piedi una struttura finta e che non funziona. Ma dire che non funziona è un eufemismo, è una struttura che fa disastri e direi che smantellarla più che una cosa opportuna è una cosa urgente.
L’immagine di Gatlin fischiato a non finire è un’immagine emblematica del modo con cui è stato trattato il problema doping nel mondo. Non pensiamo che sia solo il pubblico brasiliano ad essere ignorante. Non diamo colpe che non hanno ai brasiliani. Quelle scene avrebbero potuto verificarsi in molti altri luoghi, forse non dappertutto, ma certamente non solo in Brasile. L’ignoranza in fatto di doping è globale e di questa ignoranza ne è certamente responsabile l’istituto dell’antidoping e la famosa propaganda “tolleranza zero”.
Ripeto che la tolleranza zero a questo punto a mio parere deve essere adottata nei confronti delle nefandezze dell’antidoping e a chi mi dice che le mie critiche nei confronti di quest’istituto sono vaghe ed imprecise provo a rispondere con una serie di punti che penso che non siano sfuggiti ai più.
La tolleranza zero nei confronti dell’antidoping inefficiente a mio parere va adottata perché:
1°) Costa troppo. Tutti i soldi impiegati per l’antidoping potrebbero essere impiegati per la promozione dello sport di base che è più importante, per il benessere della collettività, dello sport di vertice.
2°) L’attuale sistema di antidoping, ancorché molto costoso, è inefficace ed assolutamente inidoneo a scoprire le positività di atleti che si dopano con farmaci di ultima generazione, impossibili da scoprire con le attuali indagini di antidoping.
3°) L’antidoping crea indirettamente la diffusione delle strategie di copertura del doping portando gli atleti ad utilizzare farmaci che sono ancora più pericolosi del doping stesso e che hanno la sola funzione di mascherare il doping per non farlo scoprire nei controlli.
4°) La correttezza dei controlli può essere inquinata da fenomeni di pirateria: inquinare le provette non è impossibile e ciò può far saltare la sicurezza dei controlli.
5°) Alcune sostanze vengono rilevate dai controlli con grande sensibilità. Per danneggiare un atleta basta trovare il sistema per fargli ingerire “accidentalmente” anche piccole quantità di quelle sostanze. L’atleta non avrà alcuna possibilità di difendersi e verrà sanzionato come un atleta che ha adoperato di proposito quelle sostanze.
6°) Di fatto la creazione di un elenco di sostanze cosiddette “vietate” produce un blocco delle informazioni sui trattamenti farmacologici. Di alcune sostanze non si può proprio parlare perché sono vietate. Viene creato un muro di omertà che impedisce la libera circolazione delle informazioni e rende impossibile la costruzione di una banca dati che sarebbe l’elemento scientificamente più importante per la tutela della salute degli atleti.
7°) Proprio perché l’antidoping arranca nella ricerca di nuovi farmaci da vietare si produce una discriminazione fra atleti evoluti che utilizzano i farmaci di ultima generazione e pertanto al riparo da brutte sorprese con l’antidoping ed atleti meno evoluti che utilizzano tecniche dopanti ormai arcaiche e perseguibili dall’antidoping. Questi ultimi rischiano di cascare nella rete dell’antidoping e finiscono per essere bollati come unici “demoni” in uno sport di puri.
8°) La presunta segretezza ed imprevedibilità dei controlli a “sorpresa” si schianta contro coperture politiche che non sono uguali per tutti gli atleti e nemmeno per tutte le nazioni creando disparità di trattamento fra atleti di diverse nazioni ed anche all’interno dei singoli paesi.
9°) La privacy degli atleti viene clamorosamente violata da operazioni di “polizia” che non vengono riservate nemmeno ai criminali più pericolosi.
10°) Ultimo (ma ultimo dei “miei” punti perché chissà quanti altri ce ne sono…) e decisivo punto. Questo sistema di antidoping crea un’ignoranza patologica sul problema. Temo che questo decimo punto sia decisivo per capire perché fino a questo punto non si sia mai provato a cambiare strada. In realtà i vertici dello sport hanno paura ad affrontare il problema in modo energico perché è di una portata colossale. Un antidoping che non funziona è utile per far finta di controllare il problema e per dimostrare che l’abuso di farmaci tutto sommato riguarda una minoranza di atleti. Purtroppo la realtà è un’altra. L’abuso di farmaci riguarda un grandissimo numero di atleti di alto livello e non poter chiamare questa abitudine come doping perché il doping è solo quello rilevato dall’istituto dell’antidoping è una presa in giro insostenibile.
Se non ci sono soluzioni all’orizzonte è giusto ammettere che siamo a piedi ed il problema esiste ed è grave, continuare a fischiare Gatlin o sanzionare una nazione che si è rifiutata di fare i controlli è ipocrisia intollerabile.