Valutare l’ampiezza della falcata nella corsa è una cosa d’altri tempi, ma non ritengo che sia una scemata. A mio parere è una delle prime cose da valutare quando andiamo a dare un giudizio tecnico sulla corsa sia di un velocista che di un corridore di lunghe distanze. Siamo portati a pensare che l’ampiezza della corsa possa variare soprattutto in virtù di un addestramento tecnico ma bisogna ammettere che significative variazioni dell’ampiezza della falcata si possono verificare anche in concomitanza di un addestramento meramente condizionale. Sono variazioni che possono essere nei due sensi e, a grandi linee, se l’allenamento condizionale è incentrato soprattutto sulle doti organiche sarà facile avere un aumento della frequenza della corsa mentre se l’allenamento condizionale è rivolto soprattutto alla sviluppo della forza sarà più facile avere un aumento dell’ampiezza della falcata.
Poi siamo abituati a pensare che l’intervento tecnico sulla corsa sia rivolto soprattutto ad aumentare l’ampiezza della stessa ma non è così e non ha alcun senso che possa essere così.
Sarà perchè io tendo ad esagerare nel senso dell’ampiezza perdendo una buona occasione per sostenere frequenze che potrebbero garantirmi livelli di rendimento superiori (purtroppo è un problema di una trentina di anni fa che faccio finta di portarmi dietro ancora adesso, ed almeno in parte è vero, per giustificare le mie scandalose prestazioni attuali…), ma ho sempre preferito “tecnicamente” gli atleti che tendevano a far sfoggio di compattezza, più che di grandi ampiezze della falcata. Poi devo ammettere che da un punto di vista estetico alcuni atleti dalla corsa molto ampia sono indubbiamente eleganti da vedere. Io non ho mai ipotizzato di essere elegante quando correvo ampio, molto semplicemente non ce la facevo a tenere frequenze superiori.
Ricordo un Cross della Nazioni di qualche annetto fa (facciamo 31 visto che era il 1984…) con Carlos Lopes che tirava il gruppo ad un ritmo che pareva ossessionante e Pat Porter che seguiva con una decontrazione muscolare che faceva sembrare che quel ritmo non fosse per niente indiavolato. Lopes viaggiava ben oltre i 200 passi al minuto, Porter lo seguiva ad una frequenza di poco superiore ai 180 passi al minuto. Probabilmente, visto che stavano viaggiando a circa 2’50” per chilometro, Porter aveva un’ampiezza di falcata che sfiorava i 2 metri. A metà gara i due erano ancora vicini e poteva risultare difficile fare previsioni sullo sviluppo della gara, almeno sulla base delle sensazioni date in quei momenti. Poi, a poco a poco, Lopes si sfilò ed andò a vincere, non aumentò ulteriormente le sue già stordenti frequenze né la piuttosto ridotta ampiezza del suo passo, fu Porter che probabilmente ridusse ulteriormente la sua già non esaltante frequenza di corsa o forse, molto più semplicemente, non riusci più a sostenere per gli ultimi chilometri quell’ampiezza di corsa spropositata per una corsa campestre.
Sempre parlando di atleti “regali” nella corsa con ampiezze spropositate come non citare il mitico “Caballo” Alberto Juantorena. Quando con il suo passo elegantissimo, quanto spropositatamente ampio, ritoccò il record del mondo degli 800 metri di Fiasconaro portandolo da 1’43″7 a 1’43″5, molti profetizzarono record successivi vicini a 1’40” sul doppio giro di pista per questo atleta immenso. E il 44″2 che aveva ottenuto anche sui 400 metri poteva far ipotizzare effettivamente a risultati del genere sulla doppia distanza. Juantorena ritoccò ancora una volta quel record del mondo, seppure di un solo decimo di secondo (1’43″4) ma per vedere quel record massacrato fu necessario attendere la comparsa sulla scena mondiale di Sebastian Coe, atleta dotato di una leggerezza di corsa sensazionale ma non certamente capace di correre con le ampiezze del “Caballo”.
Allora potremmo pensare che la corsa del “Caballo” fosse più calibrata per la gara dei 400 metri, gara dove il Caballo era comunque riuscito ad imporsi in una eccezionale accoppiata 400-800. A smentirci arrivava Michael Johnson, grandioso sui 200 metri a detronizzare dopo 17 anni il nostro Pietro Mennea e altrettanto fenomenale nel fissare il record del mondo sull’attuale 43″18 che resiste ormai da 16 anni. Michael Johnson correva con ampiezze che erano probabilmente inferiori a quelle del nostro già abbastanza compatto Pietro Mennea e che non sono nemmeno lontanamente paragonabili a quelle di Juantorena.
Nella velocità sta dominando la scena Usain Bolt atleta eccezionale che ha una corsa stupenda e indubbiamente molto ampia. Del resto ci si domanda come non potrebbe essere ampia la falcata di un atleta alto quasi 2 metri. Però, ad essere pignoli, ci si domanda come mai Usain Bolt non sia ancora riuscito a tirare fuori dal cilindro magico una prestazione sui 400 metri degna delle sue possibilità, pur avendoci già provato più di qualche volta. La risposta ci potrebbe arrivare per esempio da Wariner uno dei più grandi quattrocentisti degli ultimi tempi, il bianco più veloce di sempre sui 400 metri, capace di avvicinare il record del mondo dei 400 metri ma probabilmente in grado di prendersi dieci metri di distacco su una sfida sui 200 metri da un tipo come Bolt. Wariner correva con ampiezze simili a quelle di Michael Johnson, non era assolutamente veloce come Michael Johnson ma aveva una corsa ottimale per i 400 metri nel senso che non si appesantiva oltremodo nel rettilineo finale.
Ho citato esempi di atleti che pur con una corsa compatta hanno compiuto le stesse gesta sportive, se non migliori, di atleti capaci di correre con ampiezze decisamente superiori e sembro un po’ di parte in questa disputa, in ogni caso vorrei smentire la leggenda che dice che la buona corsa è solo quella che prevede ampiezze superiori.
Come sempre il discorso tecnico va adattato all’atleta che andiamo a considerare ed il più semplice consiglio che si possa dare è quello di provare a correre con ampiezze e frequenze diverse per vedere quali sono quelle che producono gli effetti migliori sull’atleta in esame. Personalmente non mi sono mai infortunato quando ho provato a correre cercando frequenze superiori però mi è capitato di arrendermi dal punto di vista nervoso ad addestramenti che prevedevano un aumento delle frequenze di corsa. Sembrerà un discorso psichiatrico (potrebbe essere solo “psicologico” se non fosse da 40 anni che me lo porto dietro, dopo 40 anni ormai posso dire che è più “psichiatrico ” che “psicologico”…) ma la corsa a buone frequenze non mi pesa da un punto di vista fisico ma da un punto di vista mentale. Appena sono stanco io tendo a perdere le frequenze più che a perdere le ampiezze. Per non perdere frequenze, molto semplicemente, non devo affaticarmi troppo. Il discorso opposto per me non esiste, se cerco ampiezze superiori ci riesco ma nel volgere di qualche seduta di allenamento mi faccio del male. Ho la capacità di correre ad ampiezze superiori ma non le sopporto proprio a livello muscolare.
Un consiglio che do a chi tenta di variare la frequenza di corsa è quello di provare ciò ad andature diverse. Può accadere che tali variazioni siano accettabili e convenienti solo su certe andature e non su altre. Un altro consiglio è quello di non insistere troppo con questi esperimenti perché comunque sono piuttosto stressanti in quanto comportano una revisione di tutta la meccanica di corsa e infine, proprio per questo motivo, consiglio di non produrre elevate intensità di corsa quando si fanno queste prove: se l’intensità è troppo elevata l’eccesso di fatica può mascherare eventuali sensazioni di maggiore o minore fluidità. Purtroppo alle intensità massimali la fluidità del gesto rischia di essere un optional. Ed è sempre per questo motivo che consiglio spesso a chi vuole migliorare la tecnica di corsa di non insistere troppo in allenamento con le intensità massimali. Ma questo è ancora un altro discorso che può non riguardare il dilemma ampiezza-frequenza.