“…quando paragoni la diffusione della vaccinazione contro il Covid che in Italia ha raggiunto il ragguardevole traguardo dell’80% della popolazione vaccinata, traguardo raggiungibile anche da altri paesi europei e pure extraeuropei, con un ipotetico impensabile 80% di traffico urbano spostato sulle biciclette, traguardo impensabile anche per il più arretrato dei paesi del terzo mondo, confronti due cose completamente diverse e proprio il confronto non regge.
L’80% di vaccinati è una cosa possibile e, anche se forse in certi paesi come l’Italia necessita di alcuni stratagemmi per essere raggiunto perché non è un traguardo fisiologicamente raggiungibile senza forzare in qualche modo la popolazione, è comunque una cosa che rientra negli obiettivi della campagna di vaccinazione, un fantomatico 80% di soggetti che si muovono in bicicletta nel traffico urbano è un obiettivo decisamente improponibile e, anche se con chissà quale forzatura fosse umanamente raggiungibile, provocherebbe comunque uno sconquasso a livello economico di proporzione bibliche. L’importantissima industria automobilistica subirebbe un K.O. storico a piomberebbe in una crisi insanabile. Purtroppo, per salutari che siano, anche le scelte di progettazione della mobilità urbana devono fare i conti con l’economia…”
Bene, allora è il, solito discorso di economia contro salute e dobbiamo decidere se morire stressati e magari di cancro ma ricchi oppure se campare un po’ di più, meno stressati ma poveri. Se, a livello politico si trovano le strategie per non far morire nessuno di fame e far pesare di più il calo di ricchezza sulle categorie più agiate, che possono in qualche modo incassare il colpo, allora questa seconda strada ha un senso altrimenti, se ogni colpo sull’economia deve sempre ricadere sulle classi più disagiate, allora dobbiamo tenerci 40 milioni di autoveicoli sulle nostre strade che inquinano a più non posso e ci rendono l’esistenza uno slalom fra le auto.
La lotta contro il Covid non è stata economicamente vantaggiosa, ci è costata un’infinità, ma andava fatta per salvare vite umane. Ci sono altre vite umane che devono essere salvate cambiando anche l’assetto delle nostre città, è un altro costo esorbitante da affrontare ma se la salute è importante la questione va affrontata ed in modo urgente, non in modo procrastinabile all’infinito come sta avvenendo ora.
E’ chiaro che la diffusione dei cargo bike, che sono mezzi che ti permettono di sostituire l’automobile in tantissime cose, è un disastro da un punto di vista economico, perché il cargo bike non consuma carburante ma semmai solo un po’ di elettricità (neanche tanta, decisamente meno della più evoluta delle macchine elettriche…) e costa, all’acquisto, meno di un quinto della più economica delle autovetture, ma per far andare i cargo bike nelle strade delle nostre città devi adeguare le regole sul traffico altrimenti gli automobilisti “normali”, quelli che pensano di fare i 50 chilometri all’ora anche nei centri urbani, al cargo bike ci passano letteralmente sopra visto che non si riesce a superarlo agevolmente.
E’ una diatriba fra velocità e lentezza, fra stress e salute, fra economia e solidarietà nei confronti dei disagiati, se prevale il sistema competitivo dove l’importante è produrre, vendere e far salire il PIL allora tutti questi sono discorsi inutili perché la cosa importante è solo trovare nuovi prodotti da vendere, nuove vetture fintamente poco inquinanti per sostituire quelle vecchie con il principale obiettivo di dare ossigeno al mercato.
Su questo sito io tratto di salute e movimento e ritengo che la salute possa essere tutelata, anche grazie al movimento, che è la miglior strategia di prevenzione, anche se il PIL scende, poi è compito della politica fare in modo che alcune categorie di cittadini particolarmente danneggiate dai nuovi scenari per migliorare la qualità della vita siano tutelate anche da un punto di vista economico. Insomma se un prodotto danneggia la salute non è il caso di continuare a venderlo solo per sostenere l’economia. 80% di persone in bicicletta sarà certamente un obiettivo utopistico ma la scelta di riconsegnare finalmente, dopo 60 anni, le città ai pedoni ed ai ciclisti è una scelta doverosa, al passo con i tempi e che i giovani devono avere il coraggio di chiedere ed imporre perché il mondo che abbiamo costruito per loro non è certamente il mondo migliore e alcuni decisi passi all’indietro sono senz’altro auspicabili e praticamente obbligatori in uno scenario dove i disastri peggiori potranno portarceli proprio l’inquinamento ed i cambiamenti climatici in atto.