Il lavoro sui “riflessi condizionati” appartiene a Ivan Petrovic Pavlov (Rjaza’, Mosca 1849 – Leningrado 1937) ed è un lavoro un po’ datato se è vero che è stato sviluppato nei primi anni del xx secolo, però è stata una pietra miliare per capire le dinamiche dell’addestramento nervoso ed io ritengo che sia troppo spesso sottovalutato ai giorni nostri. Al contrario un buon allenatore dovrebbe avere sempre ben presente nei suoi schemi mentali l’opera di Pavlov perchè l’allenamento sportivo è, fino a prova contraria, soprattutto addestramento nervoso.
Forse questa mia ultima affermazione mina tutto il discorso e forse è proprio perché molti tecnici ormai non ragionano più in termini di addestramento nervoso ma solo in termini di miglioramento delle doti condizionali che l’opera di Pavlov viene spesso trascurata. Chiaro che se il punto di vista del miglioramento delle doti condizionali prevarica tutto allora possiamo anche dimenticarci della sua opera ed ignorare tutto.
Solo due righe per affermare, perché per conto mio, ancora nel ventunesimo secolo ben avviato (ormai ce ne siamo già bevuti un buon quinto…), l’addestramento nervoso è ancora centrale nel processo di perfezionamento sportivo di tutti gli atleti, non solo quelli evoluti.
Qui sono io ad assumermi la responsabilità di tali affermazioni non c’è nemmeno bisogno di scomodare Pavlov, anzi Pavlov lo scomodo proprio nel senso che nel 2021 c’è ancora un pirla che dice che l’addestramento nervoso è fondamentale per il perfezionamento sportivo e pertanto è per questo che Pavlov è ancora decisamente attuale.
Ritengo che sia fondamentale l’addestramento nervoso perché penso che un atleta con grandi doti condizionali ma con un basso livello di evoluzione delle doti tecniche sia un po’ come una macchina di Formula 1 molto performante ma guidata da un pilota che non è nemmeno capace di tenerla in strada. Difficile che possa pensare di vincere le gare, già tanto se arriva al termine senza uscire di strada. Chi mi dice che le doti condizionali sono altrettanto importanti rileva di non aver mai visto un grande pilota che ha vinto qualche gran premio di Formula 1 a bordo di un bolide che va la metà degli altri e ovviamente mi tocca affermare che è proprio vero: anche le doti condizionali sono molto importanti, tentiamo di non fossilizzarci solo su quelle.
Pavlov, in modo scientifico, ha dimostrato che associando certe stimolazioni ad una particolare situazione possiamo indurre particolari reazioni fisiologiche. Sono reazioni che avvengono in automatico e si realizzano con una particolare puntualità. Lui il lavoro l’ha portato avanti studiando la salivazione dei cani poi ci siamo accorti che la salivazione dei cani funziona come molte nostre reazioni fisiologiche.
La novità, riferita al sottoscritto (su questo lavoro di inizio ventesimo secolo…), è come io mi appelli ad un lavoro scientifico di laboratorio di un professore che con lo sport non aveva proprio nulla a che fare per sostenere una mia teoria sull’impostazione dell’allenamento sportivo. Il mio proverbiale empirismo si schianta contro un lavoro scientifico che teoricamente con lo sport non c’entra proprio nulla. Il contrario di quello che affermo sempre, sostenendo in modo logorante che l’atleta non lo puoi ingabbiare in ambulatorio, lo devi osservare sul campo o in palestra punto e basta.
Ebbene, in effetti Pavlov se esistesse ancora e si occupasse di sport temo che direbbe proprio le stesse cose: “Smettiamola di provare a migliorare le prestazioni sportive degli atleti rendendoli sempre più potenti, tentate di migliorare il loro funzionamento”.
La teoria pavloviana si applica perfettamente al concetto di addestramento sportivo perché studia l’innesco di certi comportamenti. Pavlov non guarda al cane che abbaia sempre più forte o mangia sempre di più ma a quello che in seguito a certi stimoli da delle risposte, codificate e prevedibili, che riescono ad essere innescate da quei precisi stimoli e dunque sono “condizionate” da quelli. Si dirà che nello sport il compito è molto più complesso perché in realtà nemmeno noi sappiamo come deva essere questa risposta.
Noi sappiamo solo che l’atleta deve saltare in alto 2 metri e 30 se vuole vincere ma non sappiamo come farglielo fare e pertanto Pavlov ci aiuta solo fino ad un certo punto.
Pavlov resta attuale perché ci dice che la risposta resta standardizzata e quando un certo comportamento ha segnato una certa mappa cerebrale dopo è pure difficile che venga rimosso. Allora la qualità dei condizionamenti nervosi deve certamente essere studiata sul campo e noi, come tecnici dobbiamo sondare questa qualità, decidere come orientarla ma i meccanismi dell’addestramento fanno inevitabilmente i conti con le osservazioni ormai quasi arcaiche di Pavlov. In breve se anche il tecnico più accorto e attento scopre un particolare dettaglio tecnico e si sogna di trasferirlo sul proprio atleta semplicemente dicendo “Fai così!…” fa un buco nell’acqua perché ignora le dinamiche dell’apprendimento nervoso. E’ chiaro che farà fatica a lavorare con le bistecche come faceva Pavlov per far salivare i cani, ma non potrà nemmeno pensare che scoperta una certa cosa in due minuti riesca a far saltare il suo atleta in un certo modo dopo che da circa 15.000 salti ha saltato in modo completamente diverso.
Insomma l’addestramento nervoso fa i conti con delle regole abbastanza semplici ma che non si possono assolutamente ignorare, il condizionamento dei riflessi automatici è fondamentale per capire queste reazioni e se ignoriamo questo rischiamo di perdere molto tempo.
Una cosa molto semplice: quando un vecchio schema motorio si rivela poco opportuno e deve essere modificato la sua rimozione può essere molto laboriosa, non è come sostituire una scheda in una centralina elettronica o meglio può essere così se immaginiamo che la vecchia scheda per qualche dannato motivo sia difficile da rimuovere come se fosse incastrata perché è lì da troppo tempo. E’ più difficile togliere la vecchia scheda che mettere quella nuova. E’ noto come certi schemi motori vengano più facilmente modificati dai principianti che dagli atleti evoluti ed è questo il motivo per il quale, per esempio, lavorare sulla tecnica di corsa di un principiante è molto più facile e meno pericoloso che non su un atleta evoluto. Anche l’atleta evoluto ha certamente buoni margini di miglioramento e ce lo insegna Pavlov ma non dobbiamo correre il rischio di… scassare tutta la centralina nel tentativo di rimuovere la vecchia scheda.