CULTURA E TEMPO PRIMI A PARI MERITO, POI LE STRUTTURE

A chi mi dice che lo sport per tutti in Italia è un fatto di carenza di strutture rispondo che queste sono come Nedasekau il bielorusso terzo classificato nell’alto a Tokyo, nel senso che hanno un bel terzo posto ma primi ci sono Tamberi e Barshim a pari merito ovverossia la cultura ed il tempo libero a diposizione.

Ero pure tentato di dare un primo posto pieno al solo tempo libero che è un grandioso tormentone della nostra epoca ma mi sono ravveduto ed ho considerato che l’aspetto culturale se la gioca alla pari con la diponibilità di tempo libero.

Intanto mi è facile spiegare perché metto il problema delle strutture solo al terzo posto: con una buona disponibilità di tempo libero e con la cultura giusta per farcela stare ci si fa stare l’attività motoria per la salute anche in un territorio privo di strutture sportive. Magari non ci saranno i presupposti per tirare fuori il campione ma l’attività motoria per la salute trovi sempre le strategie per farcela stare e, oltre che di tempo libero, è un problema culturale perché se uno si vergogna a fare movimento per strada o in un parco pubblico allora vuol dire che l’attività fisica viene vista ancora come un vezzo radical chic invece che come una cosa necessaria a tutti quanti.

Più difficile spiegare il primo posto a pari merito stile Tamberi e Barshim con riferimento a disponibilità di tempo libero e formazione culturale perché lì la faccenda è più complessa.

Partiamo dal tempo libero: è la vera piaga della nostra era e anch’io ero tentato di dargli un primato esclusivo ma se ci pensiamo bene non è così semplice. Evidente che quello del tempo libero è un falso problema per i benestanti: quelli si inventano un sacco di scuse per ammazzarsi di lavoro ma in realtà potrebbero benissimo trovare le strategie per ritagliarsi un po’ di tempo libero nella loro vita superincasinata. Si tratta semplicemente di barattare certi lussi con una quota superiore di tempo libero. Se rinunci al lusso in qualche modo il tempo libero salta fuori. Se invece sei schiavo del lusso ed ogni volta che vai in vacanza devi spendere 4000 euro allora forse sei pure costretto a fare gli straordinari al lavoro per poterti premettere quel tenore di vita. E’ questione di scelte. Si tratta di capire che la salute è più importante del lusso. Anzi la salute è proprio un lusso, il lusso più importante.

Questo discorso purtroppo riguarda poche persone perché i benestanti in Italia sono sempre meno ed i comuni mortali sono invece a contatto con realtà molto più scomode: il tempo libero proprio non c’è perché se si vuole arrivare a fine mese in qualche modo bisogna ammazzarsi di lavoro ugualmente e non si trova proprio il tempo per la sana attività fisica.

Allora io dico che, pensandoci bene, è un fatto culturale anche quello perché non è che con la cultura come per incanto trovi il tempo libero per l’attività fisica ma con un certo credo (è quasi più religione che cultura…) puoi innescare quei meccanismi che possono portare ad un nuovo assetto sociale.

Io sostengo sempre la centralità della scuola nella diffusione della cultura. Sono convinto che la cultura parta a scuola. Siamo immersi nella cultura della televisione che è la cultura del mercato e la cultura dello stress. Se la vera cultura, che è quella della scuola, prendesse finalmente il sopravvento allora potrebbe partire una rivoluzione epocale. Una rivoluzione autentica, non di quelle finte da cassonetti bruciati e manganelli, quelle finte rivoluzioni che non producono nulla e che viene il sospetto che siano addirittura orchestrate da chi comanda proprio per non cambiare nulla. L’ultimo tentativo di rivoluzione nella scuola è finito proprio così oltre cinquant’anni fa. Auto incendiate, manganelli e droga, tanta droga. Si era partiti dal mitico “Fate l’amore, non fate la guerra” e si è arrivati agli scontri di piazza. Evidentemente c’è stato qualcuno che aveva interesse che la rivoluzione culturale abortisse e abbandonasse le scuole e così è stato.

Una vera rivoluzione non violenta a volte in modo fantasioso e fantastico io dico che potrebbe partire dagli spazi antistanti le scuole. Nessuna occupazione scolastica, abbiamo già visto che non funziona. Si tratterebbe semplicemente di occupare gli spazi antistanti le scuole in modo estremamente legale ed estremamente rivoluzionario.

Estremamente legale perché è già previsto per legge che nelle strade di praticamente tutte le scuole italiane nell’orario di uscita ed entrata degli studenti la strada sia praticamente riservata agli studenti e non sia ammesso il transito di autovetture private. Questa cosa è assolutamente ignorata e quando in Francia, anche per le misure anticovid è venuto fuori che nelle loro scuole facevano così abbiamo inneggiato al progresso senza sapere che da noi il progresso c’era già solo che non abbiamo mai avuto il coraggio di prendercelo. E’ per legge che si può occupare la strada in orario di entrata ed uscita da scuola e sono finestre temporali anche piuttosto dilatate di mezz’ora o più ben più lunghe della ristretta “ricreazione” che ti fanno fare a scuola. Se poi i francesi si sognano che la strada deve essere perennemente riservata alla scuola, tanto meglio, ma con una scelta razionale è giusto dire che quella strada deve essere riservata alla scuola quando serve ai ragazzi e quindi quando entrano e quando escono perché quando sono in classe farà anche piacere avere una via più silenziosa e salubre ma non è che ci puoi scorrazzare sopra, sei in aula punto e basta.

Qualcuno dirà che questa non è per niente una rivoluzione ma semplicemente la messa in pratica di una indicazione di organizzazione urbana che è già presente sul nostro territorio da molti anni. Ed invece io sono in grado di dimostrarvi che questa sarebbe una vera e propria rivoluzione. La scuola fuori da scuola è una rivoluzione perché intanto vuol dire che la scuola non è più solo una rottura di balle. La scuola fuori da scuola è un momento di aggregazione di fondamentale importanza perché è lì che lo studente diventa importante, diventa protagonista e favorisce il passaggio dalla cultura del libro alla cultura autentica. Qui devo fare un pericolossissimo passo indietro su una questione che ritengo di fondamentale importanza per capire la scuola italiana.

La scuola italiana è la scuola dei libri, è la scuola soffocata dai libri e dai programmi ministeriali troppo rigidi che ne impediscono la sua evoluzione ed il suo adeguamento alle necessità del nostro tempo. La scuola dei libri non è in grado di modificare l’assetto sociale, non fa cultura autentica e crea i presupposti perché lo studente si annoi e pensi soprattutto a sopravvivere più che a formarsi per portare nuova energia nella società che ne ha tanto bisogno.

Quando mi danno del pazzo utopista hanno perfettamente ragione con riferimento a questa mia visione della scuola dove io affermo che i libri della scuola sono i ragazzi che vanno dentro per migliorarla e non per subirla così com’è. La scuola non ha bisogno di libri, ha bisogno di ragazzi con entusiasmo che pensano e che vogliono cambiare il mondo perché questo mondo non va “sopportato” ma cambiato e può essere solo la scuola a cambiarlo visto che la politica è ingessata nelle sterili dinamiche dell’economia.

Abbiamo bisogno di dieci, cento, un milione di Greta che vogliono cambiare il mondo e possono farlo già prendendosi la via della scuola perché è un loro diritto sancito dalla legge, dal codice della strada. Ecco il terribile significato che hanno centinaia di ragazzi che stazionano fuori da scuola, ben distanziati, per carità, ma che occupano tutta ma proprio tutta la via senza far passare nessuna macchina perché a scuola si va a piedi o in bici, si deve lasciare un pertugio per i ragazzi disabili o infortunati ma gli insegnanti che vanno a scuola in auto devono parcheggiare in un’ altra via perché se hanno davvero rispetto della scuola lasciano libera la via di accesso per gli studenti.

Pertanto la necessità di smontare l’immagine di scuola come luogo noioso simile ad un luogo di lavoro dove ci si va all’ultimo secondo in auto per scappare via prima possibile sempre in auto è imprescindibile ed è quel tocco di classe che può innescare un nuovo modo di vedere la scuola. Gli studenti non sono più schiavi della scuola e non competono più in un lavoro stressante alla fine del quale saranno pronti per andare a farsi dire “Le faremo sapere…” ma sono protagonisti di un percorso autentico dove si studia la realtà, la si vive, la si cambia e se gli studenti invece che infinite isole di solitudine sono la forza trainante della società, invece di sentirsi dire “Le faremo sapere” sono loro che andranno dall’imprenditore calcificato del secondo millennio a dire: “Le faremo sapere quanto siamo disposti a pagare per acquisire il capannone…”.

La rivoluzione epocale di una scuola che cambia la società invece di subirla è la più grossa delle rivoluzioni che si possa immaginare, senza cassonetti bruciati, senza manganelli, senza lacrimogeni e partiti che cavalcano l’onda di una protesta sterile.

E’ chiaro che può sembrare utopia ma parte dalle piccole cose, per esempio che a scuola si va a piedi e non con il SUV che sale sul marciapiede meglio di una vettura qualsiasi, per esempio dal fatto che se è vero che la maggior parte delle persone non trovano il tempo libero per fare sport perché devono lavorare troppo questo problema non deve riguardare gli studenti perché loro non hanno nessun contratto di lavoro e a parte l’orario scolastico che deve essere rispettato ma consente comunque di praticare sport tutti i giorni la gestione del tempo libero deve essere tutta nelle loro mani e se questa diventa problematica si tratta di far capire agli insegnanti, che sono persone molto comprensive e disponibili, che i programmi ministeriali vanno cambiati ed adeguati alle nuove realtà. Non è lo studente che deve smettere di fare sport. E’ il programma ministeriale che va cambiato se non consente allo studente di proseguire la pratica sportiva. E’ questo il grande equivoco della scuola italiana attuale. Qui si parte dal presupposto che siccome nel mondo del lavoro si soffre perché la società non funziona sia opportuno soffrire anche a scuola per prepararsi a soffrire anche dopo quando un pirla ignorante ti dirà: “Le faremo sapere” dopo averlo detto ad altri cento neo laureati troppo disponibili e remissivi.

La scuola italiana può giocarsi il Jolly in questo cambiamento è chiaro che la miccia deve essere innescata dai giovani, dagli studenti, da personaggi tipo Greta perché se attendiamo che queste illuminazioni partano da chi concepisce solo questo tipo di società rischiamo di aspettare troppo. Tempo libero e cultura vera sono intimamente legati fra loro e al primo posto nel “salto in alto” (chiamiamolo così un auspicato progresso sociale) come Gimbo Tamberi e Barshim.