In italiano, in modo più corretto, andrebbe definita “maleducazione fisica” ma per non essere troppo polemici ed impattanti, limitiamoci a definirla “non educazione fisica” alludendo a quell’insieme di informazioni che scuola e televisione non riescono e/o non vogliono far passare nella cultura corrente.
Parto da distante. Dal curioso e per molti “sbagliato” nome del mio sito. Sul mio sito ho voluto adescare il lettore con un nome di moda (il personal trainer è di moda) per poi fargli dei pipponi di sport che secondo la cultura dominante poco hanno a che fare con il normale ruolo del personal trainer.
Allora io rispedisco questa critica al mittente e, a chi mi dice che io non esercito qui sopra il ruolo di un vero personal trainer (a parte che l’aggettivo “gratuito” dovrebbe comunque illuminare su un certo tipo di intervento, visto che nessun personal trainer come comunemente inteso è “gratuito”), rispondo che sono la maggior parte dei personal trainer che hanno snaturato il concetto di personal trainer.
Salviamo ciò che si può salvare e partiamo dal concetto che comunque il personal trainer, che tratti di diete o di attività fisica, è un soggetto che da consigli individuali, specificamente tarati su un solo soggetto che pone un problema ben preciso. E su quello ci siamo tutti. Il personal trainer vero lo fa seguendo l’allievo direttamente, facendosi pagare salatamente. Io lo faccio attraverso le note di un sito anche con consigli specifici diretti solo al mio interlocutore e la maggior parte delle volte non pubblicati a meno che il mio lettore non insista per farli pubblicare (ma a volte sono io ad insistere per non pubblicare cose che non voglio pubblicare soprattutto quando mi scrivono di schede, pesi, macchine da palestra ed integratori alimentari).
E’ chiaro che il tipo di intervento è diverso, quello del personal trainer vero è più oneroso, praticamente impossibile farlo gratis, il mio è un intervento apparentemente più semplice che deve richiedere una precisa opera di filtrazione all’interlocutore. Però, proprio per questo, non è per niente semplice. Io posso solo dare idee che devo assolutamente far rielaborare al mio interlocutore non posso certamente “dettare” soluzioni applicative come se avessi l’allievo lì a due passi in carne ed ossa.
Su questa cosa io ci marcio nel senso che finisco per dire che a volte è molto più impreciso il “personal trainer” vero che si muove dentro a schemi stereotipati del sottoscritto che, in modo un po’ atterrante, fra mille distinguo, molte volte finisce per suggerire la prudente pratica di uno sport. E’ a quel punto che molti allievi ci restano male e mi rispondono: “Ma io ti avevo chiesto di buttare giù la pancia e tu invece di consigliarmi macchine da palestra, pesi ed integratori alimentari mi suggerisci la pratica di un certo sport.. Ma allora non sei un vero personal trainer, sei un semplice insegnante di educazione fisica.” E qui casca l’asino, cioè io. Perché questo sito dovrebbe semplicemente chiamarsi “Insegnante di educazione fisica gratuito” ed è chiaro che con questo nome impossibile avrebbe anche meno delle già poche visualizzazioni che ha.
Dunque ho trovato un nome un po’ alla moda (ripeto, il concetto di personal trainer è ancora di moda e fa tanto vip perché i vip ce l’hanno tutti e siccome i vip fanno tendenza tutto ciò che è usato dai vip fa moda) per fare politica vera che è un concetto assolutamente fuori moda (la politica vera è forse mezzo secolo che non esiste più c’è solo quella ridotta a spettacolo televisivo dove ti raccontano un sacco di cose ma poi fanno sempre quel cavolo che vogliono loro a prescindere dal voto della gente) e per rompere le scatole ad una “non educazione fisica” che anche se potrebbe sembrare un “non concetto” è in realtà un modus vivendi molto diffuso.
Dopo anni di domande su pesi, macchine da palestra ed integratori alimentari mi sono messo in testa che questa cultura dei lustrini e del “non sport” per affrontare in modo coerente e determinato l’attività fisica non è per nulla casuale e dettata da precise esigenze di mercato.
Devo dire che il concetto corrente di Personal Trainer lo trovo molto discutibile perché a questo nome, come ho già scritto, trovo associata l’immagine di un professionista che ti ristruttura il fisico a colpi di pesi, macchine da palestra e…. integratori alimentari.
Facciamo finta che, come predico io, la maggior pare delle persone invece che pensare alla pancia ed ai glutei e per questo richiedere risposte stereotipate che diano soprattutto risposte da “vip” (al “vip” dello sport non gliene frega proprio niente, interessa solo avere il fisico che possa andare in televisione, dopo se anche non sa saltare nemmeno un metro e dieci nel salto in alto quello mica la gente lo vede, si vede il fisico e basta…), chieda consigli per fare nel modo migliore un determinato sport. Facciamo finta che invece che una cultura legata esclusivamente all’aspetto esteriore si diffonda una cultura dell’attività fisica e dello sport legato a cose concrete e non solo all’immagine.
Proviamo a capire chi ne subirebbe un danno da una pericolosissima moda del genere.
Ne subirebbe un danno nell’ordine:
1°) La televisione, che guarda a caso è il primo strumento di diffusione di questa “non cultura” dell’attività fisica. Se la gente pensa davvero a fare sport non ha più tempo per lo sport degli altri, non ha più tempo per guardare lo sport per televisione, non solo ma rischia di non avere più tempo di guardare anche le prese in giro sulla “politica spettacolo”. Questo è fortemente destabilizzante su un sistema economico che ha suoi importanti equilibri nel sistema della pubblicità, orchestrato alla grande da tutte le televisioni (pure quelle di stato che si fanno pagare il canone e pertanto non dovrebbero essere foraggiate anche dalla aziende private).
2°) L’industria farmaceutica, una delle poche con non conosce crisi, non lo era prima del Covid e non lo è nemmeno adesso, anzi ha pure nuove prospettive. Se la popolazione scopre un nuovo concetto di attività fisica, legata alla sostanza, alla salute e non all’apparenza intanto crolla in modo drammatico il consumo di integratori alimentari che molte volte sono distribuiti proprio dalle case farmaceutiche anche se non sono considerati farmaci e poi a cascata viene ridotto pure l’uso di farmaci veri e propri di largo consumo dei quali gli italiani fanno largo uso perché connessi ad abitudini di movimento non consone che richiedono appunto l’utilizzo abitudinario di farmaci che i realmente sani e fisicamente attivi possono permettersi il lusso di non usare (si pensi, per esempio ai farmaci ansiolitici e alla marea di farmaci utilizzati per problemi cardio vascolari tanto per dire due categorie di farmaci che una sana e continuativa attività fisica potrebbe riuscire a contenere in modo sostanziale come ampiamente documentato dalla letteratura scientifica)
3°) L’industria automobilistica. Già perennemente in crisi ed ulteriormente penalizzata dal Covid, quasi agonizzante, subirebbe un altro duro colpo se si diffondesse come per incanto una vera cultura dell’attività fisica per il semplice motivo che molta gente non avrebbe più problemi a spostarsi a piedi ed in bicicletta. Con un adeguato potenziamento del trasporto pubblico (che, anche se può sembrare strano, viene chiesto solo da chi va a piedi ed in bicicletta e non da chi va solitamente in auto) nella maggior parte delle città italiane l’auto la si potrebbe lasciare in garage quasi tutti i giorni e potrebbe semplicemente diventare un oggetto d’antiquariato che non ha senso cambiare utilizzando incentivi che devono essere usati per altre cose e che non risolvono il problema perché alla fine tutte le auto inquinano, anche quelle moderne, ed il problema non va risolto cambiando auto (nuovi rottami da smaltire) ma semplicemente usandola di meno.
4°) In conseguenza di ciò andrebbe in crisi anche un certo tipo di politica. Quella delle grandi opere, per esempio, che ti baratta il ponte sullo stretto di Messina con 40.000 chilometri di pista ciclabile e non tiene conto che le necessità di movimento della popolazione sono più importanti di quelle delle nostre automobili. Sarà anche utile il ponte sullo stretto di Messina ma se mancano giusti giusti 40.000 chilometri di rete ciclabile sul territorio per avere uno straccio di rete ciclabile degna di essere chiamata tale, sarà il caso di vedere prima se ci sono soldi per quella e poi vedere se con quella stramaledetta bici si può attraversare anche lo stretto di Messina assieme ad altre migliaia di automobilisti ben contenti di rinunciare al traghetto.
Capite che solo citando questi quattro punti si può ipotizzare perché la “Non educazione fisica” più che una casualità possa essere una precisa scelta politica e così succede che anche a me arrivino un’infinità di domande sugli integratori alimentari. Se garbatamente vi rispondo che la cultura fisica non è un fatto di integrazione alimentare ma tutt’altra cosa e mi scandalizzo del fatto che solo per il fatto che ho avuto la pessima idea di chiamarmi “Personal Trainer Gratuito” mi arrivano una marea di domande sull’integrazione alimentare come se fossi un dietologo, nel momento in cui dirotto le mie osservazioni sul fatto che invece di preoccuparvi dell’integrazione alimentare (necessaria essenzialmente alle persone anziane che non riescono più ad assimilare certi cibi) non vi preoccupate che non praticate uno straccio di sport e andate sempre in auto anche quando potreste andare a piedi e/o in bicicletta allora opero una scelta politica di forte impatto perché non vi dico di votare questo o quel partito come fanno in televisione svuotando la politica da ogni significato concreto ma vi invito a cambiare stile di vita praticando davvero attività fisica in modo sistematico tutti i giorni e non solo nei fine settimana. Muoversi è una scelta politica di forte impatto, in certi ambiti, soprattutto quando non ci chiudono in casa per colpa del Covid, possiamo ancora farlo.
Chiudo con un aneddoto che la dice lunga sulla nostra “non cultura fisica”. Domenica scorsa nella mia bella città hanno finalmente potuto svolgere una competizione podistica che era stata rinviata per il Covid. Essendo una corsa su lunghe distanze (mezza maratona e dunque 21 chilometri) è stata fatta partire alle 7.30 di mattina, creando un disagio minimo fra la popolazione che a quell’ora la domenica mattina non ha problemi urgenti e può benissimo scegliere percorsi alternativi se deve uscire dalla città senza fretta. Ebbene nonostante questo basso impatto sulla circolazione locale di questa manifestazione in orario particolare mi sono trovato in un punto dove decine di automobilisti e scooteristi si sono trovati a reclamare che se quel punto era chiuso loro non potevano recarsi al lavoro. Premesso che tutta la popolazione era stata adeguatamente informata dell’evento e si potevano benissimo studiare percorsi alternativi per arrivare puntuali sul luogo di lavoro, voglio sottolineare che anche quei disinformati che non sapevano queste cose avrebbero potuto tranquillamente parcheggiare il loro mezzo nei pressi del blocco per raggiungere il posto di lavoro a piedi in cinque, massimo dieci minuti perché il percorso era studiato in modo che i tratti “irraggiungibili” non fossero più distanti di quello spazio.
Ora l’idea di fare cinque-dieci minuti a piedi per l’italiano medio regolarmente munito di mezzo a motore è una follia e se una corsa podistica ci costringe a fare a piedi un tratto così lungo per andare al lavoro il malcapitato sbotta in un disorientante “Ma allora non posso nemmeno andare al lavoro!” Se non hai voglia di andare al lavoro trovati un’altra scusa se invece pensi che per il lavoro sia opportuno prevaricare i diritti di chicchessia allora hai toccato un punto delicatissimo della politica italiana. Ci sono siti produttivi in Italia (uno a caso l’acciaieria di Taranto) che tutti hanno capito che sono ubicati nel posto sbagliato (a Taranto possono produrre tutto ma non acciaio perché i tarantini ne hanno i polmoni pieni ed è un tipo di inquinamento che proprio non possono sopportare, l’industria giusta nel posto sbagliato…) In nome del posto di lavoro si continuano a tenere aperti siti produttivi ad alto rischio per tutto il resto della popolazione. Si tratta di intervenire energicamente per aiutare quei molti operai che restano a piedi e per salvare la popolazione dal disastro ambientale. E’ politica energica e pure costosa e deve avere rispetto delle esigenze dei lavoratori (che vanno seguiti e non lasciati in mezzo alla strada) e della popolazione. Io penso che il ricatto “Devo lavorare” non funzioni nemmeno per una corsa podistica, figuratevi cosa ne penso sui siti produttivi ubicati nei posti sbagliati per tutelare il posto di lavoro. Se è per me la costituzione va pure riscritta: l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro a patto che non faccia venire il cancro a chi “subisce” quel lavoro.
Ma questo è un discorso troppo lungo perché potrebbe portare pure al concetto che l’Italia è una repubblica fondata sulla salute dei suoi cittadini e sia mai che così ci tocca pure spegnere la televisione. E sai quanta gente che va a casa allora….