L’articolo sul tablet che devasta le abitudini dei bambini e deve in qualche modo essere controllato dai genitori mi riconduce alla problematica della coercizione che riguarda sia bambini che adulti. Non c’è niente di più desiderabile di qualcosa di vietato e così vietare il tablet è un ottimo espediente per renderlo ancora più affascinante e coinvolgente. Ricordo un’epica battaglia per un motorino che a casa mia era vietatissimo per paura di incidenti (già troppo diffusi a quel tempo). Epica battaglia vinta, quel motorino ce l’ho ancora e anche se non può circolare perché di tasse costa una fortuna è gelosamente custodito nel mio garage. Poco usato perché alla fine la paura degli incidenti me la inculcarono. Alla fine mollarono l’osso e non mi costrinsero a non usarlo. Fui io a decidere di usarlo poco anche vedendo cosa succedeva in giro. Se mi avessero negato il motorino probabilmente sarei ancora quotidianamente in giro su una moto che apprezzo molto esteticamente ma non prediligo come mezzo di trasporto abituale per il quieto vivere.
La coercizione con me ha funzionato un po’ malino con riguardo al nuoto. C’è un mio omonimo che scrivendo di filosofia ed aneddoti ci ha fatto una fortuna, in un suo libro racconta di un luogo dove a Napoli portavano i ragazzini per vedere se riuscivano ad imparare a nuotare. In quel luogo li buttavano giù a tradimento. Se tornavano su avevano già imparato a nuotare, se non tornavano su erano costretti ad andarli a prendere e non imparavano più in nessun modo. Ho parenti napoletani ma non sono stati miei parenti a buttarmi in piscina a tradimento a dieci, undici anni senza dirmi nulla. Ricordo tutto blu, non respiravo (mi dicono che nessun essere umano dentro l’acqua respira, respira solo se impara a nuotare…) e sono venuti a prendermi abbastanza in fretta. Comunque io ricordo tutto blu, all’esame di nuoto all’ISEF è stata una vera e propria tragedia nel senso che sono riuscito a completare una vasca per la prima volta in vita mia ma nuotando praticamente in apnea, ancora adesso anche se sono leggermente migliorato rispetto ai tempi dell’ISEF (è probabilmente l’unica capacità motoria che ho migliorato da quei tempi, poca fatica…) ho un pessimo rapporto con l’acqua e se le mie figlie sottovalutano i pericoli dell’acqua perché per fortuna sanno nuotare, mi infurio perché la paura ce l’ho io per loro.
Insegnare con la coercizione è davvero difficile, probabilmente è il peggior metodo possibile, quasi sempre fallimentare.
Io predico “contro” la sedentarietà, ma predico male perché un sedentario praticamente non lo sono mai stato, anche se sono stato un bambino che giocava un po’ troppo poco. Giocavo troppo poco perché abitavo in luoghi dove non c’era molto spazio per muoversi. Appena ho avuto la possibilità di muovermi di più ho cominciato davvero e non ho più smesso, anche lì la coercizione.
Non ho trovato nessuno a dirmi “Devi giocare di più”. Al contrario appena ho trovato gli spazi per giocare ho trovato un gran numero di insegnanti pronti a dirmi: “Devi studiare di più”. Ed io ho reagito pensando che c’è un tempo per giocare ed un tempo per studiare, il mio tempo per studiare era già finito ad 8 anni perché avevo studiato troppo, se andava avanti così diventavo un filosofo e poi facevo concorrenza al mio omonimo e poi era un casino perché non si sapeva più chi era uno e chi era l’altro (curiosità: nella vita anche il mio omonimo scrittore filosofo ha corso gli 800 metri ma pare che ci abbia impiegato 13″ secondi più del sottoscritto, un nonnulla in termini di salute, un’enormità in termini di risultato agonistico. In ogni caso io gareggio ancora anche se ora ci impiego mezzo minuto in più di quanto ci impiegava il filosofo).
Ho letto un articolo sulla corsa scritto da una giornalista che si occupa essenzialmente di moda: è splendido. L’ho sempre scritto io che se volete capirci qualcosa in termini di corsa dovete ascoltare voi stessi e non i santoni della corsa.
Scrive che ha sempre odiato la corsa e pure chi continuava a proporgliela, chi le diceva che “Poi scateni le endorfine e non riesci più a smettere!”. Lei le endorfine non le ha mai scatenate e proprio la corsa non la sopportava, nemmeno la sua idea. Poi un giorno s’è liberata di tutto ciò che dicevano gli altri, ha corso per un minuto solo e pure piano. Ha scoperto che nella corsa si può fare quello che si vuole senza ascoltare nessun consiglio dagli altri, nessuna coercizione, e non se l’è più cavata perché ha scoperto la “sua” corsa non quella degli altri.
Se confronto i miei articoli sulla corsa, troppo tecnici, con il suo, mi sento un vero e proprio pirla. Io sono qui a tentare di corrompere i sedentari incalliti non a dare consigli per i campioni. Non gliene frega nulla della corsa in progressione a chi non ha mai corso. Se posso superare l’articolo della giornalista che si occupa di moda posso solo dire: “Potete iniziare anche da tre passi, non è nemmeno necessario un minuto.”
E anche qui il sistema della coercizione temo che non funzioni. Sbagliato buttare in acqua il ragazzino perché impari a nuotare, sbagliato spingere il podista a correre anche se non ne ha voglia.
A chi mi chiede consigli per la corsa la prima domanda che faccio è sempre: “Perché vuoi correre?”.
Questa domanda è fondamentale perché se uno vuol correre perché crede che sia necessario per restare in salute si sbaglia di grosso: per quel motivo è più che sufficiente camminare. Se invece vuol correre perché gli piace allora quella domanda è inutile, ha già imparato. La corsa è come il cammino, è istintiva, la impari a poco più di un anno e non la disimpari più almeno fin tanto che le gambe non hanno un minimo di efficienza, appena un po’ di più di quella sufficiente per camminare abbastanza rapidamente. Poi se uno è attanagliato dalla necessità di migliorare il rendimento della corsa può anche tentare di modificarla, ma quello è già un discorso complesso che riguarda una fascia abbastanza ristretta del popolo dei podisti.
Quindi come è sbagliato “vietare” il tablet ai bambini perché glielo rendiamo ancora più desiderabile (ma qualcosa dovremmo pur inventarci altrimenti questi si ammazzano di tablet…) è pure sbagliato trattare con coercizione i sedentari. Per certi versi è quasi più facile smettere di fumare che smettere di fare i sedentari. Per smettere di fumare non ci vuole questa gran fantasia. Per incominciare a muoversi invece è necessaria una grande fantasia. E probabilmente è proprio questa che manca ai sedentari cronici. L’unico dato certo in possesso del sedentario è quello relativo al come “non” iniziare. Non si può iniziare nel modo suggerito dagli altri perché quello, nove volte su dieci, non funziona per i sedentari. Per cui il sedentario deve inventarsi il suo modo di cominciare, non lo trova scritto da nessuna parte e se proprio vuole leggerlo da qualche parte è più facile che lo trovi scritto sulle riviste di moda che non su quelle che riguardano la corsa. Per i sedentari l’articolo scritto dalla giornalista di moda è cento volte più azzeccato dei miei. Lei, evidentemente, ha conosciuto la sedentarietà molto meglio di me. Largo ai sedentari, prendetevi la vostra attività motoria senza farvi condizionare dai nostri discorsi.