– Le tue considerazioni nell’articolo “Ci stiamo muovendo al contrario” non fanno una piega se non che bisogna ammettere che siano un po’ ipotetiche e considerino troppo poco la realtà attuale. In effetti quando fai il paragone con la possibile privatizzazione dell’acqua, che consideri come follia, devi invece pensare che ci siamo andati piuttosto vicini e c’è pure chi la spingeva a gran voce. Per cui se da un lato l’ideale è che tutti i cittadini possano fare attività motoria senza spendere molto, dall’altro bisogna rilevare che le presunte sovvenzioni per le palestre che lavorano in un certo modo, come scrivi tu, ancora non esistono e pertanto non esiste nemmeno una rete capillare di gestione dell’attività all’aperto che possa prevedere l’utilizzazione di esperti dell’attività motoria a disposizione della cittadinanza pagati dagli enti pubblici. In tale contesto è normalissimo che insegnanti che capiscono l’importanza dell’attività all’aperto (ed in tal senso la pandemia è stata decisiva) si inventino anche delle attività a pagamento che, istintivamente si potrebbe pensare che non devano essere a pagamento. Purtroppo bisogna rilevare che la gente sempre più sedentaria ormai non sa più come affrontare anche cose normalissime quali il cammino e necessita dell’assitenza pure per quello. Non è che un istruttore che ti riavvicina nel migliore dei modi al cammino ti chieda per questo cifre, astronomiche, tutt’altro, ma in un’ ottica dove il pubblico proprio non si vede è normale che possa essere gestita in forma privata con tanto di corsi e lezioni a pagamento anche questa semplicissima attività. Pertanto, piuttosto che il servizio non esista e la gente trovi pure la scusa che non sa più nemmeno camminare pur di star ferma, ben vengano anche i corsi di cose semplicissime, quali il cammino, a pagamento… –
E ovviamente bisogna sempre fare i conti con la realtà attuale e non con i modelli ideali per non fare discorsi senza senso, però è anche un’aberrazione che la nostra categoria invece di far sentire il suo peso che ormai dovrebbe essere piuttosto consistente in una società che paga miliardi di prezzo per la sedentarietà patologica, si riduca a mettere a pagamento attività che dovrebbero essere assolutamente gratis. Vuol dire che a livello di marketing siamo assolutamente inesistenti perché il nostro marketing non deve essere trovare gli espedienti per far pagare il privato per una cosa che dovrebbe essere normalmente gratis o quasi bensì trovare le vie per coinvolgere le varie amministrazioni su temi di importanza fondamentale e fare in modo che si facciano carico della salute della popolazione prevedendo anche un impiego istituzionalizzato dei tecnici del movimento. Il fatto che a livello istituzionale esistiamo solo a scuola anche nel terzo millennio è semplicemente scandaloso e come la battaglia l’abbiamo ripetutamente persa a scuola dove l’educazione fisica quasi non esiste e pesa zero rispetto alle altre materie, in modo ancora più grave la battaglia l’abbiamo persa fuori da scuola dove proprio non esistiamo e dove per esempio anche nell’ormai diffusa ginnastica per la terza età, praticamente esistente su tutto il territorio nazionale e gestita per lo più a livello pubblico anche se con forme ibride, non esiste nemmeno uno straccio di ruolo degli insegnanti specializzati che possano condurre questo tipo di attività.
L’attività degli esperti di attività motoria può riacquistare dignità solo nel momento in cui viene istituzionalizzata e ritenuta importante per la salute di tutta la popolazione ma se viene lasciata in gestione ai privati, con tanto di imprenditori che pur senza capirci niente, possono disporre di capitali ingenti per far partire cose discutibili, allora avremo sempre solo iniziative a spot che soddisfano le esigenze solo di un certo tipo di clientela e che non riescono ad arrivare laddove ce n’è effettivamente bisogno.
Combattere la sedentarietà non è un business, è un costo sanitario. Molto spesso le situazioni più urgenti di sedentarietà patologica si trovano proprio nelle fasce disagiate della popolazione e non è andando a caccia di quei soggetti che le palestre private possono sostentarsi. Possono continuare a coesistere anche due modelli di attività fisica alla faccia di una realtà inaccettabile: quello per i ricchi e quello per i diseredati ma comunque deve esistere un modello che possa supportare anche le esigenze di quell’ampia fascia di popolazione che ha grande necessità di movimento ma non sa a chi rivolgersi per quesiti che ormai sono per tutti. Un tempo la gente con pochi soldi non aveva bisogno di chiedere a nessuno cosa fare per fare un po’ di sano movimento. La povera gente era quella che proprio per motivi legati alla propria condizione era costretta a muoversi di più. Oggi è esattamente il contrario, il benessere ha fatto in modo che la sedentarietà sia a disposizione di tutti solo che mentre chi ha qualche soldino ha le vie per combatterla, chi non ha mezzi non sa nemmeno a chi rivolgersi per fare un minimo di attività fisica.
Tanto per essere precisi anche se rischio di creare polemiche ma è inutile nascondersi dietro ad un dito: io vedo i corsi di camminata veloce a pagamento un po’ come la privatizzazione dell’acqua potabile e mi dispiace per chi organizza tali corsi che ha evidenziato un problema concreto nella popolazione e si adopera per offrire una soluzione ma io insisto sul fatto che quella soluzione (sacrosanta perché io reputo il cammino l’abc del movimento…) dovrebbe essere gratuita per la popolazione. Pertanto ben vengano anche quei corsi visto che ce n’è effettivamente bisogno, ma è opportuno mettersi in testa che camminare per la gente è come l’acqua potabile e pertanto potrai farla pagare una cifra simbolica ma non un vero prezzo di mercato. Chi gestische l’acqua potabile non deve farne un business così come bisogna assolutamente evitare che possa diventare un business, una cosa elitaria, una cosa normalissima, quanto essenziale come il cammino.
Poi sono il primo a dire che la gente ha perso il gusto anche per le cose più semplici quali il cammino e davvero occorrono esperti del movimento per una “riabilitazione” anche a questi semplicissime attività. Diciamolo chiaro e tondo: la maggior parte degli italiani non sa nemmeno che differenza ci sia fra marcia atletica e cammino veloce e mentre in giro per le strade una volta non trovavi nessuno che marciava a meno di 11-12 chilometri all’ora (laddove il vero marciatore quando si allena riesce a fare anche i 15 chilometri all’ora) adesso vedi gente che cammina a ‘mo di marcia anche ai 5 chilometri all’ora quando a quell’andatura non ha assolutamente nessun senso tirare su le braccia come si stesse marciando a meno che non ci siano dei problemi circolatori che ti impongono di tirare su le braccia ogni tanto ma solo perché il sangue non circola come dovrebbe circolare. Potremmo semplicemente dire che ci abbiamo lasciato giù cinque chilometri all’ora di differenza e forse guardando la corsa il discorso ci potrebbe anche stare perché anche nella corsa mentre un tempo si faceva fatica a trovare per le strade gente che correva a meno di 11 chilometri all’ora adesso si trovano molti che procedono di corsa agli 8 chilometri all’ora quando a quell’andatura forse sarebbe più conveniente camminare che non correre. Ma mentre nella corsa tale cosa corrisponde solo ad uno scadimento generale del livello dei podisti (una volta quelli che correvano normalmente a 4’ x km,, cioè 15 chilometri all’ora erano dei soggetti qualunque che praticavano normalmente la corsa, adesso, nel panorama generale, sembrano dei marziani superdotati…) nel cammino questa idea di camminare a braccia alte a cinque chilometri all’ora o poco più corrisponde solo ad una falsa idea di marcia legata ad ignoranza e che fa si che siamo riusciti a snaturare pure il normale concetto di cammino.
Sono concetti che dovrebbero sembrare banali ed invece non vengono afferrati in modo immediato da tanti, troppi, potenziali sedentari. Questo è il dato di partenza. Il punto di arrivo per conto mio è farsene carico a livello pubblico e non con iniziative private a spot. Forse è semplicemente un discorso politico. Io, con tante idee che sembrano del futuro, sono ancora legato all’antico concetto del Welfare State.