PAROLE CONTRO NUMERI NELLA FORMULAZIONE DEI PIANI DI PREPARAZIONE SPORTIVA

Si pensa, giustamente, che parole e numeri dovrebbero servire entrambi a sostenere una buona comunicazione per formulare i piani di preparazione sportiva, con le parole si esprimono i concetti relativi alla qualità ed all’intensità della preparazione, con i numeri si definiscono con precisione le quantità della stessa ed i volumi di carico.

A volte, purtroppo, fra parole e numeri si instaura una specie di battaglia e va a finire che le prime escludono i secondi e viceversa. Chi usa molto i numeri finisce per usarli anche per aspetti della preparazione che sono difficilmente codificabili quali quello qualitativo. E’ difficile definire un intensità al “70%” di una determinata esercitazione allenante quando questo “70%” non si sa assolutamente cosa voglia dire e non è nemmeno misurabile. L’utilizzazione dei numeri può avere, forse, una sua utilità per definire parametri che sono effettivamente misurabili ma a volte è inopportuna anche in quelli perché l’aspetto qualitativo della cosa che vogliamo misurare ci sfugge così come quando, per esempio, misuriamo l’attività cardiaca solo con il parametro della frequenza che è certamente un parametro importante ma non l’unico e decisamente non quello che ci da molte informazioni sulle reazioni di adattamento del muscolo cardiaco alle elevate intensità di impegno fisico.

Siamo portati a pensare che una buona utilizzazione dei numeri per definire alcuni aspetti della preparazione sportiva ci porti ad essere più  precisi quando talvolta è vero esattamente il contrario nel senso che è molto più facile ragionare in termini analogici che in termini digitali per sviscerare alcuni concetti della preparazione che non possono essere sondati con misurazioni impossibili.

Così a volte, la massiccia, utilizzazione di numeri diventa un trucchetto per dribblare alcuni problemi metodologici e far finta che non esistano, grazie ai numeri che parlano un linguaggio binario e quindi digitale, inequivocabile e facile da decifrare, ci mettiamo il cuore in pace e concentriamo l’attenzione su aspetti della preparazione che sono per lo più quantitativi tralasciando in modo grossolano importanti aspetti della qualità del processo di allenamento.

In breve, i numeri sono di moda e le famigerate schede di allenamento realizzabili con le macchine da palestra traboccano di numeri. E’ per quello che io sono decisamente scettico su ogni preparazione infarcita troppo di esercitazioni svolte sulle cosiddette “macchine da palestra”. Molto spesso sono preparazioni fatte con lo stampino che vengono formulate sulla base di poche indicazioni date dall’utente quali età, peso, statura, massa grassa etc, tutti parametri di ordine quantitativo che non sono sufficienti ad identificare la capacità motorie e le esigenze di movimento di un preciso soggetto e dove la storia motoria dello stesso è quasi sempre ignorata come se fosse un dettaglio di poco conto.

La lotta fra parole e numeri purtroppo non può essere attribuita ad una “colpa” dei numeri nei confronti delle parole e, se così fosse, ci tocca ammettere che forse le colpe delle parole nei confronti dei numeri sono ben più gravi.

Questo sito ne è un esempio: guardate quanti pochi numeri ci sono, quante poche tabelle e tutte queste ipotetiche tabelle, queste comode semplificazioni sono stroncate da parole che le rendono non utilizzabili per molte situazioni di quelle considerate dalla maggior parte dei miei lettori.

Quando con un moto di presunzione deprecabile io scrivo che più che compilare tabelle numeriche preferisco dare le parole ai miei lettori per far capire loro cosa devono cercare da un certo tipo di preparazione fisica mi inoltro in una strada impervia che la maggior parte degli sportivi della domenica si rifiutano di percorrere perché cercano invece la risposta preconfezionata, facilmente leggibile ed applicabile in modo immediato senza doverci pensare tanto su. E’ una risposta che soddisfa quella che io ritengo la peggior pigrizia del soggetto che fa sport o attività fisica in senso generale: la pigrizia intellettuale.

Io affermo sempre che chi “fa” il sedentario (strano questo concetto: non si “è” sedentari lo si “fa”) lo “fa” grazie ad una pigrizia intellettuale che ostacola ogni approccio ragionato e razionale al movimento. Il sedentario cronico vive di impulsi all’inazione e questa può apparire una contraddizione clamorosa perché il vero sedentario può sembrare tutto tranne che un impulsivo ma la realtà è che la normalità per l’essere umano è il movimento e non la sedentarietà pertanto il sedentario cronico riesce a mantenere il suo status di sedentario grazie ad una serie di impulsi che riescono a disattivare ogni motivazione al movimento ogni qualvolta se ne presenta l’occasione.

Siamo abituati a vedere il sedentario come un soggetto passivo quando in realtà, molto spesso, è un vero e proprio professionista dell’inazione.

I numeri vengono talvolta in soccorso a questa categoria di persone per giustificare il loro atteggiamento difensivo nei confronti del movimento.

“Ho provato a camminare 30 minuti come mi ha suggerito il medico ma non ce la faccio…”. Ecco che i 30 minuti diventano la scusa per procrastinare il no al movimento. Evidentemente se 30 minuti non sono possibili si tratterà di cominciare da 10 o da 5 se anche 10 sono un grande problema.

Le parole che, usate con molta cautela, circospezione ed attenzione devono essere quelle che si usano per smontare i castelli di scuse del sedentario incallito sono le stesse che è necessario usare per distinguere i cavilli delle questioni metodologiche dello sportivo di alto livello. Nel caso del sedentario che non fa proprio un cavolo bisogna trovare gli strumenti per far capire che la salute è importante e questa non si trova facendo i sedentari ad oltranza. Nel caso dell’atleta di alto livello, che invece è molto propenso all’attività fisica altrimenti non sarebbe un buon atleta, bisogna trovare le parole laddove i numeri non arrivano perché la preparazione è talmente complessa che ogni dettaglio è importante per poterla formulare con precisione.

Ogni strumento comunicativo è importante ma mentre i numeri possono ingannare e far sembrare facili cose che non lo sono le parole hanno più possibilità di trasmettere con fedeltà i concetti chiave per formulare successivamente con i numeri la preparazione.

Sempre nel rispetto della moda si tende a pensare che i concetti della preparazione devano essere materia del tecnico che una volta elaborato un piano per l’allievo può trasmetterlo semplicemente grazie ai numeri. Tale atteggiamento coincide con la rinuncia a rendere partecipe l’allievo all’elaborazione del processo di allenamento e questa è una rinuncia alla quale non possiamo cedere se vogliamo avere delle speranze di far crescere il bagaglio motorio dell’allievo. L’allievo evoluto non è un mero esecutore di esercitazioni di addestramento sportivo bensì un curioso del movimento che deve partecipare attivamente al processo di rielaborazione del piano di allenamento e che spesso, in tale lavoro ha anche delle idee più apprezzabili di quelle del tecnico. Ciò se è abituato (con le parole più che con i numeri…) a pensare a ciò che fa. Altrimenti può pure allenarsi con una splendida app, come molti fanno al giorno d’oggi. Ed è pure di moda.