Ci sono due tipi di valutazione del risultato nello sport: una è quella del risultato dello sport di alto livello ed una è quella del risultato di medio o basso livello.
E’ significativo il fatto che proprio nell’ultimo articolo abbia sostenuto come sia importante non scindere troppo fra uno sport di serie “A” ed uno sport di serie “B” e adesso mi trovo a scrivere subito che non si può valutare il risultato nello stesso modo a seconda del fatto che provenga da un certo tipo di sportivo o da un altro. La realtà è questa e come minimo ci tocca ammettere che i due tipi di sport sono diversi, almeno per questo. Da un punto di vista ideale poi io sono a teorizzare come sarebbe bello che i due sport fossero considerati quasi come equivalenti e, come minimo, con lo stesso rispetto.
E’ proprio il diverso criterio con il quale vengono valutati i risultati sportivi a seconda che provengano da un certo tipo di atleta o da un altro atleta a confermarci che in realtà esiste uno sport con un certo tipo di problematiche e ne esiste un altro con problematiche completamente diverse.
Questo articolo è scritto per commentare la valutazione dello sport di quei soggetti che non traggono il becco di un quattrino dalla loro pratica agonistica e, non solo, non hanno nemmeno in prospettiva a breve termine (nel lungo periodo non ci si può mai sbilanciare, soprattutto con riferimento ad atleti giovani che non si sa come crescono) di poterci guadagnare qualcosa.
Sono convinto che un dibattito sulla valutazione dei risultati degli atleti di alto livello non possa nemmeno esistere per il semplice motivo che questa è fatta dal mercato. E’ il mercato a dire se un risultato è interessante o meno e anche se tecnicamente un certo risultato può essere più apprezzabile di un altro il mercato stravolge ogni valutazione e quasi sempre condiziona le gesta sportive.
Al contrario, nella valutazione dei risultati degli atleti di basso e medio livello il mercato c’entra ben poco ed è proprio possibile una serie di considerazioni su questa valutazione.
Intanto un’osservazione sulla valutazione di tipo squisitamente tecnico. Questa è sempre difficile perché non si può valutare il risultato senza contestualizzarlo. Tecnicamente, a mio parere, è molto più interessante il tempo di 16″ sui 100 metri di quel giovane in sovrappeso che fino a poco tempo prima faceva fatica a correre in meno di 18″ i 100 ed era proprio inchiodato alla poltrona del tempo di 12″ netti sulla stessa distanza di quel giovane che è da parecchi anni che si allena sempre per quella disciplina sportiva. In termini assoluti 16″ sui 100 metri è una nullità mentre 12″ netti sui 100 purtroppo ci sono pochi studenti italiani che riescono a farlo, anche se un tempo ce n’erano come minimo un paio per classe. In termini relativi 16″ diventa un obiettivo anche apprezzabile per molti giovani che sono già dei sedentari prima ancora di terminare gli studi, mentre 12″ sui 100 con riferimento ad una pratica agonistica costante, supportata da un allenamento giornaliero, continua ad essere un risultato un po’ scadente adesso come lo era anche 40 anni fa. Se è da molti anni che ti alleni per fare i 100 metri, cominci ad essere strutturato muscolarmente quasi come un adulto e non riesci ad abbattere lo stramaledetto muro dei 12″ netti sui 100 vuol dire o che hai sbagliato specialità, o che nonostante che ti alleni tutti i giorni non hai imparato ad allenarti come si deve, oppure che non sei un grande talento e non per questo devi sentirti sminuito ma quando sai che la tua specialità è quella e ti piace nonostante che i risultati non siano stratosferici, hai tutto il sacrosanto diritto di continuare ad impegnarti con dedizione in quella pratica e sperare che arrivi l’agognato giorno dell’under 12″ sui 100.
Allora il concetto di valutazione del risultato di un atleta di basso o medio livello non può prescindere dal fatto che la valutazione deve comunque puntare a motivare in modo positivo la pratica sportiva. Anche se tecnicamente il risultato non è eccelso ogni valutazione deve essere considerata in base alla sua opportunità. Mi pare di rifare il verso alla colossale problematica delle valutazioni scolastiche dove la maggior parte delle valutazioni non servono a dare entusiasmo ed interesse per la materia ma al contrario a creare incubi ed a stimolare la creazione di quell’aberrante materia che è la tecnica di “superamento della verifica” per la quale uno studente non è impegnato ad apprendere meglio possibile ma è semplicemente impegnato ad imparare a superare con i migliori risultati possibili la lunga serie di verifiche che gli vengono proposte in ambito scolastico. Non conta l’apprendimento, conta “dimostrare di aver appreso” anche se questa dimostrazione si fonda su motivi opinabili.
Dobbiamo imparare a considerare, almeno nello sport se non riusciamo anche nella scuola (ma a mio parere sarebbe fondamentale considerare queste cose anche nella scuola vista la marea di tempo dedicata attualmente alla valutazione), la valutazione per l’utilità pratica che può avere ai fini della prosecuzione della pratica sportiva. Non una valutazione fine a se stessa bensì motivata dall’esigenza di diffondere nel modo migliore la pratica sportiva. Guardate che non si tratta di prendere in giro nessuno anzi la faccenda può funzionare solo se è orchestrata con la massima sincerità e la massima correttezza possibili altrimenti non sta in piedi e finisce per produrre risultati fallimentari. Una valutazione utile non è certamente un falso tentativo di manipolazione dei risultati ma al contrario un attento esame di tutti le implicazioni della valutazione.
Ora sembrerà strano ma un tipo di valutazione sempre incensante non è per niente motivante perché apparendo palesemente pressapochista sta proprio a testimoniare che tutto sommato del rendimento sportivo degli atleti di basso e medio livello non gliene frega praticamente niente a nessuno. Da un punto di vista della salute c’è invece da rilevare come siano particolarmente importanti soprattutto i risultati degli atleti non professionisti per avere un indice di salute. Mi spiego: se il numero uno di un certo paese nei 100 metri vince alle Olimpiadi o non c’entra nemmeno la finale da un punto di vista sportivo fa un’ enorme differenza e ovviamente per l’atleta in questione vuol dire passare dalle stelle alle stalle. La ricaduta di questo risultato in termini di immagine sullo sport nazionale è indubbiamente pesante ed i paesi del blocco sovietico ci insegnavano che per tali risultati si facevano grandi cose, insomma era un evento tutt’altro che trascurabile nella storia di un paese. Se nello stesso paese ci sono mille o centomila ragazzi in grado di correre i cento metri in meno di 12″ fa una grande differenza perché questa cosa oltre che buona premessa perché da questi possa venire fuori quello che vince le prossime olimpiadi è anche un indice certo di salute che da risposte sul presente. Se a questi si affiancano un grande numero di potenziali sedentari che sanno comunque correre i 100 metri in modo che non è per niente da sedentari quello è un ulteriore importantissimo indice di salute che è anche una certezza di risparmio sulle spese del sistema sanitario nazionale perché il giovane sedentario si trasforma in un potenziale costo per il sistema in tempi brevi. Pertanto nell’ordine: il numero uno che vince la medaglia d’oro alle Olimpiadi fa molto comodo come immagine. La marea di buoni atleti capaci di competere dignitosamente nella disciplina sportiva sono già un indice di salute concreto anche se non ha immediate ricadute sul sistema sanitario nazionale. La gran massa di sedentari che invece di starsene seduti a vedere i campioni per televisione accettano di frequentare gli impianti sportivi e si mettono in grado di offrire prestazioni almeno quasi normali per la loro età sono un risparmio certo sulla spesa sanitaria. Da questo punto di vista i più importanti sono proprio gli ultimi e si può pure dire che sono quelli che danno il miglior risultato nell’immediato, il risultato più concreto e facilmente apprezzabile, gli altri sono comunque valida premessa per un buon funzionamento dell’intero sistema e quasi di sicuro da quelli può venire fuori il talento che va ad ottenere ottimi risultati in campo internazionale.
Dunque una valutazione obiettiva dei risultati dei vari soggetti deve essere ponderata e contestualizzata alle varie situazioni. Come visto non è importante valutare i campioni che sono comunque alle prese con una valutazione continua all’interno del loro ambiente (perfino eccessiva e stressante) è invece importante valutare tutti gli altri sportivi per motivarli e anche per capire se è effettivamente valida la pratica sportiva che esercitano. Senza stilare paradossali gigantesche classifiche che non hanno senso è comunque opportuno tentare di tenere in piedi anche un settore agonistico che possa tenere conto anche delle capacità prestative degli atleti meno performanti. Tale affermazione parrebbe in netta contraddizione con quella che mi vedeva sostenere un’ipotetica unione fra lo sport di vertice e quello di base.
L’atleta professionista che si applica e non riesce a primeggiare come vorrebbe si merita certamente la pacca sulla spalla di incoraggiamento e comunque se i suoi risultati sono interessanti ha ben di più della pacca della spalla ed ha tutta una serie di motivazioni anche di carattere economico che lo tengono in piedi. Battere la mano sulla spalla ad un atleta di basso livello che ha appena fatto il peggiore dei suoi risultati può apparire ipocrita e atteggiamento di noncuranza di una attività che è comunque importante e, senza cadere nella critica insulsa ed inopportuna, bisogna comunque trovare i metodi per incentivare anche quel ragazzo a risultati migliori per poterlo davvero esaltare nel momento in cui consegue risultati che, pur piuttosto disastrosi in valore assoluto, sono comunque molto significativi per la sua storia sportiva.
Tutto ciò non si traduce nella creazione di circuiti di gara dedicati agli atleti più scarsi bensì nell’ampliamento dell’organizzazione già esistente avendo cura di non ghettizzare nessuno. In tal senso l’atletica insegna a tutti gli altri sport ed è ben noto come in una manifestazione provinciale ben organizzata possa andare a gareggiare sia il ragazzo che non è ancora in grado di correre i 400 metri in meno di un minuto come il campione che è in grado di correre in meno di 47″ anche senza nessun avversario di valore. Tale modo di agire può portare alle creazione di autentiche feste dello sport dove tutti gareggiano secondo il loro valore e dove anche l’atleta performante può godere dell’attenzione di un pubblico attento e competente. Poi è evidente che il teatro dello sport spettacolo non può essere lo stesso che contiene lo sport di tutti e così se alcune manifestazioni sportive possono contemplare una fantastica commistione di vari livelli competitivi altre continueranno ad essere i santuari dello sport spettacolo. Indubbiamente non va l’atleta scarso alle Olimpiadi e tanto meno a Wimbledon ma per esempio alla Stramilano, dove gli ultimi dei contendenti non sono certamente atleti di grande valore ma può vincere anche un atleta in grado di andare sul podio alle Olimpiadi. Questa cosa, tipicamente possibile nelle corse podistiche di massa, è possibile anche in altre manifestazioni sportive. Ovviamente non in questo stramaledetto periodo di Covid ma penso che con un po’ di sano ottimismo si possa pensare anche ad un tempo ragionevolmente vicino nel quale possiamo organizzarci senza l’incubo di evitare pericolosi assembramenti.