LA CAPACITA’ DI CORRERE PIANO

Non tutti sanno correre piano e non a tutti serve saper correre piano. Per esempio i maratoneti di alto livello non sono capaci di correre veramente piano, non corrono piano nemmeno nei recuperi e quando sono intossicati e sovraccarichi di allenamento. Al  contrario sono capaci di correre piano i velocisti di alto livello, soprattutto i neri americani che hanno delle doti muscolari di elasticità che li portano a correre essenzialmente in due modi: o agli 8 chilometri all’ora oppure… ai quaranta! Non conoscono vie di mezzo, sanno produrre la velocità che li porta vicini al record del mondo sui 100 oppure quella di una corsetta che è poco più veloce del cammino comunemente adottato quando si fa shopping.

Il famoso test di Conconi, apparso in Italia alla fine degli anni ’70 e che poi ha inflazionato la letteratura sportiva con una marea di scritti in proposito, aveva evidenziato subito una cosa curiosa. Al di là del famoso discorso della soglia di innesco e tutte quelle menate sui ritmi presunti utili per la preparazione dei corridori di lunghe distanze, in modo molto banale il test rilevava come nella fase iniziale il grafico dell’andamento delle frequenze cardiache seguisse un andamento lineare fino alla fatidica e famosa “curva d’innesco”. Questa linearità del grafico voleva semplicemente dire che il corpo umano si comportava più o meno come una macchina e ad un tot. di incremento di velocità di corsa corrispondeva più o meno un tot. di incremento di lavoro cardiaco abbastanza proporzionato all’incremento di velocità. Insomma questa fase del grafico non suggeriva niente di interessante. Ed invece ad essere pignoli la cosa più interessante del test di Conconi era proprio questa, che praticamente mai la retta era veramente dritta ma aveva sempre delle piccole deviazioni rispetto alla linea ideale che portava alla curva di innesco. Nella foga di analizzare tutta la problematica relativa alla velocità di innesco che poi ha rivoluzionato i sistemi di preparazione di una buona parte di sportivi per oltre un trentennio, ci si è dimenticati di analizzare bene quelle piccole deviazioni sulla linea retta. O meglio, ci si limitava a dire che quelle deviazioni erano trascurabili, forse anche dovute ad imprecisione nello svolgimento del test ed in ogni caso non avevano grande significato perché comunque andavano a confermare la linearità del grafico fino alla fatidica “curva”. L’osservazione che a certe andature molto basse alcuni atleti avevano frequenze cardiache più elevate di quelle riscontrabili in corrispondenza di velocità superiori veniva liquidata con il commento che “… quegli atleti non erano capaci di correre bene a velocità così basse…” E qui casca l’asino. Cosa vuol dire che un atleta di alto livello non è capace di correre per esempio a 5′ per chilometro? Non ha le doti fisiche per correre a quell’andatura? Il suo cuore impazzisce a quell’andatura? Certamente no, vuol semplicemente dire che ad ogni andatura di corsa corrisponde anche un affinamento delle doti tecniche necessarie per produrre quel tipo di corsa e se uno a quei ritmi ci è allenato riuscirà a produrre quella corsa in modo economico ed efficace, se, al contrario a quei ritmi non ci corre mai, per assurdo, riuscirà a correre più facilmente ad un ritmo superiore al quale è abituato a correre.

Ciò premesso, può essere interessante tentare di capire a chi conviene imparare a correre bene anche quando corre molto piano e a chi, invece, tale addestramento può non servire a nulla. Il velocista di alto livello sa correre bene quando corre molto piano per il semplice motivo che a quell’andatura fa funzionare le sua elasticità e stimola adeguatamente la muscolatura in vista dell’impegno che andrà a produrre poi nella gara di velocità. Il maratoneta di alto livello non corre mai a ritmi molto bassi perchè non hanno alcun interesse con riferimento alle sue strategie di allenamento. Non sa correre piano e non gli serve. Può servire saper correre molto piano al maratoneta amatore di basso livello che, non essendo molto performante, si trova a correre in gara sulla Maratona anche a ritmi che sono solo di poco più veloci a quelli di una camminata sostenuta. Se questo maratoneta corre sempre in allenamento attorno ai 10 chilometri all’ora o più perché ciò gli riesce spontaneo con i carichi di allenamento non esagerati che gli sono proposti ma poi in gara si trova a dover correre anche a 9 o addirittura ad 8 chilometri all’ora (come i velocisti neri da 9″9 sui 100…) potrebbe accadere che in tale situazione si metta a correre in modo antieconomico e non riesca nemmeno a portare a termine la gara oppure che la porti a termine a prezzo di una grande fatica. Potrebbe tornare utile, a tale tipo di maratoneta, imparare a correre anche a 9 o 8 chilometri all’ora, ovviamente economizzando al massimo e non producendo la corsa super elastica dei velocisti di alto livello.

In sintesi ogni andatura di corsa ha una sua tecnica ideale e messa a punto precisamente per quell’andatura, a seconda dei progetti, delle ambizioni e delle passioni dei vari atleti è opportuno pensare a quali ritmi di corsa si ha voglia di addestrarsi maggiormente.

Tornando al famoso test di Conconi e proponendo una rivisitazione dei dati forniti dal test ad ormai quasi 40 anni dall’apparizione dello stesso, propongo una riflessione per quella marea di amatori che sono ancora li ad elucubrare ragionamenti complessi sulla “soglia”. Prima di pensare alla “soglia” provate a vedere, anche grazie al test di Conconi appunto, se siete veramente economici a quelle andature che sono tipiche andature di sostegno della fase di crisi nella maratona che, a livelli un po’ bassi, deve sempre essere messa in preventivo. Se sapete correre anche davvero piano nel momento in cui andrete in crisi avrete delle ottime possibilità di superarla o almeno di riuscire ad affrontarla con la speranza che non sia molto drammatica, se invece a quelle andature molto basse non siete capaci di correre dovrete sperare di non aver mai bisogno di produrle in gara: in quel caso non vi aiuteranno certamente a superare la crisi e costituiranno anzi un altro problema della stessa. Saper correre anche piano è un po’ come avere la ruota di scorta: se bucate, in qualche modo al traguardo ci arrivate. Se siete talmente competitivi che non avete “spazio” per la ruota di scorta sappiate che non sarà divertente quando bucate, almeno montate un… ruotino!