UNO STRANO CONCETTO DI FUNZIONALITA’ DELLA CORSA

Stamattina ho visto un signore che correva. Niente di strano, da lì ne passano tanti che corrono, è anche un posto accettabile per correre e porta a luoghi ancora più gradevoli.

Di strano c’è che ho notato subito che correva in modo decisamente economico. Non veloce e tanto meno elegante ma senza nessuna dispersione di energia. Coordinato ma “piatto”, non saltava minimamente. Ho pensato che a quell’andatura lì avrebbe potuto andare avanti anche 50 chilometri ed era un’andatura che pur lenta era superiore a quella di molti altri che non sapendo correre saltano in un modo indecente, sbuffano e spingono come dei dannati facendo sembrare la loro corsa un’impresa per pochi eroi.

Allora l’ho guardato in faccia e mi sono tornati i conti. Mi sono tornati i conti perché avrà avuto 70 anni o più ed invece di pensare che era un atleta di alto livello che sa economizzare la corsa nel migliore dei modi ho pensato che come settantenne poteva pure essere un principiante e di quella corsa lì magari ne faceva al massimo due chilometri ma ciò non cambiava la sostanza della funzionalità della sua corsa. Per necessità (se non hai energie in più) o per addestramento (se è da tanto tempo che ti alleni ed hai messo a punto una tecnica di corsa decisamente evoluta) era comunque la miglior tecnica di corsa per quell’andatura.

Attenzione che a volte nemmeno i campioni sanno correre molto bene alle basse andature. La loro maestria è tarata sui ritmi ai quali sono impegnati a rendere al massimo ma quando corrono piano talvolta sono dispersivi perché hanno un surpluss di energia che correre bene ai bassi ritmi non gliene frega niente. Da come corre un campione quando corre piano capite se è abituato a correre molti chilometri a ritmo lento o se proprio per lui la corsa lenta è un’eccezione non contemplata dal suo piano di allenamento.

Quel signore lì, su con l’età con evidenti limiti prestativi, correva a ritmi lenti meglio di quanto sappiano fare molti mezzofondisti da 3’45” sui 1500, lui che probabilmente a quell’andatura non ci fa nemmeno 100 metri perché non penso che sia nelle sue possibilità di “estensione muscolare” più che di gesto tecnico.

C’è indubbiamente una tecnica di corsa per ogni andatura e quella per correre a 2’30” per chilometro (i tondi tondi 15″ per 100 metri che danno 2’00” sugli 800 e 3’45” sui 1500) non è certamente la stessa che serve per correre a 6′ x chilometro (gli altrettanto tondi tondi 10 chilometri all’ora che caratterizzano l’andatura di una infinità di podisti amatori sulle strade di tutto il mondo).

Quando si vuole imparare a correre bene a 2’30” per chilometro bisogna certamente economizzare ma bisogna anche avere le doti elastiche e di rapidità per poterlo fare. Poi per farlo per un po’ di metri consecutivi occorrono indubbiamente delle doti organiche superiori perché a quell’andatura la maggior parte dei comuni mortali iniziano ad accumulare acido lattico dopo pochi metri. Il primatista mondiale dei 5.000 metri che ci va vicino per oltre dodici minuti e mezzo (2’31” per chilometro è esattamente la media della velocità del record del mondo dei 5000 siglato da Cheptegei lo scorso 14 agosto in 12’35”) evidentemente non inizia produrre acido lattico subito a quell’andatura e ci  corre con un’economia di tensioni che è semplicemente spaventosa. Evidentemente ha anche la capacità di correre i 100 metri facilmente in meno di 12″ e senza assolutamente dire che è un velocista bisogna ammettere che ha comunque anche doti di velocità innegabili. La sua maestria sta nell’economizzare questa sua velocità in modo ottimale fino a portarlo a correre 5 chilometri in un modo che se guardi alle tensioni muscolari capisci certamente che è una corsa di resistenza ma se guardi a come si muove lo sfondo dietro a lui (non è lui che si muove, è lo sfondo che gli scappa via…) ti pare una corsa di velocità. Poi magari (ma questo non lo so assolutamente perché non l’ho mai visto…) Cheptegei corre a 6 minuti al chilometro da far schifo saltellando e spendendo più del signore attempato che ho visto correre stamattina. Ma quello non è il suo mestiere perché a Cheptegei di come corre a 6′ per chilometro non gliene interessa proprio nulla a meno che per motivi insondabili non sia pure abituato a correre tanti chilometri a questa andatura ma non ci credo nemmeno se gli serve per fare compagnia alla morosa che fa footing (a quel punto si annoia meno a seguirla in bicicletta: lui che corre tranquillamente a 3’30” per chilometro senza sbuffare più di tanto se si mette a correre a 6′ per chilometro si annoia di sicuro e rischia di imballarsi pure, meglio prendere la bicicletta che ci stai seduto sopra…).

Insomma la corsa può essere definita funzionale solo con riferimento all’andatura alla quale è praticata e, cosa assurda ma non inspiegabile, è proprio possibile che a ritmi lenti sappia correre meglio un ultrasettantenne che non un giovane che ha doti elastiche esuberanti, una forza invidiabile, pure un’ottima rapidità ma, proprio per questo non si è mai posto l’interrogativo di come si faccia a correre a 6′ per chilometro.

Chiudo con un aneddoto di tanti anni fa, quando ero ancora un ragazzino e affascinato dalla corsa in toto mi dilettavo pure a correre la Maratona anche se ero inequivocabilmente un  mezzofondista del mezzofondo breve. Erano gli anni delle stracittadine immediatamente seguenti all’austerity. Non erano ancora diventate di moda le maratone e le mezze maratone che poi sono diventate un fatto commerciale ed hanno fatto strage nella programmazione delle corse di massa. Allora la moda era sulla classica “non competitiva” senza tempi cronometrati sulla distanza di 14-15 chilometri circa che da tanto che era “non competitiva” c’era gente che ci correva su a 3’10” per chilometro (dalle mie parti quando c’erano Pimazzoni e Bordin andavano anche vicini a 3′ per chilometro, a parte i primi due chilometri di riscaldamento…). Ebbene tutti abituati a correre su quelle distanze sia i bravi podisti che i tapascioni quando poi arrivava il campionato provinciale di maratona (massimo due o trecento iscritti, non pensate che tutti facessero la maratona come adesso…) succedeva che c’erano molti podisti che ci correvano su con le stesse tensioni delle corse sui 14 chilometri.

Morale della favola, io che ero un mezzofondista abituato a correre gli 800 metri ed i 1500 e che giocavo a fare la maratona per rifinire la preparazione invernale mi trovavo a correre più economico sulla maratona rispetto a quei personaggi che tutte le settimane correvano 14 chilometri a palla ma senza mai provare a cimentarsi su distanze superiori. Insomma i veri “velocisti” erano loro abituati a correre sempre vicino a 3’20” per chilometro ma incapaci di economizzare a corse poco sotto i 4′ per chilometro, mentre io che a 3’20” per chilometro avevo dei seri problemi (anche se ero abituato a correre i ben più veloci 800 e 1500…) avevo imparato a correre facile attorno a 4′ per chilometro, un po’ per fare il gioco della maratona ed un po’ per sopravvivere a preparazioni invernali che allora prevedevano corse lunghe anche per i mezzofondisti del mezzofondo breve.

C’è una specificità della corsa ad ogni singola andatura. Chi sa correre bene a 3’20” per chilometro è quasi sicuro che sappia correre bene anche a 3’30” o a 3’10” ma non è detto che sappia correre bene anche a 4’00” oppure a 2’40” per chilometro perché se la velocità cambia del 15 o 20% cambia tutto, è un altro schema di corsa è c’è un addestramento tecnico completamente diverso. Ho conosciuto un velocista che correva i 100 metri in poco più di 11″. Dopo un po’ si è annoiato di gareggiare sulla velocità (a quei tempi una marea di ragazzi scendevano sotto 11″ netti) e si è dato alle corse lunghe. In breve tempo si è messo in grado di correre molto forte anche sulle lunghe distanze, aveva ottime doti organiche ed una corsa molto economica. Uno più uno fa due ha pensato che gli 800 metri potessero essere la sua vera specialità. Negli 800 metri non ha ottenuto nulla di quanto riusciva ad esprimere sui 100 da ragazzino e sui 10.000 metri solo poco più tardi. Perché? Nel frattempo era diventato vecchio? No era ancora giovane, semplicemente non aveva le doti tecniche per correre bene sugli 800 e non ha nemmeno avuto la pazienza di metterle a punto perché come doti di base c’erano pure le premesse per arrivare a 1’45” sugli 800 visto che i veri ottocentisti di quel livello molto spesso sono soggetti che corrono i 100 in poco più di 11″ ed i 10.000 metri in modo più che decoroso ma non sotto ai 3′ per chilometro.

Torno a dire, l’atletica non è una scienza, uno più uno non fa due, le sorprese sul campo sono sempre imprevedibili.