Se parafrasando la teoria dell’amplificazione dell’errore (M.A.E.) mi dicessero. “Tira fuori qualcosa che con il M.A.E. non c’entra proprio nulla, distante anni luce dalla teoria del M.A.E.” d’istinto direi: “La metodica di allenamento con i sovraccarichi, i cosiddetti pesi”.
M.A.E. e pesi sono due mondi letteralmente diversi. Con il primo andiamo a speculare il più possibile sulle capacità del sistema nervoso per ottimizzare la preparazione con la finalità di migliorare il rendimento in una determinata disciplina sportiva alterando meno possibile alcuni parametri funzionali di carattere generale della “macchina umana”. Con il secondo alteriamo in modo talvolta anche drammatico tali parametri, provocando quasi sempre delle modificazioni di carattere strutturale, non sempre reversibili e senza essere sicuri che tutto ciò comporti un effettivo miglioramento delle capacità prestative in un ben determinato ambito.
Allora è lecito chiedersi perché il M.A.E. è così poco dffuso mentre i pesi continuano ad imperversare nella preparazione di un gran numero di atleti e “non”.
Parte importante della risposta sta in quel “non”. Lo sport come comunemente inteso è un po’ in crisi. Funziona ancora bene come sport spettacolo, come contenitore che veicola molto bene la pubblicità e dunque gli sponsor continuano ad affluire allo sport spettacolo, ma lo sport autentico, quello dei comuni cittadini è un po’ in crisi perché costa sacrificio e dedizione, non ha una grande visibilità non ha sponsor che lo tengono in piedi e anche a livello di enti pubblici, almeno in Italia, non è sostenuto con la stessa energia con la quale è sostenuto lo sport spettacolo. E’ più facile ristrutturare uno stadio da ventimila spettatori che un impianto sportivo che serve tremila cittadini ma non porta nessuno spettatore.
C’è un emorragia di atleti veri dello sport di base verso il mondo delle palestre dove si pratica un certo tipo di attività fisica ma non ci si prepara per nessuno sport. Tutto sommato, per quanto sia faticoso ed impegnativo sollevare pesi, se non c’è un risultato agonistico da conseguire può risultare anche più accomodante e gratificante aumentare la massa muscolare senza nessuna verifica agonistica che non stressarsi ad impostare una preparazione che non sempre porta ai risultati sperati.
Il vero sollevatore di pesi, quello che faceva le gare, è una razza in estinzione perché l’atletica pesante era una disciplina veramente impegnativa e ricca di contenuti tecnici, ormai si sollevano pesi con tutt’altra filosofia, con finalità estetiche e non agonistiche, anche se il rendimento sportivo non migliora non gliene frega niente a nessuno.
Per certi versi è una filosofia più rilassata, meno stressante, solo che non si capisce perché uno deva sollevare pesi solo per il gusto di sollevare pesi o per il gusto di aumentare massa muscolare.
Forse è lo stesso motivo per il quale ci sono podisti che non migliorano mai le loro capacità prestative che corrono per il gusto di correre o addirittura solo per il gusto di dimagrire.
Il gusto di dimagrire, io che ho avuto spesso problemi di sottopeso, faccio fatica a capirlo ma faccio anche fatica a capire il gusto di mettere su massa muscolare fine a se stessa, quando so benissimo che la massa muscolare a lungo andare pesa e diventa pure un po’ difficile mantenerla efficiente. Lasciando perdere questi aspetti che forse scomodano la psicologia e la sociologia più che lo sport, mentre sono un po’ curioso sul giusto di correre tanto per correre senza migliorare il rendimento ma ci posso anche credere perché correre senza una finalità è anche un modo come un altro per fare un po’ il turista, faccio fatica a comprendere il gusto di sollevare pesi fine a se stesso. Che panorama vede uno che solleva pesi senza una finalità?
Viene da pensare che vi sia proprio una forte motivazione verso il raggiungimento di obiettivi di carattere estetico e qui torniamo a discorsi di sociologia e di marketing.
Anche di marketing perché anch’io che non ho studiato marketing so benissimo che quando si vuole piazzare un prodotto sul mercato la prima cosa da fare è creare l’esigenza di quel prodotto.
La gente non ha l’esigenza di sollevare pesi ma ha l’esigenza di raggiungere un modello fisico che viene adeguatamente pubblicizzato e diventa un prodotto da vendere. Tale logica giustifica anche la problematica degli integratori perché a fronte di una miriade di prodotti abbastanza innocui che fanno bene solo alle tasche di chi li vende ma non hanno praticamente nessuna influenza sui parametri bioumorali di chi li assume, esistono sul mercato anche dei prodotti potenzialmente pericolosi che sono in grado di condizionare il processo di allenamento e, a lungo andare, riuscire ad alterare anche le riposte adattive provocando addirittura modificazioni strutturali in chi li assume per supportare l’attività fisica. Tale effetto collaterale che dovrebbe essere ampiamente dibattuto con i medici e che andrebbe visto con forte sospetto viene in realtà accettato come un successo da parte dello sportivo (possiamo chiamarlo ancora così?!?) che li assume proprio per scatenare quelle pericolose modificazioni.
Il “M.A.E.”, metodo di amplificazione dell’errore è distante anni luce da tutto ciò perché con il “M.A.E.” si vuole semplicemente (semplicemente… magari fosse semplice!) migliorare il rendimento sportivo senza sconquassare la struttura dell’atleta. Ma se lo “sconquasso” è l’obiettivo finale allora è evidente che il “M.A.E” viene scartato a priori.
Una cultura evoluta dell’attività motoria promuove abitudini che abbiano positiva influenza sulla salute. Quando ci saremo accorti che diventare grossi per niente o diventare magri per niente non fa bene alla salute ed in certi casi fa pure male allora forse torneremo a considerare l’importanza dello sport autentico dove la finalizzazione è per un risultato agonistico che anche se non ha nessuna importanza da un punto di vista sociologico è però un parametro diretto di efficienza fisica.
Anche qui però bisogna mettersi d’accordo sulla definizione di stato di salute. Può essere definito sano quell’organismo che senza modificare sé stesso ha una grande capacità di raggiungere un obiettivo promuovendo adattamenti nervosi atti al raggiungimento dello stesso e può anche essere definito sano un organismo che, pur non avendo questa capacità, riesce a modificare sé stesso modificando la sua struttura in modo da poter raggiungere quell’obiettivo. Per andare da Roma a Firenze si può anche passare da Berlino e se il sistema della pubblicità per qualche buon motivo suggerisce questa seconda strada è più conveniente è pure probabile che questa diventi la più battuta.