Commento a “Aver qualcosa da scrivere”

“Con riferimento al tuo articolo “Aver qualcosa da scrivere” mi vengono spontanee delle considerazioni abbastanza banali.

Si capisce benissimo dove vuoi andare a parare, predichi un’attività fisica razionale per il benessere della cittadinanza che ci possa aiutare, nel medio-lungo periodo a contenere gli esorbitanti costi del sistema sanitario nazionale che sono gonfiati anche dal serio problema della sedentarietà.

Non ti rendi conto però che i costi di un intervento “come ti intendi tu” sono semplicemente esorbitanti ed andrebbero a superare quelli relativi a reddito di cittadinanza e flat tax messi assieme.

Il perché è presto detto: il solo costo di una task force di insegnanti (ammesso che si riescano a trovare disponibili e con una certa esperienza) al servizio della cittadinanza per educare il cittadino al movimento non sarebbe un costo molto elevato. Il problema sarebbero le conseguenze di quell’educazione. Tu spingi per un’attività motoria all’aperto, fuori dalle palestre. Sostieni, giustamente che il pedone ed il ciclista devono camminare all’aperto e non rintanati in una palestra. Questo teoricamente al cittadino non  costa nulla ma non ti rendi conto di quanto costa allo Stato. Il territorio ormai non è più progettato per pedoni e ciclisti ma fondamentalmente per le autovetture. Una pista ciclabile può costare un’infinità non solo per il suo costo di costruzione ma anche per il numero di parcheggi a pagamento che fa saltare (i cosiddetti “stalli”), e la sua ricaduta sul sistema economico è devastante anche per ciò che implica a livello di consumi per l’auto privata (attenzione che non stiamo trattando del solo costo della vettura ma di tutta una serie di altri consumi che muovono solo in Italia cifre superiori ai cento miliardi l’anno, superiori per intenderci a tutto il bilancio del sistema sanitario). L’idea che il cittadino si muova fuori dalla palestra non è utopistica perché non si trovano gli insegnanti che possono assistere il cittadino comune ma perché è tutto il territorio che non è strutturato per un’idea futuristica del genere.

Il podista che corre sul tapis roulant non è che l’atto finale di un certo assetto del territorio, non è solo il business di tante palestre private che possono comunque riciclarsi a piazzare altri prodotti, al di là del tapis roulant paranoico. Per cui alla base c’è certamente un discorso politico di vasta portata, come scrivi sempre tu, ma non è semplicemente relativo al modo di intendere l’attività motoria bensì al modo di intendere tutto il sistema dei consumi, A livello politico non conta poi molto che la gente faccia attività motoria all’aperto o al chiuso, conta che non ci siano milioni di cittadini che chiedono un nuovo assetto del territorio perché quello diventa un problema gigantesco, così come, trattando di sport, se viene fuori che tutti i cittadini vogliono mettersi a fare sport anche se sono decisamente imbranati ed hanno il fisico giusto per guardare la televisione. Il cittadino che guarda molto la televisione fa comodo perché generalmente è un buon consumatore se oltre a smettere di guardare la tv chiede anche di fare sport in strutture pubbliche dove lo mettiamo?

Per cui non c’è dubbio che un sistema sanitario che deve fare i conti con 20 milioni di sedentari abbia costi esorbitanti ma facendo quattro conti viene fuori che una lotta convinta alla sedentarietà in grande stile come intendi tu che non è né da fascista, né da comunista, né da vecchio democristiano ma semplicemente da pazzo utopista, verrebbe costare allo Stato cifre decisamente insostenibili.  Il tuo discorso non sta in piedi semplicemente per un misero problema di budget. Non siamo un paese ricco. Vi circolano 40 milioni di autovetture e se questo qualcuno crede che siano un sintomo di ricchezza non ha capito nulla. Siamo poveri proprio per quello.”

 

In altri articoli io ho scritto che le cose cambiano, lentamente ma cambiano. Anche prendere consapevolezza che quaranta milioni di autovetture in un paese come l’Italia non sono una ricchezza ma una disgrazia è già un’evoluzione del modo di intendere la ricchezza. I primi telefonini che sono venuti fuori erano segnale di agiatezza economica. Adesso il vero ricco si distingue anche dal fatto che non ha bisogno di nessun telefonino.

E così il tapis roulant, i primi tapis roulant erano segnali di lusso, adesso si sta cominciando a capire che il vero lusso è poter uscire a correre e purtroppo è proprio un mega lusso perché si tratta di aver a disposizione un’ intera città non solo una palestra privata.

Comunque io mi rendo conto di essere un pazzo utopista a scrivere di queste cose e quando scrivo di “muro di gomma” intendo proprio quello. Posso scrivere di sport per tutti fin che voglio, tanto le domande che mi arrivano sono sempre quelle: “Quanto tapis roulant devo fare e quanti aminoacidi devo prendere?…”.

La mia idea di sport per tutti alla fine è ancora più pericolosa di quella di città per il pedone. La città per il pedone è un luogo incantato ma può far anche bene ai consumi, il turista ci guazza bene e spende più volentieri che in un inferno caotico e pericoloso. Lo sport per tutti invece è una mina vagante. Se la gente comincia davvero a fare sport come va fatto non ha più tempo per guardare la televisione e quello è il disastro assoluto. Il consumatore è prima di tutto un telespettatore se lo licenzi dal ruolo di telespettatore cambia i consumi e ti mette in crisi il mercato. Lo sport per tutti non è solo un’utopia irrealizzabile anche perché mancano le strutture pubbliche per offrirlo ma anche un’idea del tutto irresponsabile perché mina alla base i principi sui quali si fonda la società dei consumi. Purtroppo il giorno della tv a pagamento è ancora distante. O meglio, è già arrivato ma non si è ancora capito che non è il cittadino che deve pagare la televisione ma la televisione che deve pagare il cittadino.