TABELLE, PROGRAMMI OPPURE… PENSARE A CIO’ CHE SI FA.

Molto spesso mi arrivano delle domande del tipo: “Mi fai una tabella per questo sport?”. Per lo più sono richieste per sport individuali e di resistenza. Difficile che mi senta chiedere una tabella per il salto in alto, per il giavellotto o per la scherma, tanto meno per gli sport di squadra.

Quando si va a chiedere una tabella si fanno fuori in un momento solo l’aspetto tecnico e l’aspetto giocoso dello sport, due componenti che nello sport sono essenziali e basilari, non solo, ma si rischia di porre le basi per un pericoloso aumento di monotonia di sport che sono già potenzialmente monotoni perché gli sport individuali di resistenza anche se fanno benissimo alla salute hanno una componente di ripetitività che non è del tutto trascurabile.

Ma allora perché accade ciò? Per colpa delle mode e di Internet e purtroppo anche perché ci sono alcuni colleghi che non hanno voglia (o tempo) di lavorare ed il modo migliore per togliersi di dosso un cliente per il quale non si ha tempo è proprio fargli un bel “Programma di allenamento” (o “tabella” o “scheda di lavoro” come la chiamano in palestra).

Quando uno ti chiede una tabella o un programma di allenamento, pertanto, la prima cosa da fare è decodificare il messaggio ed interpretarlo bene. Una domanda simile in realtà va tradotta più o meno così: “Aiuto, voglio fare sport, sono un principiante, non ci capisco niente e se non mi dai qualche consiglio vado a farmi fare una tabella di allenamento da quelli che prendono in giro la gente”. E’ chiaramente una richiesta di soccorso e cominciare a spiegare perché l’ultima cosa da fare sia predisporre una tabella di allenamento non è nemmeno facile.

Ci si trova a lottare contro degli stereotipi culturali che sono stati alimentati anche dalla diffusione di Internet. Così la bufala delle tabelle di allenamento assume  contorni interessanti e nell’immaginario collettivo l’atteggiamento di adottare una tabella di allenamento contraddistingue l’atleta attento da quello pressapochista quando, invece, è esattamente il contrario.

Altra cosa che dobbiamo fare quando ci viene richiesta una tabella di allenamento è tentare di capire se chi ce la chiede è solo una vittima di questo sistema informativo oppure se ci marcia anche su perché bisogna pure ammettere che il concetto delle tabelle di allenamento, ormai un po’ datato, sopravvive anche non solo grazie alla superficialità di tecnici sprovveduti ma anche grazie alla complicità di allievi indolenti ed incapaci di reagire di fronte alla menzogna.

Adattarsi a seguire una tabella di allenamento, alla fine, vuol dire anche prendersi in giro e dichiarare a sé stessi che non si ha tempo per pensare all’attività fisica che si fa e quindi bisogna rassegnarsi ad applicare una tabella di allenamento che ci fa risparmiare tempo e ci risolve l’inquietante problema di dover continuamente riformulare le sedute di allenamento e reinventarle in base ai segnali che ci manda il nostro organismo. In breve, la tabella di allenamento è un ottimo sistema per non ascoltare più i segnali dell’organismo e proseguire la preparazione con il paraocchi, un po’ come si fa quando si guarda troppo il cardiofrequenzimetro per capire che tipo di fatica si sta facendo. Con il cardiofrequenzimetro siamo arrivati a livelli epici di presa in giro perché andiamo a cercare su un monitor dati sul livello di fatica quando dovremmo semplicemente ascoltarli nel nostro organismo.

L’attività fisica, sia essa di squadra o individuale, deve essere varia e divertente. Un po’ difficile variare la preparazione in certi sport di resistenza ma con un po’ di fantasia ed esperienza ci si riesce, inquadrarla in un programma di allenamento è un vero e proprio attentato alla ludicità della preparazione ed è una cosa che non torna utile nemmeno agli atleti professionisti che hanno bisogno di variare molto e a volte anche in modo improvviso visto che eseguono carichi di allenamento semplicemente incredibili in volume oltre che in qualità.

Se passa la filosofia della schematizzazione, della computerizzazione, è un po’ come paragonare l’allenamento ad altre cose meccaniche, importanti ma ripetitive e certamente non entusiasmanti che siamo chiamati a fare durante la giornata come per esempio lavarsi i denti. Lavarsi i denti è certamente buona abitudine e bisogna farlo sempre ma non è che uno ci pensi su molto durante la giornata e tenda a farlo sempre meglio e studi tutti i giorni le strategie per lavarsi i denti in modo sempre più efficace, si pensa a lavarsi i denti punto e basta, anzi non ci si pensa nemmeno, lo si fa in automatico, pensando ad altre cose.

Se vogliamo che anche l’attività fisica diventi così,  normale routine senza vissuto emotivo (e per chi arriva da anni di sedentarietà potrebbe anche essere un passo in avanti, non a caso alcuni dicono che l’attività motoria deve essere continuativa e sistematica, un po come lavarsi i denti) allora facciamo bene ad inquadrarla in un programma di allenamento per risparmiare tempo e renderla meno invadente possibile da un punto di vista psicologico. Ma se invece vogliamo viverla intensamente, lasciare che ci invada la vita, che eserciti quella funzione di “distrazione” per il quale lo sport è stato inventato (l’origine della parola sport è proprio “distrazione” e non  “monotona routine”) e che ci tenga distante per almeno alcuni momenti nella giornata dagli stress di tutti i giorni allora dobbiamo chiaramente stare alla larga da tabelle, programmi, schematizzazioni e computerizzazioni varie della preparazione che possono solo minarla in fantasia di possibilità applicative. Il vero allenatore è quello che tenta di conoscere l’atleta e gli fornisce stimoli per aumentare le possibilità applicative di allenamento in modo fantasioso, ovviamente devono essere stimoli che devono essere appropriati per quel tipo di atleta ma comunque devono metterlo in grado di ragionare autonomamente sulle scelte applicative migliori.

Così l’atleta evoluto che conosce sé stesso non  sarà mai a chiedere atterranti tabelle bensì consigli e continuerà a chiederli anche se ormai conosce bene sé stesso, perché si continua a sbagliare in modo sempre nuovo anche quando ci si conosce molto bene. La differenza fra l’atleta evoluto ed il principiante forse è proprio questa: che il principiante ha una fifa blu di sbagliare ed in questo è bloccato finisce per fidarsi di gente che non sa assolutamente niente di lui e così sbaglia doppiamente. L’atleta evoluto, invece, sa benissimo che sbaglierà, non per questo si blocca, non per questo smette di chiedere consigli che invece continua a chiedere ma che ha imparato a rielaborare bene anche perché sa che sono più o meno tutti sbagliati ma almeno riescono a dare nuove idee.

Ecco forse il concetto è proprio questo: per l’attività sportiva, sia a livello di base che a livello evoluto, occorrono tante idee sulle quali discutere perché l’attività sportiva la si fa sul campo ma la si immagina fuori dal campo. La programmazione è una “non idea” o meglio il tentativo di ingabbiare una serie di idee. Il mio consiglio è: “Se non siete professionisti (ma anche se lo siete…) affrontate l’attività sportiva con tanta giocosità e fantasia, migliorerete molto di più di chi fa le cose con lo stampino. Lo stampino va bene solo in spiaggia e per poco tempo perché poi i castelli più belli li fa chi è senza stampino.