“A parte le belle parole che è piuttosto facile scriverle, tu che sei un tecnico cosa proporresti concretamente per tentare di contenere il flagello della sedentarietà e conseguentemente poter ridurre alcuni costi del sistema sanitario nazionale?”
Ci sono due ambiti di intervento ben distinti che riguardano altrettante scelte politiche decise e convinte. Essenzialmente sono convinto che il problema sia un problema politico oltre che di ignoranza perché se ci fosse la volontà politica di affrontarlo energicamente ci si accorgerebbe in un amen che sotto c’è un problema culturale di portata molto rilevante.
Concretamente le mosse politiche per affrontarlo sono essenzialmente due: una riguarda il territorio e l’altra proprio le figure di supporto che possono aiutare nell’affrontare il problema. Quando accenno a queste cose mi stroncano con riferimento alla prima dicendomi di limitarmi a trattare gli argomenti di attività motoria senza far politica e quando affronto il secondo argomento mi dicono che è semplicemente una lotta di categoria come ce ne sono tante e ognuno giustamente tira l’acqua al suo mulino e non potrebbe fare altrimenti.
Bene allora la “mia” politica e la mia lotta di categoria si sintetizzano in una revisione del modo di intendere il rapporto automobile-cittadino che è una questione di attività motoria importante oltre che una questione politica e poi in un modo più concreto ed efficace di supportare il sedentario nell’affrontare il suo problema. Nel terzo millennio siamo pronti per qualcosa di più del classico “Non so, si iscriva in palestra, vada a camminare…” intimato dal medico di base quasi sempre senza effetti.
Con ordine, la scelta decisamente politica, la prima, è di portata ancora più rilevante per il tessuto sociale ed è quella che rende consequenziale ed a quel punto facile da operare anche la seconda. Si tratta di rivoluzionare il rapporto auto-cittadino e stravolgerlo un po’. Il cittadino non è più soprattutto un automobilista bensì soprattutto un pedone. Il diritto a fare l’automobilista felice è un lusso non più sostenibile. Le leggi che per molti anni hanno tutelato il mercato dell’auto ed il cittadino come automobilista non hanno più senso in questa società. Essenzialmente il diritto all’uso dell’automobile deve essere garantito ai disabili ed alle persone molto anziane (diciamo più o meno dagli ottant’anni in su) che non riescono a servirsi senza rischi del sistema di trasporto pubblico, per tutti gli altri, soprattutto per studenti e lavoratori deve essere garantito un servizio di trasporto pubblico efficiente e capillare che ci possa evitare l’uso dell’auto per le normali mansioni quotidiane. Praticamente l’auto deve tornare ad essere un qualcosa in più come era oltre sessant’anni fa. La risoluzione del problema della sedentarietà in un sistema sociale che si serve soprattutto del mezzo pubblico per i normali spostamenti quotidiani più che del mezzo privato come accade ora sarebbe una cosa quasi automatica. Chi usa il mezzo pubblico cammina molto di più chi usa il mezzo privato se non fosse solo per fare il tragitto casa-fermata dell’autobus. E’ per quello che bisogna lasciare la possibilità ai più anziani di poter continuare ad usare il mezzo privato perché, purtroppo, non possono più permettersi di camminare neanche quel po’ che serve per andare a prendere il mezzo pubblico. Attualmente si fa esattamente il contrario: chi è nell’età della massima efficienza fisica scorrazza liberamente in auto per le strade strombazzando al pensionato che si muove lentamente ed un po’ impacciato nel traffico in quanto anche inevitabilmente un po’ rallentato nei riflessi. Se meno gente usa l’auto si può tranquillamente rallentare il traffico residuo che con lo smaltimento delle code torna ad essere sufficientemente rapido, diciamo quasi quanto un efficiente trasporto pubblico (e non come adesso che siamo ancora in una situazione di trasporto privato più rapido di quello pubblico ed anche per quello la gente non ci pensa minimamente di servirsi del mezzo pubblico). In un traffico automobilistico più lento (diciamo l’applicazione sistematica nei luoghi residenziali di quei famigerati 30 all’ora essenziali per limitare gli incidenti) anche le persone più anziane possono continuare a guidare, chiaramente continuando a sorvegliare su situazioni di marcata disabilità sulle quali bisogna riuscire ad intervenire, quando necessario, con un servizio assistenziale che vada oltre il normale trasporto pubblico.
La seconda mossa che andrebbe a stroncare la sedentarietà è quella di offrire alla cittadinanza di tutte le età la consulenza gratuita di un esperto di attività motoria (è quello che faccio io al percorso della salute ma fondamentalmente si fermano quelli che hanno meno bisogno di consigli perchè quelli che ne hanno davvero bisogno se ne stanno a casa davanti alla tv e dovrebbero essere spediti da me dal loro medico di base) che dovrebbe essere in contatto costante con il medico di base e poter fornire un supporto a quest’ultmo proprio quando rileva una sedentarietà pericolosa mettendolo nella condizione di non dire più: “Non so, si iscriva in palestra, vada a camminare…” perché potrebbe molto più concretamente dire “Vada a sentire i consigli di questo esperto di attività motoria che saprà dirle cosa conviene fare nella sua situazione specifica”.
La mossa comunque lungimirante di fornire questa assistenza tecnica gratuita a tutta la popolazione non sortirebbe gli effetti sperati se non accompagnata dalla scelta politica di rivedere il rapporto cittadino-automobile. Perché? Perché io nel mio piccolo l’assistenza gratuita a cittadini di tutte le età l’ho fatta e vi posso garantire che vi stroncano quando vien fuori che non riescono a trovare il tempo per muoversi proprio per mancanza di tempo, per motivi logistici e non per pigrizia e/o ignoranza. Tantissime volte mi sono sentito dire “Non riesco ad andare a lavorare in autobus perché ci impiego di più ed è terribilmente scomodo” a quel punto consigliare di parcheggiare un po’ più distante del solito per fare un breve tratto a piedi è una cosa piuttosto improponibile. Il cittadino che usa molto l’auto ne è schiavo in tutto e per tutto e non riesce a modificare le sue abitudini come farebbe se potesse usare il mezzo pubblico.
Pertanto la mia lotta di categoria può pure anche essere non del tutto stupida perché gli insegnanti di educazione fisica devono essere giustamente impegnati anche nel pubblico e non solo nel privato o come insegnanti di scuola ma è una lotta di categoria che non ha nessun senso se prima non si opera una grossa scelta politica prendendo il coraggio a due mani e decidendo una volta per tutte che la salute dei cittadini è più importante della salute dell’industria automobilistica.