Il condizionale è d’obbligo e quel “potrebbe” deve essere sottolineato se non voglio essere sommerso da una marea di fondate critiche. Ovviamente sto trattando di corridori di lunghe distanze, anche agonisti ed anche di buon livello visto che c’è gente che impatta di tallone nella corsa anche correndo a 20 chilometri all’ora (per lo più bianchi ma non stiamo a fare del razzismo al contrario e lasciamo perdere il colore della pelle, con un po’ di attenzione ti vado a trovare pure l’africano di alto livello che corre in modo simile ai bianchi…).
Allora c’è un mito su questo avampiede o su questo mesopiede, comunque qualcosa che va a depennare dalla “crusca” degli atleti di alto livello tutti quei personaggi che hanno il terribile ardire di provare ad appoggiare prima il tallone nel loro incedere. In realtà, più che emettere sentenze frettolose dovremmo porci dei sani quesiti e chiederci il perché. Per esempio se è proprio necessario non impattare di tallone per correre bene, perché vi sono atleti di livello mondiale che continuano a correre usando quel tipo di appoggio. Molto semplicemente qualcuno può dire “Quelli sono dei mostri, se corressero come si deve correre stroncherebbero tutti gli altri senza problemi”. Io sono di parere diverso e parto subito con una mia osservazione strana: intanto questi sono atleti che tendono ad avere un piede un po’ lunghino, diciamo dal 44 in su, difficilmente vedo atleti di buon livello con il 40 o 41 di piede che impattano con il tallone, e poi non sono proprio sicuro che se questi si mettessero a correre di avampiede o di “mesopiede” aumenterebbero il loro rendimento ed il loro livello prestativo, anzi sono convinto che rischierebbero pure di esporsi ad infortuni vari e di farsi del male.
Allora io sposterei il discorso sulle caratteristiche fisiche, ci sono atleti che riescono a correre bene impattando di avampiede o mesopiede ed altri che per correre nel modo a loro più congeniale hanno bisogno di impattare con il tallone.
Nel sostenere la possibile liceità dell’appoggio di tallone mi permetto di fare una distinzione. Mentre i puristi dell’avampiede si limitano a definire l’appoggio di tallone in un unico modo come sconveniente punto e basta senza fare distinzioni di sorta io vorrei distinguere il “tallone” dal “tallonaccio” dove per quest’ultimo intendo quell’azione decisamente evidente del tallone che va a impattare sul terreno in modo devastante provocando un impatto terribile sul tallone, una frenata evidentissima ed un allungamento dei tempi di appoggio di tipo biblico, la classica corsa a balzelloni dove già il balzellone è sconveniente e dove questo tipo di atterraggio porta la corsa a somigliare ad un salto triplo più che ad una corsa. Il “tallonaccio” è certamente sconveniente e pure pericoloso perché da dei picchi di tensione sul tallone che sono pure esagerati. A fare la differenza fra il “tallonaccio” ed il “tallone” è l’azione di rullata che se ben fatta mette tutte le cose a posto. Premetto che ci sono pure i detrattori della “rullata” che dicono che la rullata va bandita dalla corsa e pertanto risolvono il problema in modo drastico: nessuna rullata, nessun tallone. In effetti non può esistere la rullata se non esiste l’appoggio di tallone, la rullata senza appoggio di tallone non è una vera rullata perché il piede rulla gran poco. Allora la rullata se è fatta bene ha due caratteristiche: prima, appunto, che prevede un appoggio iniziale di tallone perché se viene effettuata da tutto il piede deve iniziare necessariamente da lì e secondo che se è fluida, efficace e ben fatta è proprio una azione “rotonda” senza soluzione di continuità, morbida e dove tutta l’energia accumulata in un punto ben preciso dell’appoggio viene trasferita al punto successivo senza dispersioni. I cultori dell’avampiede sentenziano “Impossibile! Perdi un sacco di energia, il tempo di appoggio diventa lungo e l’energia è solo scaricata a terra e non recuperata”. E questo può essere nel caso del “tallonaccio” se la rullata non è fatta bene, non è rotonda perché è esagonale o peggio ancora quadrata. Non si può certamente correre di tallone e con le ruote quadrate, l’appoggio di tallone senza fluidità è devastante. Allora io dico che la premessa perché si possa correre bene anche appoggiando di tallone è che sia fatta un a buona rullata dove il tempo di appoggio pur essendo lungo, perché non può esserci un tempo di appoggio molto breve con la rullata, ha, al suo interno, microfasi omogenee di durata omogenea, simili fra loro. Non può esistere una buona rullata se c’è un momento dell’appoggio che è una vera propria pausa: la ruota non si ferma, rotola è il quadrato che ad ogni suo spigolo rallenta (ed in questo caso disperderebbe energia).
Per cui la mia conclusione è: “Tallone sì, a patto che ci sia una buona rullata in una corsa fluida senza tempi morti”. E questo secondo alcuni è utopia ed allora è lì che io dico: “Studiatevi i campioni che corrono con una buona rullata perché lì c’è tutto da imparare e non da suggerire un’ altra tecnica di corsa”.
Il vantaggio di una buona rullata è che c’è un tempo di recupero più lungo nel recupero della contrazione del tricipite surale e pertanto può pure essere che questo muscolo si affatichi di meno in chi corre appoggiando di avampiede. Lo svantaggio è certamente un tempo di appoggio più lungo che, per quanto la rullata sia fatta bene e fluida, non potrà mai essere paragonabile al tempo di appoggio di chi non impatta con il tallone. L’azione che non viene fatta dal tricipite surale che lavora di meno o almeno lavora su tempi più “comodi” deve essere fatta necessariamente da altri muscoli perché ovviamente, se si vuole andare avanti il lavoro che non fa un muscolo dovrà farlo qualcun altro e così si usa dire che mentre chi usa l’avampiede, corre di “caviglie” chi usa anche il tallone nella fase di appoggio corre di “cosce” e corre in trazione. Tale semplificazione ad effetto non è del tutto immaginaria ma non dobbiamo credere che per il fatto che il piede prende contatto un pochino più avanti del baricentro (è chiaro che se appoggiamo di tallone questo si può trovare un po’ più avanti nel momento dell’appoggio rispetto al tallone di chi atterra con il mesopiede o con l’avampiede) ci sia una devastante ed impossibile azione di “trazione”. In realtà esiste anche una fase inerziale che ci consente di passare sull’appoggio senza esercitare nessuna azione di “trazione”. Potremmo semplicemente dire che chi corre di tallone “spinge di meno” o meglio spinge con tempi diversi, di maggior recupero, per esempio del tricipite surale. Allora invece che dire che corre di “cosce” sarebbe interessante, per esempio, vedere se chi usa la rullata tende ad affaticare di più il quadricipite femorale rispetto a chi corre in altro modo.
E’ pure possibile che la risposta sia affermativa ma ciò non deve farci disperare e risponde semplicemente al quesito iniziale che ognuno usa le armi che ha. Se uno ha una gran forza nei quadricipiti femorali sarà portato ad usarlo, se ce l’ha nei tricipiti surali userà quella.
Allora, più che emettere sentenze su un certo tipo di corsa, sarà forse il caso di valutare bene, atleta per atleta, quali possono essere le soluzioni applicative per quel tipo di atleta. Con una mia uscita un po’ folcloristica ho scritto che chi ha il 46 fa più fatica ad impattare di avampiede (e crea un sovraccarico mostruoso sul tendine d’Achille) di chi ha il 40, ma anche se questa è un’affermazione un po’ semplicistica e banale comunque il concetto di non scartare a priori un certo tipo di corsa almeno per il fatto che c’è una grande popolazione di atleti che continua ad adottarla, è doveroso. Poi c’è un piano estetico della corsa e lì ognuno può dire la sua, anche se i più sostengono che la corsa di avampiede sia più elegante. Io, parlando di auto, sostenevo molto elegante la Simca 1000, e con questo penso di aver fatto un esempio di soggettività del gusto estetico piuttosto “impattante”.